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Le frontiere. Post lungo su Lega, pena di morte, Sakineh, Teresa Lewis, Cina e tutto quello che mi passa per la testa.

Creato il 30 settembre 2010 da Ippaso

Stavolta i romani sono porci, mentre l’altra volta toccò ai napoletani (vi ricorderete senti che puzza scappano anche i cani…). La Lega insulta, schifa, snobba. Ma ricordando le parole di Bellavista, anche loro sono i meridionali di qualcuno. Si è sempre i meridionali di qualcuno.

Le frontiere. Post lungo su Lega, pena di morte, Sakineh, Teresa Lewis, Cina e tutto quello che mi passa per la testa.

In questo caso gli italiani sono i meridionali degli svizzeri. Lì la destra e la lega creano slogan contro italiani e rumeni. E gli italiani in questione sono di solito del nord. Il ratto Fabrizio è di Verbania, mentre Giulio (che ricorda un po’ il ministro Tremonti, con tanto di scudo fiscale) viene dalla Lombardia; Padania insomma.

Nella fotogallery de LaStampa potete ammirare la campagna anti-italiani. Gli italiani sono dei ratti da eliminare. Viene anche usato il termine “derattizzare”.

E poi arriva la noja: i politici italiani e le loro lamentele, le loro apparizioni televisive con interviste prestabilite, e i loro blablabla sulla questione. Sempre dimenticandosi di essere un perfetto specchio di tutto ciò che stanno biasimando. Opposti apparentemente, ma identici nei movimenti, nelle parole, nei gesti. Tralascio tutto.

L’altra questione internazionale scottante sembra essere la cinesizzazione del mondo. L’Europa, per quanto sbraiti contro la merce lowcost cinese, sembra non poterne più fare a meno. Per quanto questa merce spesso puzzi di sfruttamento, lavoro minorile, veleno, inquinamento, morti bianche (e poi spiegatemi perché bianche), non se ne può fare a meno. Una volta che ti rendi conto che produrre lì ti costa 1 e qui 10, non riesci più a tornare indietro. Ormai il tuo baricentro è troppo in avanti e se tenti di frenare, di cambiare rotta, finisci a terra, fallisci.

E così le frontiere non sono mai state nella storia dell’Uomo così tanto aperte alle merci e contemporaneamente non sono mai state così tanto chiuse per gli uomini. I nostri confini vengono attraversati ogni giorno da ogni mercanzia immaginabile, incluse le mine antiuomo (in uscita) e le mozzarelle blu (in entrata), ma storciamo il naso quando a voler passare di lì è una famiglia che cerca una terra da abitare. Assurdo.

E poi i confini vengono attraversati anche dalle culture. Negli anni ’40 gli americani portarono in Italia la loro cultura. Lo fecero attraverso le pubblicità, i marchi, e la CocaCola. E non tutto è da buttare. Ad esempio la laicizzazione della società è in piccola parte anche merito loro. Adesso invece sembriamo tutti più impermeabili. Non capiamo una parola di arabo sebbene ormai lo ascoltiamo ogni giorno per strada nei tram in metrò. Rimaniamo interdetti quando qualcuno ci dice vengo dalla Palestina e ci si accorge che cercando con la mente su un Atlante immaginario cazzo non c’è da nessuna parte questa Palestina. E con altrettanto insuccesso tentiamo di far viaggiare la cultura anche nell’altro verso, in uscita. Ci stiamo tentando, troppo timidamente, per salvare Sakineh. Dico troppo timidamente perché l’impressione è che lo si faccia solo per dovere di facciata, ma senza crederci per davvero; dichiariamo a qualche emittente televisiva che siamo contrari, facciamo una foto sorridente davanti a uno striscione, e siamo apposto così. Noi diciamo che non si può uccidere una donna solo perché forse adultera. E vabbé, rispondono loro, allora la condanniamo per omicidio. Che cazzo rispondi ora? Quando anche dalla nostra parte l’omicidio merita la pena di morte? Noi urliamo non uccidete Sakineh e loro ci indicano i nostri alleati americani che stanno per eseguire una condanna a morte nei confronti di una donna incapace di intendere e di volere. Che cazzo rispondi ora?

Noi ce ne laviamo come sempre le mani pensando che si ammazzino pure tra di loro, fingendo di essere diversi, fingendo che da noi la pena di morte è da tutti deprecata, che la donna non rischia simili trattamenti (e ci dimentichiamo che fino a poco più di 40 anni fa l’adulterio femminile era reato anche da noi), fingendo che qui vige la democrazia, il rispetto, la cultura quella vera, che la gente non è manipolabile dal primo gruppo di talebani urlanti che appare in televisione, che la vita di un operaio vale quanto quella di un ministro, che noi li accogliamo sono loro che non si vogliono integrare. A volte addirittura ci appigliamo alle frontiere, anche quando non ha senso. Ad esempio le invochiamo quando chiediamo di rispedire gli zingari, ma solo quelli che rubano, al loro Paese. Ma qual è il loro Paese? Da sempre ci sono zingari in Italia. Da sempre. Quindi è logico pensare che molti considerino l’Italia la loro Patria, e che lo sia per davvero. Ma allora, oltre quali confini vogliamo spedirli?

Vedete che allora le frontiere non sono solo quelle politiche. I confini li creiamo anche noi di volta in volta. Per renderci irraggiungibili anche da chi vive a pochi metri di distanza.

E poi spesso chi tra di noi si rende conto di tutto ciò se ne lava le mani, assicurando che sia tutta colpa di queste dannate frontiere, e fingendo di non sapere che siamo noi stessi a crearle di volta in volta, e che se solo lo volessimo tutti assieme, in un istante sparirebbero tutte quante dalla faccia della Terra.



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