“Non sta al porco dire che l’ovile è sporco”
è un thriller confezionato dallo scrittore africano Florent Couao-Zotti ed edito dalla casa editrice indipendente 66THAND2ND.
Il
titolo italiano è certamente più accattivante dell’originale "Si la cour du mouton est sale, ce n’est pas
au porc de le dire" che tradotto dal francese sarebbe ‘se la corte di pecore
è sporca, questo non vuol dire carne di maiale’, e non è solo il titolo del
volume, ma anche di uno dei 24 capitoli tutti nominati con dei proverbi
africani che contengono la morale delle pagine che ci apprestiamo a leggere.
Il
prologo del libro, ambientato nella caotica e polverosa città di Cotonou (capitale
del Benin, nell’Africa occidentale), ci rende spettatori di una singolare scena
in cui un uomo e due donne, già conciati piuttosto male, rischiano il
linciaggio da parte di una folla di gente armata. I capitoli successivi ci
porteranno a scoprire l’identità dei tre individui e gli eventi e le cause che
li hanno portati a quella pericolosa situazione.
La
storia ruota attorno ad una valigetta contenente della cocaina, che il losco
Smain (detto l’Arabo) tenta di recuperare a tutti i costi. Sulla sua strada incrocerà
prostitute in cerca di soldi e vendetta, tra le quali spicca Sylvana (detta la
Tigre), Samuel Dossou Kakpo (SDK), un investigatore che cerca di sbarcare il
lunario, il commissario Santos e l’ispettore Kakanakou, che indagano sulla
morte di una ragazza.
L’autore
ci mostra il volto di una società decadente e corrotta in cui ognuno pensa
sempre e comunque ai propri interessi (anche a discapito di relazioni amorose o
d’amicizia) e in cui prevale la legge del più forte.
La narrazione
ha un ritmo abbastanza veloce, che si mantiene costante per quasi tutto il
libro.
Il
linguaggio di Coua-Zotti è crudo, diretto e infarcito di termini locali, tutti
raccolti nell’utile glossario che troviamo in fondo al volume. Le descrizioni
di luoghi e personaggi hanno un impatto visivo da film, come se stessimo
vedendo uno di quei gangster-movie con trafficanti di droga, prostitute, poliziotti
corrotti e non, e in cui ci scappa sempre il morto.
Non
posso dire che il romanzo mi sia piaciuto particolarmente, però è stato interessante
scoprire come le singole storie che coinvolgono i vari personaggi si intrecciano
fino a convergere in un’unica storia. La grande pecca è costituita dal fatto
che non ho trovato (o forse sono io che non sono riuscita a coglierlo) quell’umorismo
promesso dalla trama, la quale definisce il libro di Coua-Zotti come “un
romanzo pulp ed esilarante”. Ecco, sul pulp mi ritrovo d’accordo, ma sull’esilarante
no, se si escludono i simpatici proverbi/titoli e la frase che anticipa il
prologo: 'questa storia è così vera che l’ho inventata di sana pianta', per il
resto ho colto solo situazioni violente e grottesche in cui non ci ho trovato
proprio nulla da ridere.
“Non
sta al porco dire che l’ovile è sporco” è un libro scorrevole e ben strutturato
che può piacere agli amanti delle storie dai contenuti forti e un po’ sopra le
righe alla Quentin Tarantino, il famoso regista di film pulp.
Voto: 2 mele e mezzo.



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