(The Ides of March) George Clooney, 2011 (USA), 101'
uscita italiana: 16 dicembre 2011 voto su C.C.
Ammettiamolo: passata un po' di sbornia da yeswecan chi è che non vorrebbe vedere George Clooney come candidato dei democratici alle presidenziali americane; a maggior ragione trattandosi di un Clooney particolarmente “di sinistra” con qualche idea da visionario ed il solito carisma magnetico. È proprio l'ex villeggiante lariano ad avverare i nostri sogni (almeno su celluloide) nel suo ultimo film da regista-interprete, trasformandosi in Mike Morris, candidato in lotta sul filo dei voti con un agguerrito rivale ben meno affascinante (Michael Mantell) per la nomination democratica. Dietro questi due totem si muovono altrettanti panciuti burattinai d'eccezione, a curare le loro campagne: si tratta di Philip Seymour Hoffmann e Paul Giamatti, al servizio rispettivamente di Morris e del suo rivale, pronti a tutto pur di far trionfare il loro “cavallo”. Ma il vero protagonista del film, a dispetto delle apparenze, è la nuova speranza del cinema americano (simil-indipendente) Ryan Gosling, che interpreta un brillante consulente per i media della campagna pro-Morris, combattuto tra qualche dilemma etico e l'avvenente mascella di Evan Rachel Woods. Attenzione, perché il “thriller” politico è dietro l'angolo.
Tratto da una piece teatrale (Farraguth North, di Beau Willimon, co-autore della sceneggiatura con Grant Heslov e lo stesso regista) The Ides of March è un film piacevole, ben scritto e soprattutto magistralmente interpretato. Clooney si conferma come validissimo “direttore di attori”: nella sua regia un'espressione o un gesto sono sempre enfatizzati più di un superfluo movimento di camera; spesso è proprio il protagonista della scena a “determinarne” la cifra stilistica – emblematica la sequenza in cui P.S. Hoffmann viene liquidato. L'ottimo cast messo a disposizione dalla macchina produttiva del film (dove c'è persino la longa manus di Di Caprio), straripante di attori notoriamente “impegnati” ben lieti di partecipare all'happening cinematografico più radical-chic della stagione, è dunque valorizzato dalle scelte del Clooney regista, che pare particolarmente a suo agio nel raccontare con gran ritmo ed un occhio attento alla suspense questa storia di tradimenti e fratricidi inaspettati. Dietro la trama si nasconde una morale un po' demagogica, con la nostra famigerata antipolitica che sembra far capolino anche oltreoceano. Persino l'amato George può dimostrarsi in privato ben diverso dal superuomo che appare, in stile Warhol, sui manifesti. Intrattenimento intellettualmente accettabile.