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"Quand’ero bambino sognavo sempre che avrei voluto volare tra gli alberi e nel cielo. Porto ancora in me, dopo quarantacinque anni, la nostalgia di questo sogno. Io non voglio rappresentare un uccello, ma il dono, il volo in sé, lo slancio" (Constantin Brâncuşi)
Queste parole, che trovano vita artistica nell'opera scultorea Uccello nello spazio, sintetizzano la filosofia di Constantin Brâncuşi (1876 - 1957) che corre lungo i binari dell'astrazione per comunicare con vero realismo; il reale secondo Brâncuşi non è dunque rappresentato dalla forma esteriore, ma dall'essenza delle cose, questo vale anche per l'arte. L'artista è stato un caro amico delle opere di Platone, che in più di una occasione affermano la realtà delle idee rispetto alle forme mutevoli della realtà, e quindi dell'apparenza. Sono queste le riflessioni che hanno guidato il titolo dell'articolo di oggi, Le Idee Volanti, una fusione dei concetti platonici e dell'opera di Brâncuşi, in particolare il volo trascendente e puro dell' Uccello nello spazio, opera che indaga sull'essenza delle cose attraverso l'assenza di qualsiasi traccia naturalistica per dar luogo a una forma sottilissima slanciata nello spazio. Ciò che colpisce dell'arte di Brâncuşi è la nuova intepretazione della materia, fondamento essenziale nell'opera di uno scultore; bronzo epietra, lucidate e levigate, si dissolvono magicamente in qualcosa di superiore. Affascinante, in questo senso, la descrizione che fornisce l'autore dell'opera Uccello nello spazio: "Un progetto che, se ingrandito, avrebbe riempito il cielo".
Constantin Brâncuşi scultore romeno, attivo soprattutto a Parigi è uno degli artisti più amati e influenti del XX secolo, fin dall'inizio la sua arte si è dedicata alla ricerca della purezza formale, lavorando su un numero limitato di soggetti, sia in bronzo che in pietra (teste, uccelli, forme accoppiate), caratterizzati dalla semplicità delle figure e delle superfici, in un continuo sforzo per raggiungere l'astrazione delle forme. L'uso del legno da parte di Brâncuşi invece è più riferito alle tradizioni popolari della sua terra e alla scultura africana. Osservando alcune opere dell'artista, come Sleeping Muse o Mademoiselle Pogany, è impossibile non pensare a una delle opere pittoriche più note, Les Demoiselles d'Avignon di Picasso, che segna l'inizio del cubismo. Il dipinto mostra cinque prostitute in un bordello di calle Avignon, a Barcellona, le linee del viso delle donne che circondano il cliente (che non è altro che l'osservatore) sono reinterpretazioni istintive delle emozioni di Picasso del suo primo incontro con le maschere africane durante una visita al Museo del Trocadero, che con le loro linee e proporzioni inusuali svolgevano alla perfezione la funzione di liberazione dai vincoli della tradizione morale, culturale ed artistica. Niente di meglio, come ispirazione, per rappresentare l'istinto primordiale, protagonista de Les Demoiselles d'Avignon, in questo caso nella sua veste sessuale e pulsante. Brâncuşi e Picasso hanno certamente condiviso queste emozioni e riflessioni, oltre alle donne, il cibo e l'assenzio, insieme a altri amici e compagni di merende come Matisse, Max Jacob, Kisling, Soutine e tanti altri.
L'influenza di Brâncuşi sulla scultura, e sull'arte, è davvero vasta, da Modigliani fino a Henry Moore, che scrisse di Brâncuşi "A partire dal gotico, la scultura europea aveva rappresentato un eccesso di muschi e fogliami -ogni sorta di escrescenza nascondeva completamente le forme. Fu la speciale missione di Brâncuşi quella di sbarazzarsi di questa sterpaglia e renderci più consapevoli delle forme". E' molto complesso collocare la figura di Brâncuşi in un movimento ben determinato. Oggi, insieme a colleghi-amici come Chagall e Modigliani, viene solitamente etichettato nella cosiddetta "École de Paris", ma si tratta di pure elucubrazioni della critica. La meta artistica di Brâncuşi è chiara fin dall'inizio: definire la forma essenziale per sprigionare la tensione e l'energia della materia. Questo percorso sarà segnato più che altro dalla produzione scultorea dell'artista, e dunque dalle sue opere più note. Un obiettivo tracciato non soltanto dalla sensibilità dell'artista, ma maturato durante la sua residenza parigina, crocevia di innumerevoli e eterogenei apporti culturali e degli incontri fondamentali con la scultura nera e cicladica.
