Le mamme di tutti i bambini – Intervista a Paola Pedrini

Creato il 04 agosto 2014 da Fedetronconi

Le mamme di tutti i bambini è un reportage di viaggio che  esce dalle solite rotte  turistiche del Kenya.  È un viaggio nell’umanità di questo paese, un’esperienza durata tre mesi in un villaggio a 120 km a nord  est di Nairobi. Spiega l’autrice, Paola Pedrini: “Non credevo che potessero succedere così tante cose in una  piccola missione sperduta in Africa, come a Ndithini. Cercherò di dare  il mio aiuto alla congregazione delle Piccole figlie di San  Giuseppe di Verona  che  operano qui da  vent’anni. E a questa gente che  vive in villaggi sperduti sugli altopiani kenioti, in questa terra rossa che  ti entra  nella pelle, terra calpestate da greggi di pecore e bambini a piedi nudi, terra dove  gli uomini abbandonano donne e figli, dove  la vita media non arriva a cinquanta anni, dove  la promiscuità sessuale e l’AIDS uccidono lasciando ferite indelebili a generazioni innocenti che  di colpa hanno solo quella di essere venuti al mondo. Se un buon  musulmano almeno una volta nella vita deve  recarsi alla Mecca, un buon  cattolico, o meglio ancora un buon  ‘essere umano’, almeno una volta nella vita dovrebbe venire a vede- re con i suoi occhi cosa succede in questi luoghi. Segue, alla fine del reportage, una serie di lettere scritte dalla missione durante un successivo soggiorno di sei mesi. Un periodo di tempo che  ha dato  vita a un progetto. Alla costruzione di un centro per bambini disabili che  abitano nei dintorni di Ndithini con  una  sala per la fisioterapia. Il progetto Rafiki Centre è sostenuto da  Domus Onlus e da  tante persone che  hanno deciso di aiutarmi perché mi hanno dato  fiducia e perché credono in quello che  sto facendo”.

Abbiamo raggiunto la scrittrice – Paola Pedrini –  per farci raccontare la sua esperienza in Kenya, da cui è nato questo libro delicato ed emozionante.

Come è nata l’idea per questo nuovo libro?

Prima del libro è nata l’esperienza, durata nove mesi ( prima tre e poi sei), in una missione nel piccolo villaggio di Ndithini che si trova a circa quattro ore di strada da Nairobi. Nei primi tre mesi ho scritto un vero e proprio diario di viaggio cercando di raccontare tutto quello che mi è successo, nei successivi sei mesi ho scritto una lettera alla settimana riassumendo le tante esperienze che ho vissuto. E’ durante questo ultimo viaggio che è nato un progetto in collaborazione con la Domus Onlus di Cavour (TO), con la quale collaboro, e le missionarie che lavorano sul posto. Si tratta della costruzione di un centro per i bambini disabili che abitano nei dintorni di Ndithini, bambini che sono tantissimi e che ora sono costretti a vivere segregati nelle loro capanne perchè non hanno nessun mezzo per muoversi e nessun posto dove andare. Ho seguito i lavori passo dopo passo e siamo riusciti a costruire un centro diurno, dove i bambini potranno venire e svolgere diverse attività socio-educative, e una sala per la fisioterapia e la riabilitazione. I lavori saranno ultimati all’inizio del prossimo anno.

E’ il reportage di un viaggio fatto in Kenia. Quanto “entra” l’Africa nell’anima dopo un viaggio come il tuo?

Non so se dentro di me ci sia più Africa o Asia, sono due mondi completamente diversi ma terribilmente affascinanti. Quello che so con sicurezza è che mi mancano tantissimo i bambini della missione, soprattutto i più piccoli con i quali sono stata più a contatto. Sono bambini orfani, abbandonati dalle famiglie troppo povere per mantenerli, sono bambini malati di AIDS o malnutriti. Sono completamente soli e hanno solo noi. E poi mi manca la piccola Nadia, una bimba della missione che ho adottato a distanza circa due anni fa quando aveva solo un mese. Abbiamo passato insieme tanti momenti, l’ho vista crescere, cambiare anche se per breve tempo, ero lì quando ha iniziato a camminare e a parlare. Ho vissuto emozioni forti che ti lasciano dentro le persone che incontri prima dei luoghi. I luoghi sono un contorno bellissimo, ma sono le persone che si attaccano al tuo cuore e non se ne vanno più.
Come mai hai scelto l’Africa per questa tua missione?

E’ stata l’Africa a scegliere me. Dopo tanti viaggi in Asia, circa due anni fa, ho deciso di aggregarmi a un gruppo dell’associazione Domus che partiva per due settimane per il Kenya. Ho visitato la missione per la prima volta, ho conosciuto i volontari, le sisters, la gente del posto e i circa 550 bambini che ospitiamo. Si è cretao un legame fortissimo che mi ha riportato per altre tre volte in questo posto, un luogo che a volte sa essere crudele ma dove si respira vero amore.


 

Nella foto Paola Pedrini

L’Africa ha in sé una contraddizione: tanto affascinante quanto crudele. Quali sono le bellezze e le crudeltà, a tuo giudizio, più evidenti?

