Se c’è una cosa scolastica che alla ‘povna – che pure è animale notturno (e dunque a svegliarsi all’alba patisce un poco sempre) – piace particolarmente, sono le mattine del sabato. Nonostante la fatica di alzarsi presto, nonostante la pena di non poter tirare troppo tardi (o farlo a ogni modo, e pagarne le conseguenze a viso spiegazzato dopo, all’alba), nonostante tutto, per lei restano le ore più belle.
Le mattine del sabato, infatti, la scuola si svuota, improvvisamente. A casa restano le “casalinghe”, le prof-e-mamme da Don-Milani-santo-subito (quelle che “ho scelto questo lavoro per non avere niente da fare al pomeriggio”; oppure: “no che non mi posso fermare, devo portare il figlio a tennis”; oppure: “dai, sbrighiamoci a cominciare, che devo preparare cena”). E così, nei corridoi (già resi più contenti dal pensiero della festa imminente), restano coloro che non premettono sempre e necessariamente al lavoro la famiglia, la ‘povna, e gli ingegneri.
E – mentre il tempo scorre rapido, e privo di dinamiche – la ‘povna assapora la bellezza di una scuola che rinuncia alla sua maggioranza femminile, per un giorno. E pensa che questa sarebbe una ricetta da inserire in un nuovo modello educativo a mani basse. Perché, intendiamoci, non è che tutti coloro che stanno a casa il sabato siano per definizione insegnanti che rinunciano al loro lavoro come impegno (basta fare, per questo, i nomi, diversi, eppure uguali, per passione e intransigenza, di Mafalda e dell’Ingegnera Tosta). Eppure un legame sottile esiste, ancora oggi. Ed è quello che esprime lo sguardo intuitivo di Soldino, nel suo sorriso storto, mentre – appollaiati sui banchi – la ‘povna e i Merry Men si bevono il caffè delle otto meno un quarto, prima di incominciare la loro prima ora.
“Perché non siamo ciechi, e neanche sordi, noi, professoressa. Tutti a dire ‘manteniamo la scuola aperta il sabato’. Ma, chi sa perché, chi lo dice, poi, oggi se ne sta a casa per diritto – ‘ché io tengo famiglia’. Ed è comodo, così, decidere di fare l’insegnante. E invece io credo che chi fa questo lavoro, che a me sembra proprio bello, dovrebbe essere capace, almeno qualche volta, di privilegiare le esigenze delle classi e degli alunni; invece che – sempre e in ogni momento – venirci a parlare, come se fosse ovvio, solo e soltanto di mariti e di figlioli”.
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