Magazine Diario personale

Le mie auto

Da Aquilanonvedente

Vabbe’, avrete capito che questo è un momento particolare, in cui la mia povera mente vaga alla disperata ricerca di rimembranze e mo’ è il momento delle auto…

NSU Prinz

NSU Prinz

Allora, tanto per riagganciarmi al post precedente, per poco più di un anno dopo avere conseguito la patente ho guidato la NSU Prinz di mio padre.

Ora, è evidente che l’aspetto di questa macchinetta oggi fa sorridere, ma all’epoca era dotata di alcune soluzioni pregevoli. Attrezzata di un motore 600 cc. posteriore, con trazione posteriore e bagagliaio anteriore che, malgrado il serbatoio, era abbastanza

capiente. Gli interni erano spartani ma abbastanza spaziosi, soprattutto anteriormente. E poi c’era quella curiosa manopola che apriva i deflettori anteriori e che in tanti anni non si ruppe mai. La tenuta di strada non era un granché, soprattutto con l’auto a pieno carico. Una sera, mentre stavamo andando in discoteca in montagna, uscii di strada di netto. Per fortuna al di là del ciglio vi era un campo, perché se ci fosse stato un burrone, ora non starei certamente qui a raccontarvi queste facezie.

Alfasud III serie

Alfasud III serie

Nella primavera del 1980 arrivò la mia prima vera e propria auto. l’Alfasud.

Il modello che acquistai io (cioè, lo acquistò mio padre) era proprio quello della foto, anche nel colore: l’Alfasud terza serie, uscita proprio nel 1980. Era stato fatto un restyling della versione precedente, internamente ed esternamente. La mia era la versione 1200 5 marce, dotata di un motore a 68 cv. (la Fiat Ritmo 1100 sviluppava 60 cv. e la 1300 “soltanto” 65 cv.; la R5 di cavalli ne aveva 55) con il tipicissimo timbro Alfa.

L’assetto dell’auto era più basso rispetto alle altre; il volante a tre razze; il contagiri di

serie; i sedili in velluto e con il poggiatesta; i vetri azzurrati.

Posso dire senza ombra di dubbio che io entrai in simbiosi con quell’auto, che tenni per nove anni, fino al 1989. Accompagnò i miei studi universitari; le uscite in discoteca; i primi anni in politica; i lavori stagionali durante gli studi e poi i primi anni del mio lavoro “fisso”.

Quando vendetti quell’auto ci feci quasi una malattia. Io volevo tenerla come seconda auto, per mio padre, ma per lui era troppo grossa e preferì comprarsi una A122 usata.

Una notte l’Alfasud appena venduta fu la protagonista di un’avventura in un sogno che ricordo ancora adesso (ma che non racconterò, per non tediarvi…).

Citroen BX

Citroen BX

Deciso a sostituire l’insostituibile Alfasud, i miei genitori mi consigliarono di comprare una Giulietta, ma io testardo mi indirizzai verso l’auto peggiore che ho mai avuto: la Citroen BX 1600.

Quell’auto mi fece letteralmente impazzire. Anzitutto perché aveva un difetto nel motore che mai nessun meccanico riuscì a scovare e che faceva sì che la candela di un cilindro andasse regolarmente fuori uso dopo un paio di migliaia di chilometri; poi le sospensioni. L’auto si poteva abbassare e alzare a seconda dei casi, ma a me a un certo punto si guastarono tutt’e quattro contemporaneamente e spesi un occhio della testa per farle sostituire, anche se con pezzi usati. E poi, dulcis in fundo, la mia, pur essendo una versione con un sacco di optional, ma non aveva i sedili ribaltabili! Malgrado tutto, facendo i salti mortali (nel vero senso della parola) la tenni per sette anni, fino al 1996.

Verso la fine del 1996, stanco dei consumi della BX, mi rifugiai su un’utilitaria: la Ford Fiesta.

La Fiesta fu un’auto che svolse più che egregiamente il suo lavoro. Dotata di un brillante motore di 1200 cc. con 75 cavalli a iniezione,

la quarta serie era stata rinnovata negli interni e negli esterni. Aveva il climatizzatore, i vetri elettrici, i fari antinebbia, la marmitta catalitica, l’autoradio di serie che non dovevi più asportare in blocco per non fartela rubare, ma bastava staccare un pezzo nel frontale e senza quello era inutilizzabile.

E’ stata l’auto del mio matrimonio, dei primi lunghi viaggi verso sud o all’estero. E’ stata una macchinetta che in sei anni e dopo 130.000 chilometri non ha mai “subito” una visita dal meccanico, se non per i tagliandi programmati.

Era un’auto facile e docile da guidare, che mi ha lasciato un’ottima impressione della Ford.

Poi nel 2002, dopo la nascita della piccola, la Fiesta divenne un po’ strettina e allora mi buttai su una monovolume: la Renault Megane Scenic.

Renault Megane Scenic

Renault Megane Scenic

La mia era una 1600 a benzina. Ricordo che quando vi montai sopra per la prima volta, mi sembrava di guidare un camion, ma da quel momento capii cosa voleva dire “salire” su un’auto. L’assetto rialzato dava una visione dell’esterno diversa e completa. Gli interni erano spaziosissimi, seppure le dimensioni complessive dell’auto fossero abbastanza contenute.

Ricordo quando, appena comprata, la mostrai a mio padre e fu entusiasta della scelta che avevo fatto.

Anche quell’auto la tenni per sei anni e poi nel 2008, dopo che la mia famiglia era andata in frantumi, decisi, non so bene nemmeno io il perché, di cambiate auto e acquistai questa qua: la Suzuki SX4. La mia prima auto diesel, 1900 cc., scelta perché mi piaceva la sua linea ma soprattutto perché volevo un’auto che avesse la trazione integrale. Già, perché io ero e sono convinto che un’auto a due ruote motrici è come una persona che possa camminare su una gamba sola. in caso di necessità, volevo avere la possibilità di aggrapparmi al terreno con tutt’e quattro le ruote.

Suzuki SX4

Suzuki SX4

E’ un’auto che mi ha fatto tribolare tanto, ma che non ho la minima intenzione di cambiare, anche perché potrebbe essere l’ultima della mia vita. La Suzuki SX4 è la sorella gemella della Fiat Sedici: all’esterno sono praticamente uguali. Il motore diesel è Fiat, a sei marce, scattante. E’ un’auto che dovrà accompagnarmi per un sentiero impervio, ma spero proprio che le quattro ruote motrici mi aiutino a trascinarmi fuori dalla melma…



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