Tornando alla astrazione della materia per raggiungere il nucleo della realtà, filosofia artistica senz'altro originale e che può generare confusione, mi concedo un esempio not politically correct, che proviene da una lettura che ha preceduto, di poco, la preparazione di questo articolo. Leggendo i racconti di Avere e non Avere di Ernest Hemingway (pubblicati come un unico romanzo nel 1937), ho provato le sensazioni, le emozioni, i sussulti e segreti del mare, specie nelle prime pagine, che raccontano un giorno di pesca dei grandi merlin al largo di Cuba. Riprendo qualche riga per farmi capire meglio:
(...) Johnson gli diede altri due strattoni, e poi la canna si piegò in due e il rocchetto cominciò a stridere e il pesce guizzò fuori dall'acqua, sbàm, in un salto lungo e diritto, splendendo come se fosse d'argento e facendo un tonfo come un cavallo buttato giù da una scogliera (...) Si vedeva la pancia della lenza, e la volta successiva che saltò il pesce era a poppa e puntava verso il largo. Poi uscì di nuovo tra bianchi spruzzi d'acqua e io vidi che l'amo era attaccato a un angolo della sua bocca. Le strisce spiccavano nette sul suo corpo. Era un bel pesce, tutto d'argento adesso, barrato di viola, e grosso come un tronco (...) Il vecchio marlin puntava verso il largo, a nordovest come tutti i pesci grossi,e, ragazzi, se filava! (...)
Per come la vedo io, il grande merlin nero che descrive Hemingway, che salta fuori dal mare con tutti i suoi colori, la forza dei suoi muscoli e la geometria essenziale delle sue striature, può essere considerato una astrazione del mare, la distesa di acque che nasconde nella sua profonda pancia creature selvagge, segreti che si muovono sul fondo oscuro. Il mare è un elemento primordiale, la cui essenza, la cui realtà più intima ci sfugge a prima vista, anche immergendoci non possiamo sintetizzarne la vera natura complessiva, per le capacità limitate dei nostri sensi e per le immense distese che reggono sulla schiena tutta quella enorme massa d'acqua e i suoi grandi e piccoli abitanti. Il mare è un marlin nero che salta tra le onde, rischiando tutto per sopravvivere, per la libertà. Energia allo stato puro sputata fuori dalle acque, il marlin è un antico messaggero del mare. Allo stesso modo la forma affilata dell'Uccello nello spazio di Brâncuşi va ben oltre le linee naturali, le piume e il becco, penetra in altezza l'infinito fino a darci l'impressione della smaterializzazione, della dissolvenza. Riesce a catturare, nella sua semplicità, l'idea dell'ebrezza del volo, della fusione con il cielo. E' una idea volante, non ci sono dubbi; L'arte di Brâncuşi trascende il mondo materiale.
Il bacio è il blocco di pietra dove Brâncuşi disegna forme appena accennate, primitive, elementari, che esprimono un diverso tipo di emozione: la forza, la vitalità primordiale, la potenza della natura. L'assenza di decorazioni rappresenta la purificazione della materia pura, incontaminata. La forza è un altra delle idee scolpite da Brâncuşi, in questo caso la pesante pietra anzichè ancorare alla realtà, limitare, vola per la libertà che riesce a esprimere e esplodere. L'artista lavora con forme solide elementari: l'uovo, la sfera, il cubo, sperimenta l'interazione di queste forme con vari tipi di materiali, grezzi e lucidati: pietra, legno, bronzo, ottone, marmo, combinando elementi diversi. Non manca nella sua produzione artistica lo sviluppo di opere modulari, come la Colonna senza fine, che rappresenta la vibrazione che sostiene la volta celeste. Per definire meglio in concetto di astrazione delle forme, di integrità dell'essenza delle cose, mi aiuto ancora una volta con le parole di Brâncuşi stesso:
"Cerco la forma in tutto quel che intraprendo, per risolvere il difficile e folle problema dell’ottenere tutte le forme in una sola…Credo che una forma vera debba suggerire l’infinito. Le superfici dovrebbero sembrare come se partissero dalla massa verso un’esistenza perfetta, completa”.
