Non focalizzatevi solo sul discorso EAP.
Il 20 dicembre scorso è stato pubblicato un articolo molto interessante nel blog Sul Romanzo, scritto da Morgan Palmas. L’articolo si intitolava Case editrici a pagamento: un’indagine che rivela come trattano gli scrittori.
Perché ve ne parlo?
Per il semplice motivo che le reazioni a tale articolo, nella maggior parte dei casi, si sono accentrate quasi esclusivamente sul fattore delle case editrici a pagamento e non. In poche parole, la maggior parte degli autori, che hanno letto l’articolo, sono rimasti colpiti e hanno focalizzato la loro attenzione solo sui numeri inerenti la parte iniziale di un presunto rapporto contrattuale con un presunto editore a pagamento. Partendo dal presupposto che è proprio il contributo fornito dall’autore, quello che più interessa a chi si approccia al mondo editoriale e vorrebbe pubblicare, gli altri fattori trattati nell’articolo non sono assolutamente da sottovalutare, anzi, costituiscono la base degli esaurimenti nervosi a cui i malcapitati autori sono sottoposti dopo che, avendo firmato un contratto iniquo, si ritrovano a dover fare successivamente i conti con delle realtà alquanto sgradevoli, di non facile soluzione. Quindi, sediamoci un momento per riflettere su questi punti. Sediamoci e prendiamoci 5 minuti per comprendere, fino in fondo, quali sono queste realtà. Il problema non è trovare un editore che non sia a pagamento. Il problema non è nemmeno riuscire ad arrivare a comprendere bene gli articoli del contratto proposto, cercando di scovare le magagne. Il problema nasce DOPO aver firmato tale contratto ed essersi incatenati a una qualche CE.
Facciamo il primo passo. Quanto tempo pensate di impiegare nello scoprire se una CE è EAP o non lo è? Ve lo dico io, due giorni al massimo. La rete è ormai stra colma di informazioni in merito alle testimonianze rilasciate dagli autori su questo o quell’editore. La frequentazione di qualche gruppo serio di facebook vi porrà anche nelle condizioni di chiedere esplicitamente un parere agli altri iscritti. Quindi, questo NON è un problema. Un editore a pagamento non è un oggetto misterioso, il suo operato è noto a molti e le informazioni, in merito alle sue richieste, si possono recuperare con altrettanta facilità. Gli autori parlano, raccontano, vogliono poter dire la loro su come sono stati “gabbati” e sulla pessima esperienza che hanno vissuto. Ovviamente, per avere un quadro più realistico, sarebbe bene poter raccogliere più pareri possibili e fare una media, dal momento che il punto di vista di ognuno non è detto che debba essere condiviso anche da altri. Detto questo, arrivare a un contratto con un editore non è così difficile, dipende da quelle che sono le esigenze proprie e da quelle che sono le aspettative. Ed è a questo punto che sorge il punto dolente. Siete davvero sicuri di aver preso in considerazione tutto? Di aver realmente compreso in quale abisso di perdizione vi state cacciando?
Ebbene, sono convinta di no. E lo sono per le innumerevoli testimonianze che mi sono giunte in questi ultimi due anni, nei quali ho avuto modo di raccogliere diverse lagnanze, pressoché tutte uguali. Lagnanze che, per inciso, vengono spiegate perfettamente proprio nell’articolo di Palmas e alle quali pochi hanno dato la giusta rilevanza. La prima fra tutte: la distribuzione. La stra grande maggioranza degli esordienti si focalizza quasi esclusivamente su quel primo approccio dettato dal comprendere il discorso EAP. Una volta risolto questo, il neo autore tira un sospiro di sollievo e pensa di essere al sicuro. E invece si sbaglia! Eccome se si sbaglia!
