Le Grandi Opere sono un esempio di attività tra le tante finanziate con i fondi comunitari. Dal prossimo piano settennale (2014-2020) verranno escluse dai finanziamenti e saranno finanziate da risorse nazionali (particolare dal Fondo coesione sviluppo, ex Fas).
Le linee direttive della commissione per la distribuzione dei nuovi fondi Ue 2014-2020 mostrano infatti, per la prima volta, un cambiamento di rotta rispetto al piano precedente. Non ci saranno risorse per le grandi infrastrutture ma i finanziamenti andranno all’innovazione tecnologica, al superamento del digital divide, al sostegno alle piccole e medie imprese, allo sviluppo sostenibile e al sostegno per l’occupazione.
Ai fondi comunitari (in arrivo 28 miliardi di euro) dovrebbero aggiungersene altri 28 di cofinanziamenti nazionali (la cifra non è ancora certa ma in passato il cofinanziamento italiano è sempre stato del 50%) per un totale di 56 miliardi di euro in totale da spendere nei prossimi anni.
Il dipartimento per le politiche di sviluppo (l’ufficio operativo delle politiche di coesione) ha messo a punto una simulazione preliminare per la suddivisione dei fondi –dunque non ancora definitiva- dalla quale emerge che il 46,8% dei fondi (pari a 26.419 milioni di euro) saranno destinati ad innovazione tecnologica, digital divide, sostegno alle PMI e riconversione dell’economia verso la sostenibilità; il 33,8% (19.068 milioni) saranno destinati alla promozione dell’occupazione, alla lotta alla povertà e ad investimenti per la formazione. 7.906 milioni di euro (il 14% del totale) verranno utilizzati per la tutela ambientale, la prevenzione dei rischi ambientali e la promozione di sistemi di trasporto sostenibili. Infine l’1,7% (977 milioni) saranno destinati all’efficientamento della pubblica amministrazione ed il 3,6% (2.044 milioni di euro) all’assistenza tecnica.
La decisione dell’Unione Europea (condivisa anche dal governo italiano) di non finanziare più grandi opere infrastrutturali, appare una decisione politica rilevante anche per il destino della tratta ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione.
L’idea alla base della scelta è che la rete infrastrutturale europea richiede manutenzione e aggiornamento ma non ulteriori tratte. La situazione attuale è radicalmente diversa da quella immaginata anni fa con la costruzione del “corridoio Lisbona-Kiev”. I finanziamenti comunitari saranno utilizzati per altre opere. Questa decisione lascia scoperto il governo italiano che sta cercando in tutti i modi di costruire un nuovo collegamento tra il capoluogo piemontese e la Francia senza averne la disponibilità economica. Il lavori per la costruzione del tunnel di valutazione erano stati iniziati rapidamente proprio per non perdere i fondi europei destinati all’opera. La questione ora sembrerebbe essere la seguente: “chi paga?” e non a caso visto che l’Unione Europea sta cambiando rotta mentre la Francia ha rinviato ogni decisione sulla Tav verso Torino al 2030.
Forse si segna così la fine del progetto Tav Torino-Lione ma restano ancora da spendere 30 miliardi del vecchio ciclo 2007-2013 entro la fine del 2015 destinati, in gran parte, a grandi infrastrutture.
Fonti
http://www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/art/infrastrutture24/2013-10-01/niente-cantieri-fondi-grandi-091924.php?uuid=AbkTtJhI
http://www.notav.info/post/niente-soldi-europei-per-le-grandi-opere-chi-paga-ora-la-tav/
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