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Le graphic novel parlano e addirittura a volte cantano

Creato il 04 ottobre 2011 da Sulromanzo

le graphic novel parlano e addirittura a volte cantanoCredo nella perenne trasformazione, perché a essere sempre uguale a prima dopo un po’ non mi riconosco. Per questo mi appassiona la ricerca del nuovo. La trasformazione inizia con un punto di partenza: devi sapere ciò che ami.

“Io amo leggere”

“Solo questo?”

“Beh, non proprio”

“Amo: leggere, ascoltare musica, perdermi osservando foto, disegni, quadri. E amo i film. Mi piacciono le storie, ecco. Le storie che puoi toccare, perché ci sei finito dentro!”.

Prima di scegliere gli eventi a cui avrei assistito a Festivaletteratura 2011 ho raccolto i pensieri, avevo davanti a me un libretto zeppo di appuntamenti letterari. Nei mesi estivi avevo scritto per il Festival di Mantova le biografie di molti degli autori dell’edizione 2011 e ora dovevo scegliere il mio Festival.

175 è il numero del primo evento del mio sabato mattina: IRONIA A FIGURE.

All’aula Magna dell’Università di Mantova si incontrano due fumettiste, Vanna Vinci e Posy Simmonds; Andrea Valente, premio Andersen 2011 e loro collega in sordina, narratore e illustratore, è un moderatore ideale, spirito british e molta curiosità.

I fumettisti non sono come me li aspettavo.

Sabato 10 settembre 2011 ho scoperto che i fumettisti non sono solamente dei disegnatori un po’ naif. Vanna Vinci e Posy Simmonds adorano scrivere. Sono donne, disegnano ascoltando musica e di professione si professano libere professioniste, ma a starle ad ascoltare c’è molto di più.

Ma se ci sono delle fumettiste, ci devono essere anche lettrici di fumetti femmine?

Ma allora i fumetti di Vanna Vinci e Posy Simmonds non sono fatti solo con i loro disegni?

Ma allora i fumetti si possono leggere anche da grandi?

le graphic novel parlano e addirittura a volte cantano
L’evento inizia a prendere una piega interessante. Andrea Valente smette di chiamare i libri delle sue ospiti, fumetti, e il pubblico entra nel mondo delle Graphic Novel… siamo solo all’inizio, e già sento che qui c’è aria nuova.

Un fumetto, per la sua natura ricca di commistioni tra parole e immagini e per i tratti distintivi del testo scritto, rappresenta l’espressione più eclatante della comunicazione del XX secolo, tanto che possiamo trovare i suoi linguaggi costitutivi nei principali media attuali (telefonini, cinema, tv, internet, romanzi, pubblicità e video musicali).

Da bambini abbiamo conosciuto i fumetti entrando nel mondo di topolino, poi sono arrivati i supereroi, qualcuno dei più curiosi ha scoperto i manga giapponesi e inesorabilmente, quando siamo diventati grandi, li abbiamo chiusi in garage, perché non era più il loro tempo.

E invece non ci eravamo accorti che i fumetti sono sempre con noi ancora oggi. Lo sono nelle applicazioni in flash dei nostri telefonini, sui videogiochi, in internet e tra le pagine sterminate di link dei social network. Il fumetto come fusione perfetta di disegni in sequenza, dialoghi, simboli, parole e immagini, è comunicazione e quindi un’espressione culturale che si rinnova al passo coi tempi.

La parola fumetto con cui in Italia vengono chiamati i libri illustrati con i disegni dei protagonisti chiusi in rettangoli bordati di nero, nuvolette al posto dei pensieri e riquadri chiari per le narrazioni,  connota queste pubblicazioni come cimeli vintage, ma tra il primo Hugo Pratt e il più recente Chris Ware sono passati più di 60 anni di fumetto.

Negli anni 60-70 in Italia i fumetti per adulti esprimono una cultura popolare e sono rivolti principalmente ad un pubblico maschile oppure ai bimbi dove topolino fa da padrone.

Nella storia della diffusione dei fumetti si sono susseguiti due filoni ben distinti per aspetto grafico e contenutistico. Nel dopoguerra hanno preso piede i supereroi americani e dagli anni 90 ad oggi, grazie ai cartoon della tv, il mondo giapponese ha fatto irruzione nel mondo dei fumetti con i manga.  

Ma un filo sottile e inaspettato s’insinua nella storia delle strisce in bianco e nero, in Italia sono gli anni 80 e le graphic novel entrano in libreria. Si tratta di veri e propri romanzi illustrati con un finale a sorpresa in cui vengono dati più spazio alla storia e alla grafica di qualità. Sul mercato editoriale si diffondono nuove storie disegnate, non seriali e con un contenuto di valore sociale e culturale di grande spessore. Gli autori sono insieme illustratori e scrittori legati indissolubilmente con le loro storie.

“Com’è nata in voi l’idea di scrivere e disegnare le vostre graphic novel?”, chiede con fare indagatore e un po’ sornione Andrea Valente:

All’inizio della mia carriera disegnavo strisce per i giornali, poi ci misi le parole e siccome mi piaceva costruire storie iniziai a usure le nuvolette solo per i dialoghi e i pensieri. Disegnavo e lasciavo spazi ampi per la narrazione che dava tempo al lettore di immergersi nei mie disegni.

Posy Simmonds.

Sarà che nella vita sono timida, ma forse essere una graphic novelist esprime un po’ del mio egocentrismo. Quando disegno e scrivo le mie storie adoro invadere tutti gli spazi di un libro, solo così i miei fumetti parlano e addirittura a volte cantano.

Vanna Vinci.

C’è una novità! Grazie all’evento 175 i miei gusti letterari sono in trasformazione. Prossimamente vi racconterò (a modo mio da Sul Romanzo) le Graphi Novel del Festival di Mantova 2011.

Posy Simmonds, "Tamara Drewe"

Vanna Vinci, "Gatti neri, cani bianchi"

Manuele Fior, "Cinquemila chilometri al secondo"

Paco Roca, "Rughe"

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