Con un po' di spocchia ma qualche ragione, la rivista The Atlantic se l'è presa a morte con Le idi di marzo di Clooney e in questi giorni non perde occasioni per stroncarlo. Prima ci ha pensato con la lista dei film più significativi dell'anno, scegliendo i Muppets come miglior film politico e precisando "no, no Le idi di marzo. Assolutamente, assolutamente no Le idi di marzo"; poi, dopo le nomination ai Golden Globe di due giorni fa, è arrivato un pezzo dal titolo che è tutto un programma ("Le idi di marzo non dovrebbe essere candidato a nessun premio, mai"), in cui punto per punto l'autore elenca le assurdità nella trama del film. Alcune sono clamorose (e, bisogna ammettere, evidenti non solo al The Atlantic), come ad esempio il fatto che il responsabile dalla campagna elettorale del principale candidato alle primarie del Partito Democratico non sappia di avere alle dipendenze la figlia del presidente del consiglio nazionale di quello stesso partito, oppure che questa stessa persona possa prelevare 500 dollari dal budget della campagna per far abortire la suddetta ragazza, senza minimamente preoccuparsi del fatto che qualcuno possa chiedergli ragione di quei soldi... Personalmente, sempre parlando delle assurdità nella trama di un film peraltro onesto e ben intenzionato, magari un po' sopravvalutato ma di certo figlio dei tempi in cui viviamo, disilluso di una disillusione ormai sdoganata anche tra i liberal, personalmente, dicevo, mentre vedevo il film mi chiedevo come fosse possibile che alla conferenza stampa di un candidato alle primarie del Partito Democratico si presenti l'ex responsabile del suo staff, licenziato in tronco il giorno prima, e nessuno lo noti o si accorga che sta guardando fisso e da lontano il suddetto candidato, tenendo vistosamente in mano un cellulare acceso. Va bene la condensazione narrativa per rendere il film avvincente, ma o sei Polanski in The Ghost Writer e allora va bene tutto purché la storia funzioni, oppure se hai qualche ambizione sociologica o politica le cose dovresti farle un po' meglio. Poi, certo, c'è Ryan Gosling, e allora almeno una scena in cui lui se ne sta con lo sguardo fisso a guardare il fuori campo, enigmatico e perplesso, come se sapesse sempre quello che fa mentre dà l'idea di non capirci un tubo, tanto fico e pure tanto star col fascino magnetico, allora una scena così la devi per forza fare, e quindi pazienza se insieme al resto ci sta un po' così...
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Con un po' di spocchia ma qualche ragione, la rivista The Atlantic se l'è presa a morte con Le idi di marzo di Clooney e in questi giorni non perde occasioni per stroncarlo. Prima ci ha pensato con la lista dei film più significativi dell'anno, scegliendo i Muppets come miglior film politico e precisando "no, no Le idi di marzo. Assolutamente, assolutamente no Le idi di marzo"; poi, dopo le nomination ai Golden Globe di due giorni fa, è arrivato un pezzo dal titolo che è tutto un programma ("Le idi di marzo non dovrebbe essere candidato a nessun premio, mai"), in cui punto per punto l'autore elenca le assurdità nella trama del film. Alcune sono clamorose (e, bisogna ammettere, evidenti non solo al The Atlantic), come ad esempio il fatto che il responsabile dalla campagna elettorale del principale candidato alle primarie del Partito Democratico non sappia di avere alle dipendenze la figlia del presidente del consiglio nazionale di quello stesso partito, oppure che questa stessa persona possa prelevare 500 dollari dal budget della campagna per far abortire la suddetta ragazza, senza minimamente preoccuparsi del fatto che qualcuno possa chiedergli ragione di quei soldi... Personalmente, sempre parlando delle assurdità nella trama di un film peraltro onesto e ben intenzionato, magari un po' sopravvalutato ma di certo figlio dei tempi in cui viviamo, disilluso di una disillusione ormai sdoganata anche tra i liberal, personalmente, dicevo, mentre vedevo il film mi chiedevo come fosse possibile che alla conferenza stampa di un candidato alle primarie del Partito Democratico si presenti l'ex responsabile del suo staff, licenziato in tronco il giorno prima, e nessuno lo noti o si accorga che sta guardando fisso e da lontano il suddetto candidato, tenendo vistosamente in mano un cellulare acceso. Va bene la condensazione narrativa per rendere il film avvincente, ma o sei Polanski in The Ghost Writer e allora va bene tutto purché la storia funzioni, oppure se hai qualche ambizione sociologica o politica le cose dovresti farle un po' meglio. Poi, certo, c'è Ryan Gosling, e allora almeno una scena in cui lui se ne sta con lo sguardo fisso a guardare il fuori campo, enigmatico e perplesso, come se sapesse sempre quello che fa mentre dà l'idea di non capirci un tubo, tanto fico e pure tanto star col fascino magnetico, allora una scena così la devi per forza fare, e quindi pazienza se insieme al resto ci sta un po' così...
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