La gente sembra diventare sempre più stupida.
Voglio dire, abbiamo un’avanzatissima tecnologia. I computer si sono trasformati in macchine da seghe a quattro cifre, internet doveva renderci liberi, democratizzarci, ma il risultato è che ha dato solo libero accesso alle invasioni barbariche. Per non parlare della pornografia infantile.
Oltretutto, la gente non scrive più, tiene blog. Invece di parlare invia sms. Niente punteggiatura. Niente grammatica. TVTB, IMHO, ROTFL.
Mi sembrano un branco di imbecilli che pseudo comunicano con un branco di altri imbecilli in un proto linguaggio che assomiglia più a quello dei cavernicoli che alla nostra madrelingua.
Hank Moody.
Californication.
Stagione 1, episodio 5.
La parola “fine” mi affascina. Da sempre.
Il punto ultimo come cessazione o limitazione definitiva.
La fine di un libro, di un film, di un disco, di un viaggio, di una storia, di un’esperienza di qualsiasi tipo regala sempre qualcosa: un insegnamento, un’emozione, una delusione, un’incazzatura.
Il problema è quando non regala niente.
Ad esempio, se di un film non vi è piaciuto il finale, difficilmente vi ricorderete il resto.
Mi viene in mente Matrix Revolutions. I Fratelli Wachowski ci hanno fatto vedere l’evoluzione di Neo, da hacker imbranato a uomo volante in grado di far ripartire il cuore della sua amata, per poi assistere ad una schiaffeggiata finale di venti minuti tipo Bombolo cor Monnezza e farsi sovrascrivere dall’agente Smith, perché era l’unica possibilità per sconfiggerlo.
Una puttanata di dimensioni enciclopediche che ha azzerato tutto quello che di buono avevano fatto nei primi due, ehm scherzavo, nel primo capitolo.
Infatti, di Matrix Revolutions non mi ricordo assolutamente niente, se non che avevo comprato il biglietto in prevendita una decina di giorni prima e che un tipo in sala, durante gli abbondanti dieci minuti di Trinity agonizzante, urlò: “O’ merdaiola, che ti movi a crepare!“.
Hank Moody ha ragione (come spesso gli accade e se non mi credete guardate le prime due/tre stagioni di Californication): internet ha dato libero accesso alle invasione barbariche.
YouTube ad esempio ne è la riprova.
Prendete i video più visti degli YouTuber nostrani:
scherzi telefonici, parodie comiche che fanno più o meno ridere, consigli su come truccarsi e vestirsi, bruttone targate Sebach che non sanno cantare, bruttoni modello Salvatore Baccaro che sclerano perché non chiavano, ragazzini disadattati, molteplici grezzate, coatte, truzzi ed ebeti vari.
Per non parlare dei video musicali. Dai tatuatissimi gangsta rappers alle canzoni strappalacrime per limitare l’intelligenza di donne alla ricerca di sentimenti a prezzi da outlet.
Questione di allenamento.
E’ vero che il cervello non è un muscolo, ma ha bisogno, comunque, di essere allenato. Laura Pausini arriva molto più facilmente di Frank Zappa solo perché i centri nevralgici della maggioranza di coloro che hanno permesso ai barbari di invadere il mondo, non sono abituati a cose troppo complesse. Per questo motivo i video dei personaggi che ho elencato prima hanno avuto o hanno tutt’ora così tanto successo: perché si affermano sulla massa diventando virali.
Che si diffonde in modo particolarmente veloce e capillare, utilizzando i nuovi mezzi di comunicazione.
Si chiama mediocrità ed è la peggiore delle malattie.
Internet ha cambiato in bene e in male gli usi di ognuno di noi sotto qualsiasi punto di vista. In particolare sul modo di comunicare e di porsi.
Ed è stata la fine.
Per molti è iniziata con MSN Messenger, precursore di quella che poi sarebbe stata la vera e propria Apocalisse, dove finalmente milioni di ex liceali hanno potuto vendicarsi dei professori di italiano e di anni di 4 in analisi grammaticale. Una vera e propria involuzione che ha riportato indietro di millenni l’homo sapiens sapiens, ritornato a primate senza monolito, che esprime le proprie emozioni con quelle faccine odiose da prurito ai palmi delle mani, fino ai giorni attuali e all’irruzione dei Cavalieri descritti nella seconda parte del libro fantasy più venduto di tutti i tempi.
I giorni di Facebook.
Facebook è la distuzione totale della razza umana e sta continuando a lasciare macerie ovunque. Di sicuro, almeno credo, non erano le intenzioni di Mark Zuckerberg. A lui interessava soltanto classificare ragazze, riconquistare la sua ex e riuscire, o meglio provare, a raccattare uno straccio di topa. E’ nato come un balocco e come un balocco deve, dovrebbe, essere usato. Invece si è trasformato in un inquietante manifesto edonista, dove ogni utente ostenta, a forza, la sua presunta intelligenza. la sua evidente diversità dal branco e la profondità del suo credo postando raffiche giornaliere di stati, foto, notizie più o meno veritiere e filosofiche citazioni sul suo pensiero che poi sono le stesse della Smemoranda ai tempi della sQuola, anche se oggi non se le ricordano nonostante il cervello sia rimasto sostanzialmente lo stesso, per il semplice motivo di darsi uno spessore e di far credere a chi legge di essere speciale quando poi, in realtà, non fa niente di così diverso dagli altri (e la nuova fittonata del momento, ovvero Dubsmash, ne è la riprova lampante).
Questione di allenamento.
Ed è proprio quando qualcuno lo usa nel modo in cui andrebbe usato, ecco che subito arriva il commento del bravone di turno con i suoi gavettoni di buonismo scadente, giusto per mettersi in pace la coscienza.
Sono sempre loro. Gli stessi che hanno permesso l’invasione e che concepiscono l’umorismo come rutti, peti e rozzate varie e che sono riusciti a privare l’uomo del suo innato spirito di ricostruzione. Questa volta le macerie resteranno per tanto e la strada verso una nuova evoluzione sarà davvero lunga.
Ma la cosa che in assoluto mi fa più “male” di Facebook è che è riuscito a plasmare la curiosità.
Una volta l’obiettivo era quello di scoprire una persona e conoscerla stando ad ascoltarla. Poteva piacere o non piacere, si poteva andarci d’accordo o litigare, ma era comunque una scoperta.
Adesso si sa già tutto.
Se incontro qualcuno che non vedo da tempo e ci faccio due chiacchiere, so già praticamente tutto quello che mi dirà e quando gonfierà il petto per dirmi “mi sono laureato in astrofisica nucleare”, non avrò alcuna reazione perché lo so già. Ho già curiosato sul suo profilo e ho già visto le foto della discussione della tesi e della festa post laurea. Per questo motivo oggi è più facile buttare il baco (altro esempio di culo degli altri), perché si sa a priori dove ci sono più pesci nel lago, così nessuno farà una scampagnata a vuoto.
Il sesso.
Una cosa meccanica senza emozioni.
Siamo diventati macchine da seghe a quattro cifre, quello che volevano i barbari quando hanno iniziato la loro invasione.
La generazione dell’ansia per la spunta azzurra.
La più deprimente che abbia mai popolato il globo terrestre.
Sì, ma tu fai parte del problema. Infondo stai comunicando attraverso un blog.
Da qui infatti il disgusto per me stesso.
Archiviato in:Prisencolinensinainciusol Tagged: facebook, internet, mark zuckerberg, messenger, web