Tra le altre opere riportate nelle immagini che arrichiscono questo articolo, come The Newborn, Mademoiselle Pogany e Bird before flight (che fa parte dei cosiddetti Maiastra, uccelli dalle piume lucenti del folclore rumeno), come per altre opere scultoree dell'artista, i tratti fisiognomici vengano celati (naso, orecchie, guancie) per dare rilievo, spessore, a altre caratteristiche, utilizzando un filtro artistico che ha il compito di evitare il non pertinente, causa della confusione e del disorientamento della percezione sensoriale; l'uso dell'ovale, una forma chiusa in sé senza inizio né fine è un’immagine dell’amore che ferma il tempo, un immagine dell'infinito. L'opera The Fish mi riporta all'azzardato accostamento con i racconti di Avere e non Avere di Hemingway. La forma modellata da Brâncuşi potrebbe rappresentare in fondo anche la pinna dorsale del marlin nero che taglia il mare come un rasoio.
L'estetica delle forme di Brâncuşi è molto vicina all'indagine sulla realtà alle semplificazioni di Cèzanne (con il quale mi sento in forte debito per non aver ancora trovato giusto spazio in questo blog), al suo paradigma della mela, la liberazione del velo simbolico-immaginario, la bellezza, come la realtà, che si esprime con tutto il caos che pulsa in se stessa. Ma si potrebbe facilmente arrivare anche alla scomposizione dell'oggetto cubista e alla logica della sensazione di Francis Bacon. Tornando nel mondo della scultura, è interessante questo ricordo emotivo delle opere di Brâncuşi di Arnaldo Pomodoro, che l'artista svela durante una intervista:
La sua arte è percorsa da un rinnovamento e da una tensione continua. Ad alimentarla è stata la sua esperienza di vita?
"il passaggio decisivo avviene nella saletta di Brancusi al MoMA di New York. E’ qui che ho una “folgorazione”: osservando le sculture di Brancusi sento che mi emozionano al punto di aver voglia di distruggerle e così le immagino come tarlate, corrose; mi viene così l’idea di inserire tutti i miei segni all’interno dei solidi della geometria, e cioè dentro un’immagine essenziale, pura, astratta."
E' dunque evidente come l'arte di Brâncuşi dispieghi un mondo infinito, tessuto di connessioni, di concezioni estetiche e spirituali, di forme, di idee volanti, in vari campi artistici e sperimentali. Non bisogna meravigliarsi se l'artista arriva a tradurre in arte plastica persino le note di Erik Satie.
La fama di Brâncuşi iniziò a diffondersi a livello internazionale dopo che cinque delle sue sculture furono esposte all' Armory Show di New York nel 1913, negli anni '20 comparì sui giornali dopo essere stato coinvolto in due scandali legati al mondo dell'arte. Nel 1920 la polizia fece rimuovere per indecenza dal Salon des Indépendants la sua scultura Principessa X (le forme richiamavano elementi fallici) e nel 1926 per uno bizzarro contenzioso con le autorità doganali statunitensi che tassarono il suo Uccello nello spazio considerandolo metallo grezzo e non un'opera scultorea, quindi esente da dazi. Brâncuşi fu obbligato a pagare di tasca propria per poter far arrivare l'opera a un'esposizione. Ma successivamente l'artista citò l'ufficio doganale e nel 1928 vinse la causa, con relativa certificazione dell' Uccello nello spazio come opera d'arte. Tra il 1937 e il 1938 Brâncuşi si recò in India per discutere il progetto di un tempio della meditazione (mai realizzato) per il maharajah di Indore. Più tardi nel 1938 fu inaugurata la sua opera più grande: un complesso di sculture (tra cui l'enorme Colonna senza fine, alta 30 metri) per il giardino pubblico di Tirgu Jiu, vicino al luogo della sua nascita.
Nel 1997 è stato inaugurato, proprio davanti al Beaubourg, l’Atelier Brancusi, ricostruito da Renzo Piano (Centre Georges Pampidou - Parigi). Dello studio modestissimo di Montparnasse (dove c'era anche una camera oscura per le sue amate fotografie) ci sono rimaste alcune fotografie, scattate dallo stesso scultore, un vero e proprio laboratorio caotico, dispordinato, colmo di gesso e pietra, di attrezzi, calchi, e forme abbozzate, dal quale Brâncuşi faticava ad allontanarsi. Posti magici dove le forme hanno trovato un nuovo potente linguaggio. Chiudo riportando alcune parole di Peggy Guggenheim su Brâncuşi:
"Brancusi era un ometto meraviglioso, con la barba bianca, gli occhi scuri e penetranti, qualcosa a metà fra un contadino astuto e una vera divinità"
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