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Le invocatrici della Luna

Creato il 14 marzo 2014 da Alessioscalas

invocatrici della luna

Lucia Picolu di Oristano,nel 1578, confessò di avere fatto molti sortilegi “per cose d’amore” (para cosas de amores) ” e Caterina Escofela di Cuglieri,nel 1583,di avere compiuto “fatture d’amore (hechizerìas de amore)”.

Marchesa Pala di Cagliari fu accusata nel 1592 di ” fare orazioni alle stelle e alla luna per cose d’amore” (para cosas de amores). In quest’ultimo caso sono arcaiche credenze e pratiche legate a divinità astrali.
Le magie d’amore rivolte al sole,alla luna e alle stelle si ritrovano soprattutto nei processi di due donne abitanti di Alghero: Serrampiona Manna e l’amica Sebastiana Sanna.

La prima, penitenziata nell’autodafè del 14 dicembre 1578, fu accusata da molte persone di “parlare con la luna e con il sole”. Lei nel corso del processo disse che una donna le aveva insegnato le seguenti orazioni al sole:

Deu hos salvet donnu Sole,in terras daradu segis exidu,hoe in terra daras segis exidu,e carzadu e bestidu e bestidu e carzadu e bene aderetadu, gasi si l’aderet su coro e y sa mente e y sa mente e y su coro qui mi torret a domo.

(Dio vi protegga signore Sole, siete uscito dorato sulla terra, oggi siete uscito dorato sulla terra, e calzato e vestito e ben disposto, toccategli il cuore e la mente, la mente e il cuore perchè torni da me)

Chi aveva insegnato la preghiera era Sebastiana Sanna, penitenziata nello stesso autodafè ed accusata di aver istruito l’amica su: certe orazioni rivolte al sole e alla luna che erano utili (buenas), se recitate nel giorno di S.Giovanni Battista, per ottenere beni di fortuna e perchè le persone per le quali venivano dette volessero bene coloro che le recitavano.

Durante il processo confessò di avere appreso da una persona ormai defunta l’orazione insegnata a Serrampiona e riportata nella relazione della causa inviata alla Suprema. In verità tra le due versioni le differenze sono notevoli, come si vede dal confronto tra quella di Serrampiona e quella recitata dalla Sanna così com’è stata trascritta dal notaio inquisitoriale:

Deu bos salvet donnu Sole,in terra daradu segis exidu,hoe in terra daradu segis exidu,a tale innantis meu l’agis vidu,e carzadu e vestidu,e vestidu e carzadu,e bene aderetadu,in quest’aderetadu su juhu cun su aradu, s’aradu cun su juhu quando intrat assu gasi l’aderet su coro e y mente,sa mente e y su coro qui mi benner a domo ,bagion que donna marierva e intraden que l’ in perras que l’intrade ,no lu lasses reposare,nen dromire nen papare,e nen giogare,fini aqui sa bucca l’appo a basare e y su cossu miu hat abrazare.

Anche questa traduzione italiana non è certa in tutto, soprattutto perchè l’accento a una “donna marierva” è per noi incompressibile:
(Dio vi protegga signore Sole,siete uscito sulla terra dorato,oggi siete uscito dorato,avete visto il tale davanti a me,calzato e vestito e ben sistemato,come si adattano il giogo e l’aratro,l’aratro e il giogo quando aprono il solco,così disponetegli il cuore e la mente,la mente e il cuore perchè venga da me,fate come donna Marierva(?) ed entrategli nel cuore da parte a parte,non lasciatelo riposare,nè dormire,nè mangiare,nè ridere e giocare, finchè bacerà la mia bocca e abbracci il mio corpo)

Serrampiona riferisce pure un’orazione in catalano da lei rivolta alla luna per finalità amorose o, più largamente, protettive:

Deu te salvet lluna clara, tot hom te diu dich germana, vs acasa de la mare del sol que te demana que me vulla dar le sue gracies a cubrir.

(Dio ti custodisca luna chiara, ognuno ti chiama luna, io ti chiamo sorella, vai a casa della madre del sole che ti domanda di volermi dare le tue grazie per proteggermi)

A giudicare dal tono dell’orazione, il rapporto della donna con la luna era familiare ed affettivamente coinvolgente. La luna, infatti come antica e continua protettrice della magia femminile, era una sorella da invocare e a cui chiedere aiuto.

L’algherese descrisse i suoi incontri con la luna con tratti che ricordano per alcuni aspetti,quelli attribuiti dai fedeli alla Madonna.
Dal sinodo che racconta quello che disse la donna:

Vide una donna la quale le chiese:” Serrampiona cosa domandi?”. A lei prima sembrò che fosse la donna che le aveva insegnato la preghiera alla luna, ma dopo le sembrò un’altra… La donna le disse: “Sono la Luna ” e subito scomparve con lampi di fuoco. Era bella, una bellissima festa per gli occhi (era hermosa como un oro bellissima muger), con i capelli sciolti, vestita di rosso. Le sembrava che al mondo non esistese donna più bella. Altre volte le apparì vestita di bianco e la sua faccia sembrava fatta apposta per illuminare il mondo (le aparecio vestida de blanco que le pareciò que su cara era para alumbrare el mundo).

Continuò a raccontare che quella donna era la luna “la quale poteva più di qualunque persona al mondo e che le grazie che scendevano sulla terra erano date da lei” che era “Nostra Signora” ed “il Regno dei Cieli”. Nella logica degli inquisitori e dietro le pressioni degli interrogatori questa bellissima visione fu inserita in un contesto demoniaco. Alla fine Serrampiona confessò che “quella donna era il demonio”.

Le invocatrici della luna, nelle loro orazioni ad azioni rituali, osservavano in genere determinate condizioni, già presenti più o meno identiche nel mondo antico: di notte, in fase di luna crescente, scalze, con i capelli sciolti e, spesso completamente nude, in contatto diretto con la Madre Terra e in uno stato di piena recezione dell’influsso dell’astro lunare…

Dal libro di Salvatore Loi “Inquisizione, sessualità e matrimonio.Sardegna,secoli XVI-XVII


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