A proposito di questo ti scrivo qualche riga tratta dal mio libro: “ Sono trascorsi solo due giorni e sento già la mancanza dei bambini. Presenze così piccole e fragili e per questo così imponenti, quasi ingombranti. Come ingombranti saranno i giorni che mi aspettano in Italia, così ansiosi e frettolosi, la giornate scandite da impegni inutili. Visi grigi e incazzati, insoddisfazione, rincorse alla realizzazione dei desideri, infiniti. Bramosia, invidia, vuoto. Conversazioni superficiali, rapporti fragili, rapporti insipidi. Virtuali anziché reali. Rapporti di gomma. Più ricchi, più magri, più tristi. Indifferenza, mancanza di carità. E mi ricorderò del tempo che qui non passa mai e quindi perde la sua importanza. Mi ricorderò della semplicità con cui si trascorrono le giornate a fare niente. Mi ricorderò dei sorrisi, della serenità con cui la gente affronta ogni giornata. Di come la gente si aiuti gli uni con gli altri, dividendo quel poco che hanno. Della luce del sole così accecante da illuminare ogni angolo di questo paese senza velare nulla.Mi ricorderò dei bambini e dei loro giochi improvvisati con niente. Degli sguardi dignitosi delle donne avvolte in kanga coloratissimi, delle ceste di frutta sulla testa e dei loro corpi agili e flessuosi. Della natura selvaggia e sconfinata, dei colori forti, l’odore dell’aria. Di come questa gente vive il momento presente. Attimo dopo attimo, non c’è passato, non c’è futuro, ma solo questo momento. E mi ricorderò di quella frase di suor Nadia che diceva “Paola, torna presto a girare le pagine della vita di questi bambini”.
Come è essere una mamma in Africa? E bambino?

Vivono entrambi in condizioni di estrema difficoltà. Promiscuità sessuale, violenze e abusi da una parte. Povertà, fame e malattie dall’altra. Il Kenya è un paese del terzo mondo con tutto quello che comporta essere tale. Il Kenya non è quello che ci presentano le riviste di viaggio, non è la località turistica di Malindi o la spiaggia bianca di Watamu. Questa rappresenta solo una piccola parte del paese, la maggior parte delle persone vive in condizioni di estrema miseria, le famiglie sono numerose, i bambini tantissimi e spesso malnutriti, le donne trattate come oggetti. A tutto questo si stanno aggiungendo attacchi terroristici e aggressioni che recentemente hanno colpito il paese nelle zone più turistiche. Il Kenya è un paese che ha bisogno di aiuto, non solo a livello economico ma anche di informazione e prevenzione.
Mi ha colpito molto la tua frase “come un musulmano una volta nella vita deve recarsi alla mecca un essere umano deve almeno una volta nella vita venire qui un Africa”. Ce lo spieghi?

Troppo spesso viviamo rinchiusi in campane di vetro, ci muoviamo in un metro quadro di mondo, andiamo troppo in fretta e non abbiamo tempo per gli altri, ci accontentiamo di conoscere realtà diverse dalle nostre solo attraverso riviste e televisione che ci fanno credere quello che vogliono. Credo che l’esperienza di un viaggio “umanitario” sia un’occasione bellissima che ci viene data per aprire il nostro cuore e la nostra mente, per scoprire quali sono i nostri limiti e le nostre risorse e quindi per quindi per conoscere realmente noi stessi. Aiutare gli altri è il modo più bello per aiutare se atessi. E’ per questo che penso che sia un’esperienza che andrebbe fatta almeno una volta nella vita.
Hai già pianificato il tuo prossimo viaggio?

Ritornerò in Kenya in ottobre per un mese con un piccolo gruppo di volontari per continuare a seguire i lavori del centro che stiamo costruendo. Poi ritornerò ancora in gennaio e mi fermerò per diversi mesi, cinque o sei. Nei periodi in cui mi troverò in Italia sarò impegnata con la presentazione del libro in diverse città.

Paola  Pedrini,  classe ’76, vive a Fiorenzuola d’Arda (PC). Giornalista e scrittrice, lavora nel mondo della comunicazione da  diversi anni. Instancabile viaggiatrice, si dedica negli ultimi anni alla scoperta dell’Asia, visitando Cambogia,  Vietnam,  Indonesia,  Thailandia,  prima  che  la  grande passione  per  l’India  la  porti  a visitare  cinque  volte  il paese delle contraddizioni, quel paese che  ti entra  nell’anima per non uscirne mai più. Dalla passione per i viaggi e per la scrittura nascono i suoi reportage. Con la casa editrice Polaris ha pubblicato “La mia India, pensieri in viaggio” (2011) e “Gli angeli di Calcutta, sguardi sulla città e sul volontariato” (2012). Dopo  diverse esperienze di volontariato in Italia e all’estero, a Calcutta in un centro fondato da  Madre  Teresa e in Kenya  con  l’associazione Domus Onlus, decide di frequentare un corso professionale per Operatore Socio Sanitario per lavorare e scrivere per il sociale.


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