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I piaceri intimi del cioccolato racconta la storia di un sogno comune a due sorelle, Frances e Ginger Park, che, spinte dall'appoggio di una madre schiva ma sempre presente, apriranno la loro cioccolateria, Chocolate Chocolate, nel centro di Washington, a qualche passo dalla Casa Bianca. In breve tempo il negozio si trasforma in un luogo di incontri, sogni condivisi e profonde amicizie che renderanno Chocolate Chocolate non un semplice negozio, ma un vero e proprio polo di attrazione per tutti coloro che cercano il conforto di una parola amichevole e di un boccone di buon cioccolato fondente..La storia delle sorelle Park è indubbiamente interessante. Partite con la sola eredità lasciata loro dal padre morto prematuramente e senza la benché minima esperienza imprenditoriale, riescono a costruire una cioccolateria di successo nel centro politico statunitense, Washington, rendendola un luogo affascinante ed il motore pulsante delle proprie vite. La narrazione del loro successo imprenditoriale, si alterna a veri e propri racconti di vita vissuta, come l'incontro di Ginger con l'amore della sua vita, Skip, o l'amicizia nata tra Frances ed una cliente abituale di Chocolate Chocolate che porterà alla nascita de “l'angolo delle confidenze” nel retrobottega di quel dolce Paradiso (è proprio il caso di dirlo!) che è il loro piccolo negozio. Questo, unito a brevi spezzoni della vita dei genitori delle due ragazze, immigrati asiatici, rende “I piaceri intimi del cioccolato” esempio concreto e lampante del più famoso concetto di “self made man” (in questo caso women), fatto di donne che, grazie alla forza delle loro convinzioni e dei loro sogni, riescono a trasformare un cadente negozio della grande metropoli, in un vero e proprio fenomeno conosciuto in tutto il continente. Ecco: posto questo, I piaceri intimi del cioccolato non mi ha particolarmente convinto.
La prima questione è la voce narrante, ovvero il punto di vista che spiega l'intera vicenda. Questa, almeno per la maggior parte del racconto, è una prima persona plurale (lo scritto è un lungo susseguirsi di “noi”): le vicende accadute in prima persona all'una o l'altra sorella vengono raccontate in modo quasi distaccato, contrapposto quindi al coinvolgimento dimostrato inizialmente dalla voce narrante stessa, assolutamente interna alla narrazione.Questo libro, inoltre, è pieno di una delle cose che più odio in assoluto in un libro: la pietà dello scontato e dell'ovvio. A mio avviso i sentimenti non vanno raccontati tramite le parole ma espressi attraverso le azioni. Odio leggere frasi come “A Ginger mancava terribilmente suo figlio” e nessuna azione seguente a dimostrarmelo. Oppure la ridondanza di concetti come “le due sorelle erano estremamente legate l'una all'altra” quando questa ovvietà traspare perfettamente da tutto il racconto senza bisogno di doverla ribadire.Perché rimarcare cose già ovvie con frasi puramente di circostanza o condensare scene potenzialmente interessanti in frasi vuote che non dicono assolutamente nulla? Quindi direi.. storia interessante, struttura davvero da dimenticare.Niente da fare, non mi ha colpito. Voto: 1 mela ed un torsolo!