Partiamo da un dato: il Salone del libro di Torino di quest’anno è stato da record. O così dicono le statistiche: un incremento del 3% di visitatori e un incremento fra il 10 e il 20% delle vendite non sono certo numeri da poco, e lungi da me voler fare piagnistei però…però.
Due questioni non possono essere ignorate a meno di non essere struzzi.
La prima è la stessa da tempo, e chiedo venia se lo ripeterò anch’io, ma abbiate un poco di pazienza. In Italia si legge poco e i dati Istat, davvero poco lusinghieri, ci dicono che nel 2013 la quota di lettori di libri è scesa dal 46% del 2012 al 43%, il campione definisce lettore colui il quale abbia letto almeno un, dico uno, libro nei 12 mesi precedenti, i cosiddetti lettori forti sono pochissimi. Nel 2012 una famiglia su dieci (10,2%) dichiarava di non possedere alcun libro in casa, il 63,6% ne aveva al massimo 100. In barba a Cicerone.
La seconda questione concerne i fattori geografici e non vi stupirò dicendovi che il Nord e il Centro surclassano nelle letture il Sud e le Isole.
Ora voglio sottolineare una cosa che mi irrita oltremodo: se Cristo si è fermato a Eboli le manifestazioni inerenti ai libri sono pure meno generose. Sì, va bene, guardandoci intorno troveremo qualche sparuto momento di reviviscenza, persino nomi noti che si donano a noi poveri meridionali in un convegno/reading/hounlibroinpromozione, ma quello che manca è l’interazione. E già, in un paese che non legge non è certo un supermercato del libro quel che manca, o una conferenza su questo o quell’autore. Il Salone, o anche Più libri più liberi a Roma, sono occasioni nelle quali la condivisione la fa da padrona, dove è possibile toccare, chiedere, discutere. Mi dico che se io -mettiamo- producessi wurstel, e in una data area geografica non riuscissi a venderne, avrei solo due scelte: o disinteressarmi a quell’area oppure, molto meglio, organizzare proprio lì una grandiosa riedizione dell’Oktoberfest con tutte le servole immaginabili.
Credetemi il Sud ha fame, e non di wurstel, ha fame di cultura, di bello, ma se tu mi abbandoni, se tu -editore- mi ignori, in base a quale principio dovrebbe crearsi affezione? Hai deciso di vendere i tuoi “wurstel” solo a Torino, liberissimo di farlo, ma non meravigliarti se mangio altro, e soprattutto non venire a piangere da me.
Per fortuna, in questo panorama non confortante, e proprio in una terra “isolata” per eccellenza, fioriscono meravigliose eccezioni. Orchestrata dalle due più influenti case editrici siciliane, Navarra e Sellerio, ecco Una marina di libri, dal 6 all’8 giugno: incontri, presentazioni, reading e discussioni aperte al pubblico in una cornice di rara bellezza, quale la sede della Galleria di arte moderna, a Sant’Anna della Misericordia.
Questo festival dell’editoria fieramente indipendente sarà inaugurato domani con la presentazione dell’ultimo libro di Andrea Camilleri, che ritornerà a Palermo dopo una lunga assenza. Ma, senza nulla togliere all’amatissimo creatore di un felicemente ventennale Montalbano, Una marina di libri non è solo un luogo di promozione della lettura con diverse anteprime nazionali, poiché saranno organizzate durante le ore del mattino attività con i bambini, mentre la sera i bellissimi spazi del chiostro, del cortile e della chiesa prenderanno vita grazie a reading, recital, dibattiti, proiezioni e spettacoli musicali. Senza che io ripeta informazioni già disponibili, troverete tutto il programma nel link al sito, e apprezzerete la qualità dell’evento (e potrete invidiarmi non poco perché io sarò li a mangiare arancini nella bella compagnia di Marina Finettino e Adriana Falsone).
Diceva Elvira Giorgianni, fondatrice della Sellerio:
Io lavoro e faccio i libri per cambiare la coscienza.
E sono certa che intendesse qualcosa in più dei wurstel.