Memorie di una geisha è un romanzo che non può non piacere.
Già dalle prime pagine, con tutte le sue similitudini giapponesi (anche un po’ troppo frequenti, forse, come per farne sfoggio) Golden ti fa entrare in un mondo per conto suo. Lo stile parlato scivola bene, nonostante l’abbondanza di avverbi in -mente (ma non dimentichiamo che il romanzo è tradotto dall’inglese). Forse un malinteso di traduzione devo segnalarlo per la pag. 13: “sorellina”. Credo fosse meglio scrivere “sorella minore”, che in giapponese ha una valenza più pregnante…
Ma passiamo alla storia in sé: affascinante. E così piena di dettagli che non mi meraviglia la lunga gestazione del romanzo.
Però… si parla tanto di donne orientali come donne miti… beh, forse nel senso di “sottomesse all’uomo”. Ma non certo miti nei confronti di altre donne. Anche qui, come in Geisha of Gion (l’autobiografia di Mineko Iwasaki) e, in un contesto moderno, in Stupore e tremori della Nothomb, molto è incentrato sulla bellezza femminile associata alla perfidia.
Diciamolo: una che fa tutta quella fatica per diventare geisha (o donna d’affari per il libro della Nothomb), è naturale che, una volta raggiunto l’obiettivo, abbia bisogno di sfogarsi su qualcuno!
Quel che mi pare inverosimile è che sia la protagonista del romanzo di Golden, e la Iwasaki nella sua autobiografia siano vittime tanto buone e ingenue. Pazienza il romanzo, che è fantasia, ma la Iwasaki?
E se la sua controversia con Golden, più che un fatto di privacy e rispetto per persone realmente esistenti, sia stato un modo per raggranellare vil denaro?
La Iwasaki diceva che Golden aveva violato il patto di segretezza ammettendo in più occasioni di aver preso le sue esperienze come modello per alcuni personaggi. Magari si è ispirato proprio a lei per il personaggio di Mameha (entrambe le più famose geishe di Gion).
Capisco anche che si sia offesa quando nel libro Golden assimila una geisha a una escort: però… è un romanzo. Chi lo prende per verità assodata farebbe bene a documentarsi in modo più approfondito, non spettava al romanziere distinguere troppo.
Più delle accuse che la Iwasaki ha rivolto a Golden, a me ha dato fastidio la traduzione del titolo della biografia della Iwasaki: in inglese, Geisha of Gion; in italiano Storia proibita di una geisha.
Nel nostro paese, senza ammiccamenti e allusioni sessuali non sappiamo stare. A discapito dei contenuti, poi…
Stessa cosa posso rilevare con il Makura no Soshi, della Shonagon. In italiano, la traduzione del titolo è Note del guanciale. Anche qui, lascia intendere quello che non è, soprattutto perché associato alla copertina in cui compare una giapponese nuda, certo, con i kanji sul corpo, che fanno tanto… orientale!). Non sono storie di letto.
Ovviamente, l’editore delle Note è Mondadori. Ovviamente. Poi chi legge il libro, capisce la furbizia editoriale.
Ma torniamo alle geishe. Sono a metà del libro di Golden e ancora non si è fatto cenno alla cultura generale che una vera donna di talento deve avere per intrattenere politici, industriali, diplomatici, scienziati… non si parla della preparazione che la geisha deve avere per intavolare una discussione con un uomo che, bene o male, ha studiato parecchio per arrivare dov’è.
Non è solo questione di occhiatine e sensualità!
Storia, diritto, geografia, lingue straniere, produzione della gomma, astronomia o che so io… Niente. Ma sono questi gli argomenti che bisogna tirar fuori per intrattenere una persona per le cinque o sei ore che può durare una serata. Bisogna documentarsi sul campo specifico. E qua non se ne accenna neanche, “solo” tè, saké, musica, danze. Non è così.
Forse nella seconda metà del romanzo?
Speriamo. Perché allo stato attuale, sembra che la protagonista viva solo per compiacere un fantomatico presidente. Non c’è la minima traccia di dignità femminile.
Ma di sicuro io sono troppo occidentale.