PRELUDIO
Il tempo si presta volentieri a indossare i panni del becchino.
Spala terra, ogni anno una vangata, sino a che la memoria giace senza più respiro.
Le storie degli amori affaticati, compressi e claudicanti, sono poi seppellimenti privilegiati.
Una congiura tra il becchino inesorabile e gli uomini, impazienti di dimenticare, le relega lontano e le dissipa.
E tuttavia il tempo conosce inattese retromarce, le vangate di terra subiscono allora il moto inverso fino a che le storie sotterranee, senza più ossigeno e luce e parole, disseppellite ritornano.
A quel punto, non c’è più confine tra la comunità dei vivi e la comunità dei morti. I nascondimenti abissali del cuore si trasmettono di generazione in generazione, iscritti nelle aree misteriose dell’essere. Ed è allora vano illudersi del piccolo presente
tranquillizzante.
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La luna scandaglia il mare come un laser. Quasi piena, le sue valli disabitate sono visibili a occhio nudo.
Gli pare terribile, la solitudine della materia nell’universo.
Benedetto si alza il bavero del giubbotto. Le due del mattino.
L’umido preme sulle ossa. Stringe le palpebre nervosamente, più volte, tic degli occhi stanchi.
Sopra la materia devono esserci le anime, stipate l’una sull’altra, felici dell’assiepamento. I puri spiriti vivono forse in uno stato esattamente contrario alla sterminata solitudine silenziosa delle galassie. Incollati gli uni agli altri, in perfetta comunione. Unico corpo, unica anima. Deve essere così per gli abitanti del paradiso.
Il profilo del Vesuvio riluce sotto la luna. Benedetto si scosta dalla ringhiera. Dà le spalle all’universo.
Un libro intenso e che fa riflettere, uno scrittore che abbiamo avuto il piacere di conoscere scoprendo che persona eccezionale sia. Qui la nostra lettura de Le inutili vergogne e la nostra conversazione con l’autore. La collezione Sabot/Age non smette di svelare la realtà.