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Le intermittenze della morte (Saramago)

Creato il 17 maggio 2014 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua

Che ne sarebbe dell'esistenza umana se, improvvisamente, la morte si mettesse in sciopero? Sovraffollamento, stati di coma e agonia eterni, crisi delle istituzioni ecclesiastiche, che fondano la loro autorità sulle promesse di un aldilà migliore e imminente fallimento delle imprese del business del caro estinto; se, poi, la morte fosse in sciopero solo in una specifica nazione e continuasse, invece, a lavorare fuori dai confini, si scatenerebbe una corsa criminale alla morte che, col tempo, finirebbe per essere legalizzata, perché in una realtà senza morte i problemi sorgono gli uni sugli altri e nessun governo riuscirebbe a farvi fronte.

Le intermittenze della morte (Saramago)

Questo lo scenario immaginato da José Saramago, l'autore portoghese premio Nobel 1998, nel romanzo grottesco e ironico Le intermittenze della morte (2005). La sua complessa prosa, in cui la punteggiatura non è convenzionale, mancano virgolette, nomi propri e, quindi, personaggi chiaramente identificabili, ci guida in una surreale condizione di immortalità, invitandoci a riflettere sulla necessità della morte e sui risvolti negativi del sogno più antico accarezzato dagli esseri umani. Proprio lo stile così spiazzante, fatto di lunghi periodi e numerosi incisi, ci mette di fronte al carattere astruso e incredibile della situazione che ci viene descritta, mettendo in crisi le nostre speranze e giocando con le nostre certezze: la morte è uno scheletro avvolto in un sudario e la sua fida compagna è una falce, ma non sta in un luogo freddo e umido, bensì in una sorta di modernissimo archivio in cui i viventi non sono fili da tagliare, ma nomi su schede accuratamente ordinate in schedari e cartelliere. Sa ricoprire le forme che gli uomini le attribuiscono, ma, come le fa notare la stessa falce, la sua silenziosa ma molto comunicativa compagna, riesce anche a rendersi attraente quando le circostanze lo richiedono.
La narrazione è divisibile in due parti. Si inizia con la descrizione di un mondo immobilizzato dalla morte con l'unica frase breve di tutto il testo, che costruisce un'originalissima ringkomposition, "Il giorno seguente non morì nessuno". Scoppia il caos, il governo non sa come reagire, masse di uomini e donne disperati iniziano a varcare clandestinamente i confini per permettere a coloro che sono sospesi fra vita e morte di superare la triste soglia, a costo di ricorrere ad accordi con la 'maphia'. Questa incredibile stasi si protrae per sette mesi, finché la morte stessa annuncia che riprenderà le sue normali mansioni attraverso una lettera su carta viola al termine della quale insiste a firmarsi con la lettera minuscola, perché è la "piccola morte quotidiana [...] che persino nei peggiori disastri è incapace di impedire che la vita continui" (cit. p.118), il relativo cui si oppone la Morte che rappresenta l'assoluto. L'unica differenza sarà che i futuri defunti saranno avvisati una settimana prima mediante una lettera dell'imminente dipartita. Si passa così ad un secondo nucleo narrativo, che ruota intorno ad un personaggio specifico, seppur mai chiamato per nome, un violoncellista che, per una strana coincidenza che la morte stessa non riesce a spiegare, non può morire: la sua lettera ritorna costantemente al mittente, costringendo la morte a vestire i panni di una donna procace e agire personalmente...


Le intermittenze della morte (Saramago)

Un racconto agile, ricco di spunti di riflessione che vanno dalla critica pungente alle strumentalizzazioni ecclesiastiche allo smascheramento dell'incapacità dei governi, pronti a rivolgersi alla criminalità organizzata per uscire dall' impasse causata dai mancati decessi, dalla visione materiale dei problemi causati dalla vita eterna alle imbarazzanti reazioni delle persone che sanno anticipatamente quanto tempo rimane loro da vivere.

Pur nell'amarezza che caratterizza tali considerazioni, la prosa di Saramago si distingue per l'acuta ironia, per il sorriso che ci fa salire alle labbra, in qualche modo invitandoci a non prenderci troppo sul serio e a considerare normale e quasi prosastico il meccanismo più misterioso e spaventoso dell'esistenza.

L'unica nota deludente è, a mio parere, nella conclusione troppo rapida di una parte della storia - quella dell'incontro fra la morte e il violoncellista - che si carica di aspettative fin dal ritorno della prima lettera e che, fondamentalmente, si risolve in un'opera aperta. Ma questo, forse, accentua l'imprevedibilità della grande protagonista del romanzo, suggerendoci che, in un ideale proseguimento, ci dovremmo aspettare nuovi colpi di scena, nuovi cambiamenti nell'agire di questa figura inafferrabile, nuove via attraverso le quali ella potrebbe operare. L'intermittenza, in fondo, è per sua natura un processo continui di presenza e assenza.

Le intermittenze della morte (Saramago)


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