Nel giro di sei mesi si accorgerà di non avere alcuna informazione sulle sue vendite, di non trovare i suoi libri nelle librerie promesse e di non sapere nulla su quanto ha “guadagnato”. Permettetemi di ridere… guadagnato? Lo sapete, vero, che non esiste alcun metodo efficace che può determinare realmente il numero di copie vendute? Nessuno, a parte l’editore, è in grado di stabilire quanto vi sia dovuto. E se l’editore fa lo gnorri… munitevi di un avvocato che sappia realmente il fatto suo e preparatevi a fare una guerra che durerà per un bel po’. Da questo si deduce che il rapporto autore-editore è basato solo ed esclusivamente sulla fiducia. Ma torniamo alla distribuzione. Il punto non è trovare il proprio libro sulle grandi piattaforme di vendita online, tipo Kobo, Amazon, Feltrinelli o IBS (tanto per citarne qualcuna), il punto è trovarlo nelle librerie previste da contratto. Diversi editori illudono i propri autori proprio su questo punto, sbandierando accordi distributivi (fantasma) o sventolando contratti con questa o quella catena di librerie… ebbene, prima di cantare vittoria e tirare un altro sospiro di sollievo, pensando che la Feltrinelli sotto casa vostra, la vostra preziosa opera ce l’ha… andate a verificare in un’altra città d’Italia, magari chiedendo a qualche amico su FB (e forse, per la prima volta, il social avrà anche una funzione utile). L’indagine condotta da Palmas, sempre all’interno dell’articolo sopra citato, è chiara, molto chiara, fin troppo chiara. L’illusione arriva al suo apice ed è talmente bene mimetizzata che le magagne non sono facili da scovare. Ed è proprio di inganno che stiamo parlando. Di mancanze contrattuali gravi e di situazioni ostiche, in grado di far venire il mal di pancia a chiunque. Pensateci bene, non solo avete dovuto combattere per non dover tirare fuori un euro per pubblicare, non solo vi ritrovate a non avere alcuna visibilità, perché il vostro editore non è assolutamente in grado di promuovervi, ma il vostro libro non è reperibile, fisicamente, quasi da nessuna parte… e allora come pensate di arrivare a un guadagno (sempre che possiate ottenere dei conteggi onesti)? Davvero, attraverso quale strano miracolo pensate di “vendere”?
Stiamo prendendo in considerazione un editore che non sia esclusivamente digitale. La distinzione dovrebbe essere ovvia, dal momento che un ebook, venduto ad esempio su Amazon, è visibile e se qualcuno lo compra sale in classifica e si vede. Ma se il vostro editore la versione digitale non la contempla e si arroga il diritto di stampare solo libri in formato cartaceo, facendovi credere che con questa scelta lui sì che è un vero editore, allora siete in un mare di guai. Avete idea dei costi che dovrebbe sostenere nel dover distribuire, in modo capillare, il vostro libro in giro per l’Italia? Certo che non ne avete un’idea, così come non siete in grado di comprendere che tutti i libri, che finiscono nelle librerie, sono destinati a essere cestinati se non vengono venduti. E questo non perché i librai sono esseri crudeli e privi di scrupoli, ma per un fattore fisico dato dall’usura. Le copertine si deteriorano se esposte ai fattori ambientali e si rovinano se prese continuamente in mano e sfogliate. I resti invenduti, anche se resi, non vengono più utilizzati! Quindi, un piccolo/medio editore una simile spesa NON se la può permettere, nemmeno se possedesse conoscenze in alto loco e fosse “ammanicato” con il Presidente della Repubblica. Questo è un dato di fatto. Chiunque dica il contrario sostiene il falso, sapendo, oltretutto, di mentire.
Quindi, non parlatemi di NO EAP come se fosse la condicio sine qua non per arrivare alla pubblicazione. Il contributo sborsato dalle vostre tasche è il minore dei vostri mali, quello che più facilmente si risolve. Il fatto di aver pubblicato gratuitamente non è garanzia di promozione e distribuzione e un libro che non viene promosso né, tanto meno, distribuito, è un libro destinato a restare sugli scaffali polverosi.