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Creato il 03 maggio 2014 da Pecchio @lapitwit

3 Maggio 2014

I discepoli di Emmaus (Lc. 24,13-35) sono i protagonisti di un episodio del Vangelo che si ripete un po’ ovunque anche ai giorni nostri.

Ciascuno di noi ha bisogno di prove concrete per credere, benché non ci sia più bisogno di credere dinanzi a prove concrete.

Credere è, infatti, proprio di chi si convince di qualcosa senza avere bisogno di prove concrete.

La sola fede in ciò che è avvenuto, quasi duemila anni fa, a Gerusalemme e che riguarda Gesù di Nazareth, la Sua passione, morte e risurrezione, non ci basta più.

Si è portati a credere, cioè, che questo evento appartenga al passato e, come quello dei discepoli di Emmaus, non si ripresenti più.

Si è portati a credere, cioè, che quanto avviene durante la celebrazione della Santa Messa non sia che una rappresentazione, come in un teatro, di ciò che è avvenuto duemila anni fa prima nel Cenacolo e poi sul Calvario, come se dopo la passione e morte di Gesù non ci sia stata nessuna risurrezione.

E’, invece, proprio a motivo della risurrezione di Gesù, al mistero della quale occorre credere per fede senza, perciò, esigere alcuna prova, che ogni volta che il Sacerdote celebra la Santa Messa si compie, proprio come sul Calvario e, tuttavia, senza spargimento di sangue, l’opera della nostra redenzione attuata da Gesù.

Ho detto, all’inizio, che l’episodio dei discepoli di Emmaus si ripete un po’ ovunque anche ai giorni nostri.

I due discepoli in cammino verso Emmaus siamo un po’ tutti noi, ciascuno nel proprio paese, quando, più per abitudine che per convinzione, ci rechiamo alla Santa Messa convinti semmai che è solo nella chiesa intesa come edificio che è presente Gesù mentre non ci accorgiamo che Lui è già presente nel passante che ci si accosta e cammina con noi.

E’ significativa, a questo proposito, l’espressione di un Santo che dice, più o meno:”Ho paura che il Signore mi passi davanti senza che io me ne accorga”.

Gesù che spiega ai due discepoli ciò che in tutte le Scritture si riferiva a Lui dovrebbe essere, oggi, il Sacerdote che proclama il Vangelo (benché, oggi, spesso, il Vangelo, di Domenica ed in altri giorni festivi, venga proclamato dal Diacono) e, poi, durante l’Omelìa, lo spiega ai fedeli.

Gesù che prende il pane, dice la benedizione, lo spezza e lo distribuisce ai discepoli dovrebbe essere, oggi, il Sacerdote che compie lo stesso gesto pronunciando le parole della Consacrazione.

La consuetudine, per ciascuno di noi, a recarci alla Santa Messa, nei giorni festivi e lo scarso buon esempio, la scarsa coerenza di alcuni Sacerdoti (che faccio una fatica immensa a credere che ciascuno sia un “altro Cristo”: mi viene da dire, a questo proposito, alla maniera di George Orwell:”Ogni Sacerdote è un ‘altro Cristo’, ma qualcuno lo è più/meno di altri!!!”) ci porta a non provare la stessa emozione dei due discepoliche, proprio a motivo di essa, esclamano:”No ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, mentre ci spiegava le Scritture?”

Mi arde il cuore nel petto mentre ascolto la Parola di Dio, la Parola del Signore, ma mi arde un po’ meno quando qualcuno me la spiega!!!

Luca Lapi


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