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Le ipocrisie sull'articolo 18

Creato il 15 febbraio 2012 da Pps @ppsposato
Gli articoli che appaiono sui quotidiani, i commenti nei talk show i dibattiti televisivi, le interviste rilasciate da singoli leader politici o sindacali, mostrano quanta ipocrisia regna intorno al problema dell’art.18.
La parte di questo articolo in discussione è quella che riguarda l’autorità del giudice , laddove dichiari inefficace il licenziamento di un dipendente o lo annulli poiché intimato senza giusta causa, di ordinare al datore di lavoro il reintegro del lavoratore nel posto di lavoro.
Cercheremo di dimostrare che le opposte tesi sull’art. 18 sono frutto di ipocrisie,in quanto non è vero che se abolito o mantenuto provoca i vantaggi o le catastrofi sostenute dalle opposte fazioni.
Le discussioni sull’articolo 18 non servono altro che a mascherare problematiche difficili da esternare, perché provocherebbero reazioni a difesa di comportamenti non sempre cristallini sia da parte sindacale che da parte imprenditoriale.
Conosco due tipi di aziende ed imprenditori; c’è chi, una volta assunto un lavoratore competente e con comportamenti coerenti con il ruolo che svolge, adotterebbero qualunque azione pur di mantenerlo nel proprio headcount, anche a fronte di necessari piani di riduzione del personale. Altri imprenditori, convinti di dover agire essenzialmente sulla riduzione dei costi, per poter gestire con efficacia la propria azienda , sacrificherebbero per contro,anche personale valido pur di ottenere questo risultato.
Affermare che, in caso di crisi economiche, il mercato del lavoro in Italia non è sufficientemente flessibile, è una posizione difficilmente sostenibile; le aziende, a seconda se con più o meno 15 dipendenti possono usare con molto facilità (talvolta eccessiva per i pochi controlli) la cassa integrazione ordinaria, quella straordinaria,la mobilità ordinaria,la mobilità lunga, quella in deroga, i licenziamenti collettivi, quelli plurimi individuali ed,infine il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
La ragione mascherata dello scontro è ciò che differenzia il licenziamento individuale nelle sue conseguenze, a seconda se il lavoratore appartiene ad un azienda con meno o più di 15 dipendenti ; nel primo tipo di azienda, in caso di licenziamento giudicato illecito, l’imprenditore può scegliere se ricollocare il dipendente o pagare una penale(relativamente modesta) stabilita dal giudice e nella stragrande maggioranza dei casi sceglie il pagamento della penale.
E’ il dipendente nel secondo tipo di aziende a scegliere se essere ricollocato o accettare il pagamento di una penale, nel caso il suo licenziamento venga ritenuto illecito, con due sostanziali differenze:
  1. È noto che una parte della magistratura e la gran parte delle organizzazioni sindacali sono nettamente schierate nella difesa del lavoratore anche quando questo è chiaramente colpevole di comportamenti negligenti e/o fraudolenti.
  2. La trasformazione , di fronte al giudice o alle Commissioni di conciliazione, del licenziamento in risoluzione consensuale del rapporto di lavoro è troppo onerosa se si è coscienti che si sta trattando l’allontanamento di un dipendente negligente o disonesto.
La trasformazione dell’articolo 18 in modo tale che possa essere ritenuta giusta causa il licenziamento individuale per ragioni economiche e, in caso d’illecito licenziamento condannare l’imprenditore al pagamento di penali da valutare, è certamente sostenuta da quelle aziende che vorrebbero avere mano ancora più libera nella gestione del costo del lavoro.
Diversa è la richiesta che dovrebbe provenire dagli imprenditori orientati a valorizzare l’importanza della risorsa umana; questi imprenditori chiedono che sia reso possibile, facile e trasparente il processo di allontanamento di quei dipendenti che , a causa della loro negligenza e della loro disonestà non meritano più la fiducia dell’azienda e provocano rilevanti danni economici se si rende difficile la loro sostituzione con personale valido.

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