Le inedite dimissioni di Benedetto XVI lasciano molte questioni irrisolte

Creato il 05 marzo 2013 da Pfg1971

Tra qualche giorno si riunirà il nuovo Conclave che dovrà eleggere il successore di Benedetto XIV.

Come nell’aprile del 2005, assisteremo alla lunga teoria di cardinali vestiti di rosso che si avvieranno, tra canti gregoriani e preghiere, all’ingresso della Cappella Sistina.

Là, al chiuso da tutto e da tutti, sotto i magnifici affreschi di Michelangelo, voteranno per scegliere il nuovo Papa.

Probabilmente le votazioni della Sistina non faranno che confermare o smentire le cordate tra cardinali di diverse nazioni e posizioni che si stanno formando in queste stesse ore nelle  congregazioni generali, le riunioni tra porporati, iniziate lunedì.

L’uomo che dovrà assumersi l’onere di condurre la Chiesa nel terzo millennio non avrà di fronte un compito facile.

Colui che ha deciso di dimettersi, dopo più di 600 anni dall’ultima volta in cui accadde, Joseph Ratzinger, ha lasciato molte questioni irrisolte.

Forse proprio la sua difficoltà a trovare il bandolo della matassa tra troppi dossier e argomenti scabrosi è all’origine della sua decisione di gettare la spugna.

Ratzinger avrebbe voluto riformare la Curia per renderla meno autoreferenziale e più aperta alle istanze delle chiese nazionali, ma ha fallito.

Il papa teologo non è riuscito a tenere a bada i conflitti tra le diverse anime dei corridoi vaticani.

In primo luogo la sempre latente, ma ben presente tenzone tra il segretario di stato Tarcisio Bertone, il primo ministro vaticano e la Conferenza dei Vescovi, rappresentata dal cardinale Angelo Bagnasco.

Non ha aiutato a fare chiarezza la volontà di Bertone di utilizzare i fondi dello Ior, la tanto misteriosa banca vaticana, per mettere in campo spericolate operazioni finanziarie come quella con cui il cardinale piemontese voleva acquisire il controllo dell’ospedale San Raffaele di Milano.

Anche lo scandalo Vatileaks, con il trafugamento di importanti documenti riservati dalla scrivania papale, non ha permesso a Ratzinger di realizzare quel rinnovamento della Curia, ormai imprescindibile dopo lo strabordante potere acquisito negli ultimi anni di regno di un papa malato e lontano dagli  affari della Chiesa come era ormai Giovanni Paolo II.

Non solo, con il rapporto su Vatileaks, consegnato a Ratzinger dai tre cardinali incaricati di redigerlo, sono emersi ulteriori motivi di preoccupazione e discredito per la Curia.

La presenza di legami inconfessabili tra i cardinali, spesso sconfinanti in campi ben lontani dal Vangelo e molto più terragni, come quelli legati a una sessualità poco limpida e soprattutto a settori come quelli economici e degli affari, devono aver sconvolto un uomo come Benedetto XVI, molto più incline a occuparsi di questioni teologiche come l’infanzia di Gesù che di temi così alieni dal suo sentire.

Lo stesso discorso lo si può fare per l’obiettivo di Ratzinger di una nuova evangelizzazione del continente europeo, un traguardo che, sin dall’inizio del suo pontificato, egli pose tra le sue priorità.

Certo non lo ha aiutato quanto detto finora, gli scandali di cui si è accennato, e soprattutto il dilagare dei casi di pedofilia nelle chiese nazionali del vecchio continente dall’Irlanda alla Germania.

Da questo punto di vista è necessario mettere in luce che Ratzinger ha affrontato il problema con coraggio e determinazione.

Tuttavia, il problema della pedofilia è ormai troppo diffuso in una chiesa sclerotizzata in un assurdo e controproducente perdurare dell’istituto del celibato ecclesiastico.

Anche riguardo la risoluzione dello scisma con la Fraternità di San Pio X, i seguaci del vescovo Marcel Lefebrve, scomunicato nel 1988 da Giovanni Paolo II, Benedetto non è riuscito nel suo intento.

Il monsignore francese non accettava le riforme modernizzatrici della Chiesa, volute dal Concilio Vaticano II e per questo, dopo molti contrasti con Roma, aveva subito una scomunica da parte di un papa, Karol Wojtyla, non sempre recettivo ad ogni apporto di novità reso al cattolicesimo dal consesso avviato da Giovanni XXIII nel 1962.

Benedetto ha tentato di far rientrare gli scismatici nell’alveo della Chiesa cattolica, ma non vi è riuscito.

Ha revocato loro la scomunica, ha reintrodotto la possibilità di celebrare la messa in latino, secondo il rito approvato con il Concilio di Trento (che tra l’altro contiene l’appello alla conversione degli ebrei, già rigettato da Papa Giovanni come esempio di antisemitismo), ma non è servito.

I lefebrviani non hanno voluto accettare di riconoscere l’autorità del vescovo di Roma e quindi, malgrado le concessioni ottenute, non hanno dato niente in cambio di quanto ottenuto da Benedetto.

Non parliamo poi della gaffe di Ratzinger sull’Islam, nel discorso di Ratisbona del 2006 o del suo  rifiuto del preservativo come strumento per contrastare l’Aids, durante il viaggio in Africa del 2009.

Si tratta quindi di una pletora di questioni rimaste sospese che il nuovo papa dovrà avere forza sufficiente a  risolvere altrimenti ne andrà del residuo prestigio e rispetto di cui la Chiesa cattolica ancora gode nel secolarizzato mondo attuale.   

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