Le librerie, quelle fisiche, intendiamo, i negozi in cui si entra, a volte anche solo per fare un giro tra i volumi o curiosare; sembra che abbiano ancora un ruolo cruciale nel mantenimento della buona “salute” del mercato editoriale.
È quanto affermano due ricerche di Bowker Market Research UK e Enders Analysis. Jo Henry, di BMR, ha sottolineato come le librerie rivestano una parte fondamentale nel cosiddetto book discovering, cioè nella “scoperta” di un libro da parte del lettore e magari futuro acquirente del libro stesso. D’altro canto, come ha fatto notare Douglas McCabe, per ciò che riguarda il mondo dei libri, l’impatto digitale fino a questo momento è stato meno rivoluzionario, se così si può dire, rispetto a quello sul mondo della musica o sui giornali.
Si pone dunque in essere una specie di dicotomia: da una parte gli store online, con le loro varie declinazioni, che offrono un livello di servizio superiore da più punti di vista. Dall’altra le librerie tradizionali, in cui si mantiene peraltro un comportamento di acquisto più propenso all’immersione fisica, all’apprezzamento di una libreria che tale si possa definire.
Stiamo parlando di dati e valutazioni relativi al Regno Unito, e non è facile misurare quanto una riflessione di questo genere possa ritenersi valida anche per il nostro Paese, considerati alcuni indici come il calo progressivo dei lettori, la considerevole disaffezione alla lettura di certi strati sociali, la quantità di case editrici.
E soprattutto considerando il fatto che il mercato degli e-book, in Italia, rappresenta, sebbene in forte crescita, ancora una nicchia. Siamo, comunque, ai primi passi di un grande cambiamento.
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