Magazine Per Lei
Le grandi palle che ci segnano (in peggio) la vita
Creato il 23 giugno 2013 da Taccodieci @TaccodieciCi sono cose che vanno dette.
Bugie che ci prendono in giro da anni e anni, dalle pagine delle riviste patinate e dalle bocche dei geni delle vite degli altri, quelli che vivono per sentito dire e che sono così impegnati in questa attività da non avere proprio il tempo per costruirsi una vita propria. E poi ci sono i tuttologi, quelli che sanno, quelli che si inventano un profilo stile "motivationalifestylepersonalcoach" che di fatto non esiste solo perchè non ce l'hanno fatta a prendere una laurea vera in psicologia.
E' ora di smascherare queste bugie che ci fanno sentire inadeguate, come donne. E' ora di guardare in faccia la realtà, prove empiriche e scientifiche alla mano, e di liberare il mondo da una delle categorie professionali più pericolose in assoluto: i ciarlatani.
Cioè, collegarsi a Facebook e vedere, tra i collegamenti sponsorizzati, la notizia che una velina avrebbe perso 15 kg in un mese senza dieta e senza attività fisica non si può leggere.
A parte il fatto che quella velina 15 kg in più secondo me non ce li ha mai avuti, la notizia è una palla bella e buona.
Lo so che piacerebbe a tutti dimagrire - sbam - di colpo, senza dieta e senza andare in palestra. Credetemi, se esistesse la "dieta dell'happy hour" io l'avrei trovata da anni e a quest'ora sarei più magra di Lindsay Lohan e più tonica di Jill Cooper.
Il fatto è che non è possibile dimagrire senza dieta e senza allenamento.
Si tratta proprio di una legge fisica, una legge di materia bella e buona: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Al mio prof di fisica verrebbero di sicuro i capelli dritti se sapesse che applico una serissima legge fisica alla dieta, ma è effettivamente così.Ciò che ingeriamo (e se non stiamo a dieta ingeriamo esattamente ciò che vogliamo e che ci piace) deve essere trasformato attraverso l'esercizio fisico. Che ci piaccia o no.
Ricapitolando: per dimagrire occorre fare uno sforzo in più di una corsetta dal divano al frigorifero.
La seconda palla propinata alle donne (e qui mi sento colpita sul personale) è che è possibile portare i tacchi comodamente.
Ci sono riviste e sedicenti esperti che sostengono che una decolletè tacco dieci o dodici che sia possa essere comoda quanto un paio di infradito. Di solito questa verità illuminante è accompagnata dalla constatazione che, nel caso invece le nostre scarpe ci facciano male, non le abbiamo scelte bene e per risparmiare abbiamo acquistato una cinesata, oppure non siamo capaci di portare i tacchi. Sottinteso: se soffriamo è quindi in qualche misura anche colpa nostra.
Ora chi mi conosce personalmente sa che sono una fervente sostenitrice del fatto che non tutte le scarpe col tacco siano uguali e che secondo me chi proprio non riesce a sopportare i tacchi ha solo scelto delle calzature che scaricano il peso malissimo, ma parliamoci chiaro: un paio di ciabatte saranno sempre più comode di un paio di tacchi.
Anche ammesso che scegliamo il miglior paio di Sergio Rossi, morbide come un guanto, il tacco ci causerà sempre una qualche forma di disagio, fosse anche solo per il fatto di costringere la caviglia in una posizione che non è quella neutra. Ci sono, là fuori, scarpette tacco dieci portabilissime anche per tutta la giornata, che saranno leali e non ci causeranno nemmeno una vescica, ma comode come un paio di espadrillas? Parliamone.
I corsi e i manuali per imparare a scegliere un paio di scarpe con il tacco (ne esistono, ve lo assicuro) dovrebbero partire sempre da questo dato di fatto: portare i tacchi non è cosa naturale per il piede umano e non lo sarà mai. Dire il contrario sarebbe come sostenere che l'essere umano possa vivere comodamente nello spazio, come se fosse sul divano con playstation e patatine.
Ma c'è una terza palla che, negli ultimi tempi, si sta facendo avanti prepotentemente tra le altre. La alimentano le pubblicità dei ricostituenti, gli articoli degli psicologi da studio tv, ma in generale una corrente di pensiero che si definisce femminista, ma che per me è solo malata. La palla è che, con la giusta organizzazione e mettendo in pratica alcuni semplicissimi trucchetti, per una donna è possibile riuscire a conciliare tutto.
La donna moderna vincente è infatti quella che si alza prima di tutti, inforna una torta per proporre ai figli una colazione sana e nutriente, li accompagna a scuola, va a l lavoro e si concentra al massimo, tornando a casa passa a prendere i figli chissà dove, prepara una buona cenetta mentre con la coda dell'occhio e qualche consiglio giusto aiuta la figlia a capire i logaritmi e il figlio a capire la biondina del primo banco, bacia amorevolmente il marito quando rientra e, proprio in quel momento, porta in tavola un cappone ripieno appena sfornato. Chiaramente una donna del genere non suda, non impreca e non fa la pipì.
Una volta ho letto su una rivista un consiglio per riuscire a fare più cose che consisteva nell'occupare anche i tempi morti. Nello specifico c'era scritto che si potrebbero correggere i compiti dei figli mentre si aspetta in coda all'ufficio postale. Ve lo giuro.
In quel momento mi sono immaginata come avrebbe potuto riempire gli altri momenti morti una donna normale: lavarsi i denti mescolando lo spezzatino con una mano? Lavorare a maglia seduta sul gabinetto? Ma facciamoci il piacere di farci solo delle grasse risate immaginando scene del genere.
La verità è che non è scientificamente posibile fare tutto ed essere tutto e chi ce lo vuole far credere mira solo a distruggerci il sistema nervoso. La vita di una donna è una questione di scelte e, nei caso in cui non è possibile scegliere, è una questione di compromessi.
Anzi, sapete che cosa penso veramente? Che la vita di ogni donna sia tutta un equilibrio tra a sofferenza e il casino, tra il casino e la sofferenza.
L'unico consiglio sensato che ci si potrebbe dare sarebbe quello di non vergognarci di chiedere "aiuto" o di lasciare che il mondo si accorga che non siamo un'olio essenziale di femminilità, buonumore ed energia in ogni momento della giornata.
La Redazione
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