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In sintesi: per perfezionare l'acquisto, basta inserire la password. Il problema è che nei 30 minuti seguenti (15 per l'App Store di Apple) ogni successivo acquisto non richiederà più alcuna password!
Ciò causa - ed ha causato - innumerevoli grane a parecchi utenti dell'una e dell'altra piattaforma, soprattutto quando lo smartphone o il tablet viene dato in mano ad un bambino: parecchi giochi scaricabili gratuitamente fanno intuire all'ignaro giocatore a quali incredibili opzioni si potrebbe accedere, con una piccola spesa. Una concessione che talvolta i genitori non negano ai propri figli, con l'effetto, spesso non noto, di dare accesso agli acquisti per svariati minuti senza dover reinserire alcuna password.
La situazione è aggravata dal fatto che molti giochi sono accusati di esser concepiti per indurre gli acquisti e per rendere il processo di spesa semplicissimo, spesso un solo tocco sullo schermo del dispositivo. I più piccoli diventano così le vittime predestinate di questo perverso meccanismo, che arricchisce gli sviluppatori delle App ma che non è disdegnato da Google ed Apple, che ovviamente trattengono la propria percentuale sulle vendite.
I meccanismi degli acquisti In-App sono costati 65,95 dollari a una madre statunitense che sta intentando causa al colosso di Mountain View, insieme a tanti altri utenti di Android. E probabilmente vinceranno, considerando quanto già accaduto recentemente ad Apple, costretta a rimborsare i propri utenti e a rendere più trasparenti le procedure di acquisto. Ciò a seguito dell’accordo tra Apple e la Federal Trade Commission americana, che porterà l’azienda di Cupertino a rimborsare circa 32 milioni di dollari a coloro i quali hanno visto i propri figli effettuare incauti acquisti In-App senza la consapevolezza da parte dei genitori.
E con iOS 7.1 Apple ha effettivamente migliorato la trasparenza sugli acquisti In-App, implementando appositi avvisi che mettono in guardia l’utente sul funzionamento automatico degli acquisti In-App, soprattutto in relazione alla possibilità di effettuarne di ulteriori per i 15 minuti successivi, senza dover reinserire la password associata al proprio account. Lo stesso messaggio reindirizzerebbe inoltre gli utenti sull’apposita sezione del menù Impostazioni del dispositivo Apple (iPad, iPhone o iPod touch), dove disattivare la funzionalità.
Al contrario, gli avvisi che Google affida al Google Play per fare da monito agli utenti non sarebbero abbastanza chiari. Dunque, il rischio di spendere inconsapevolmente parecchi soldi è reale, visto poi che alcune app permettono di acquistare in un'unica transazione contenuti perfino da 100 dollari.
Anche la UE sta approfondendo la questione: secondo la Commissione Europea il software "Freemium" (la modalità di rendere gratuita un'applicazione le cui funzionalità estese sono però sbloccabili a pagamento In-App) è poco trasparente.Proprio di recente c'è stato un incontro con i rappresentanti di Apple e Google per discutere della protezione degli utenti, soprattutto i più piccoli, dalle insidie degli acquisti In-App. Neven Mimica, Commissario per la politica dei consumatori, ha affermato che: “i consumatori, e soprattutto i bambini, vanno meglio tutelati contro costi inattesi che si celano negli acquisti In-App. Le autorità nazionali e la Commissione Europea stanno discutendo con l’industria il modo migliore per affrontare questo problema, che non solo danneggia finanziariamente i consumatori ma che mette anche in gioco la credibilità di questo promettente mercato. Se si trovassero soluzioni concrete in tempi brevi, sarebbe un guadagno per tutti.”.
Una soluzione, in realtà, c'è già: evitiamo di dare il nostro smartphone o il nostro tablet ai nostri bambini, lasciando loro usare il dispositivo senza alcun controllo. Le App "Freemium" sono, forse, l'ultimo dei pericoli a cui potrebbero andare incontro durante un uso libero e incontrollato della Rete.
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