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Le mani dei mafiosi sulle elezioni

Creato il 18 ottobre 2012 da Oblioilblog @oblioilblog

Le mani dei mafiosi sulle elezioni

Torino, Liguria, Lombardia, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia. Undici regioni, più di metà Italia. Con un allarmante minimo comune denominatore: la contaminazione elettorale da parte delle mafie. Voti di scambio e voti obbligati da intimidazioni e minacce hanno macchiato le consultazioni popolari di grandi centri e di paeselli. Uomini fidati dei boss si solo infiltrati nelle istituzioni espandendo il potere dei clan e arricchendoli deviando appalti e indirizzando finanziamenti in cambio delle preferenze.

Un fenomeno che non ha più distinzione territoriale ed è in espansione. Basti pensare ai comuni sciolti per infiltrazioni mafiose: oltre 200 dal ’91 con l’ultimo eclatante caso di Reggio Calabria.

Nevio Coral, Domenico Zambetti, Alessio Saso, Aldo Luciano Praticò, Venanzo Ronchetti, Ennio Ermini, Riccardo Izzi, Michele Piacciano, Gianfranco Chiarelli, Sebastiano Ferraro, Alberico Gambino, Luigi Scaglione, Franco Leone, Antonio Rappoccio, Santi Zappalà, Raffaele Lombardo. Sono questi i nomi dei politici attualmente indagati, processati, già in carcere o prescritti per reati quali voti di scambio, concussione, corruzione elettorale e associazione mafiosa. Un fenomeno soprattutto di destra, anzi soprattutto del PDL (8 appartenenti, 1 Forza Italia, 3 in liste satelliti) e che tocca la sinistra a causa di un caso nel PSI e uno nei Popolari.

I mafiosi sono persone disoneste ma intelligenti, con uno spiccato senso degli affari. Specialmente l’ultima ‘ndrangheta che vive ormai di rapporti politici. Non sorprende dunque che si sia radicata dove c’è la ricchezza, nel triangolo industriale Piemonte, Lombardia, Liguria.

Un voto costa 50 euro in media, ma può arrivare anche a 80 o 100 a seconda della Regione o delle condizioni dettate dai boss. Ma a volte al posto della x viene offerto un panino, un pasto caldo o il pagamento di una bolletta a chi ne ha bisogno.

Tre casi emblematici fotografano come agiscano i vertici delle criminalità mafiose e come la brama di potere dei politici sia un terreno fertile per illeciti e favori incrociati.

Volpiano, città di 15 mila abitanti in provincia di Torino, 6 giugno 2011. Si riunisce per la prima volta il Consiglio comunale: il nuovo sindaco è Emanuele de Zuanne, eletto in una lista civica vicina al PDL. Un intervento lascia il segno:

Con i soldi pubblici bisogna saper osare. Spenderli, ma senza rubare.

A pronunciarlo è Nevio Coral, sostenitore del Sindaco, eletto con il 33% dei voti, ex sindaco di Leini, un paese vicino, imprenditore conosciuto e politico noto nella zona. 

Due giorni dopo scatta a Torino l’Operazione Minotauro: la più voluminosa azione anti ‘ndrangheta nella storia del Piemonte. 191 indagati, 141 mandati di custodia cautelare, sequestrati a scopo preventivo beni per 117 milioni di euro. Le accuse del dossier sono le tipiche dei territori mafiosi: associazione a delinquere, detenzione illegale di armi, traffico di stupefacenti, gioco d’azzardo e riciclaggio. Tra le pagine anche il nome di un politico: Nevio Coral, accusato di concorso esterno e voto di scambio.

Coral viene intercettato più volte con il pluripregiudicato Vincenzo Argirò, originario di Locri e residente a Caselle Torinese. Al telefono parlano come se si conoscessero da tempo. Il 18 maggio di due anni prima si erano incontrati  nell’albergo Verdina a Volpiano, proprietà di Claudio Coral, il figlio. Nevio era alla caccia di voti per l’altro figlio, Ivano, candidato alla Provincia di Torino. Voti che vengono garantiti nella zona di Leinì, Volpiano e Borgaro Torinese. Ivano Coral sarà eletto e Nevio sa già come ringraziare l’artefice:

Quando le strade si fanno, i lavori si fanno, gli appalti vanno avanti… e innanzitutto prendiamo uno, lo mettiamo in Comune, l’altro lo mettiamo nel consiglio, l’altro lo mettiamo nella proloco.

Un seggio per tutta la famiglia.

Giugno 2011: gli agenti della DDA fanno irruzione nella casa di Michele Ciricosta, boss della ‘ndrina di Ventimiglia. Ci trovano biglietti da visita di alcuni esponenti politici locali, carte su misteriosi giri d’affari Italia-Germani-Stati Uniti-Emirati Arabi e alcune lettere di un ergastolano. Il manuale dell’ndrangheta del Terzo Millennio. Viene ritrovato anche un santino elettorale con dietro: “è andata tutto bene”, firmato Alessio Saso, consigliere regionale della Liguria del PDL eletto un anno prima con 6330 preferenze.

Secondo gli investigatori mille di quei voti sarebbero arrivati grazie alla collaborazione del boss ‘ndranghetista di Genova Domenica Gangemi e proprio di Ciricosta. Il primo contatto telefonico tra l’amministratore locale e il capo bastone risale al 28 novembre e lascia trasparire una conoscenza pregressa. Saso al telefono è chiaro:

Io sono una persona seria… sono una persona che anche dopo ci può contare… se uno mi chiede un lavoro, mi chiede un finanziamento.. do anche quello… eh… io sono sempre rimasto in buoni rapporti con tutti.

Il Comune di Ventimiglia è stato tra l’altro sciolto nel febbraio scorso perché diventato una roccaforte di famiglie mafiose. Stessa sorte per la vicino Bordighera a causa di pressioni sul sindaco e su alcuno assessori per ottenere l’apertura di una sala giochi.

Palagonia, in provincia di Catania. Telefonata tra Rosario di Dio, uomo d’onore dei Santapaola e Salvo Politino, direttore della Confesercenti etnea:

È inutile che viene per cercare voti perché voti non ce n’è più per Raffaele… quello che fatto io quando lui è salito per la prima volta… e siccome io ho rischiato la vita e la galera per lui…

Il Raffaele di cui parla il mafioso è Raffaele Lombardo, governatore dimissionario della Sicilia, accusato insieme al fratello Angelo, deputato MPA, di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio aggravato. Lombardo ha ammesso contatti con uomini dei clan, ma solo fortuiti e occasionali, nati da conoscenze politiche.

Nelle pagine dell’inchiesta Iblis che lo riguarda si legge che nel rione di Agrigento o di Catania si sarebbe esercitato un potere intimidatorio di massa, una sorta di voto di opinione mafioso, non rivolgendo la richiesta di voto a tizio o a caio, ma un clima di intimidazione per cui si sapeva che si sarebbe dovuto votare Lombardo, e nessuno avrebbe fiatato.

È così che consiglieri e amministratori vengono deviati dalla criminalità organizzata che sfrutta le loro debolezze e la loro sete di potere. Elezioni vengono invalidate, Comuni interi infestati. E il denaro pubblico viaggia veloce, dalle mani sporche alle tasche sbagliate.

 

Fonte: RE


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