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Le mie recensioni: "ma che bella sorpresa", film non facile. leggerezza, malinconia e drammaticita' in sottile equilibrio

Creato il 03 aprile 2015 da Carloca

"Ma che bella sorpresa" non è l'ennesima commedia italiana "spuria" come tante, troppe, uscite di recente nelle sale della Penisola. Spurie, per chiarirci, in quanto non guidate da una linea artistica ben definita: commedie che si presentavano come palesemente "leggere", financo ridanciane, per poi perdere la bussola e deragliare, a secondo tempo inoltrato, verso un clima di stucchevole melassa sentimentale, quando non addirittura di drammaticità. Il fatto è che queste anime convivono anche nell'ultima pellicola di Alessandro Genovesi, ma la situazione qui è del tutto diversa: si tratta infatti di una scelta pressoché inevitabile per meglio rendere il complesso canovaccio narrativo di quest'opera, remake del film brasiliano "A mulher Invisivel", datato 2009. LEGGEREZZA DI FACCIATA - No, non è una commedia leggera, questa, sebbene la presenza di Claudio Bisio e Frank Matano nelle vesti di interpreti principali possa indurre a crederlo. Certo, c'è allegria, ma è un'allegria a sprazzi, persino un po' posticcia, utile a rendere più lievi i contorni di una vicenda sicuramente malinconica, per certi versi inquietante. Perché Guido, ossia Bisio, professore di liceo a Napoli, non riesce proprio a superare il trauma di un'inattesa separazione dalla donna amata (che sembra non sopportarne più la vita un po' monotona e gli eccessi di romanticismo) e finisce col crearsi la più classica delle amanti immaginarie: un viaggio cerebrale che diventa, in breve, un disagio, una vera e propria ossessione, una patologia. DISAGIO PSICHICO - Questa donna ideale (interpretata da Chiara Baschetti) si chiama Silvia (vago richiamo alla poetica leopardiana?), e nella testa e negli occhi del povero Guido diventa in carne e ossa: con lei parla, divide il suo appartamento, fa persino l'amore, ma il guaio ulteriore è che la questione non rimane rinchiusa fra le mura di casa. Guido "esce" con Silvia, la porta al ristorante, chiacchiera con lei per strada, con lei mangia un gelato sul lungomare. Insomma, una situazione mica tanto divertente, in fondo, anzi... Per quanto la vicenda si presti, in certi suoi eccessi, a dare spazio a siparietti ironici, è l'amarezza a dominare, quasi l'ansia per la salute di un uomo che rischia davvero una pericolosissima deriva mentale. REGISTRI DIVERSI - Va da sé che, in un quadro a tinte così contrastanti, trovare il giusto equilibrio nel racconto non era semplice. Genovesi si è infilato in un terreno minato, una commedia multiforme da maneggiare con estrema cautela. Ne esce tutto sommato a testa alta, grazie a una buona scrittura e alle doti camaleontiche del cast: che Bisio sapesse passare da un registro ilare a uno più serio era cosa nota (lo testimonia soprattutto il suo percorso teatrale), più sorprendente vedere queste trasformazioni in corso d'opera sul volto di Matano, riapparso in versione decisamente più convincente dopo lo scempio autunnale di "Tutto molto bello" by Paolo Ruffini (scempio come film in generale, non solo per la sua dimenticabile performance). POZZETTO E VANONI MODESTI - In un canovaccio così articolato, tutti camminano sul filo recitativo, riuscendo a non cadere: la comicità "dura e pura" dovrebbe essere delegata, nell'occasione, a due figure di contorno, gli ospiti d'onore Renato Pozzetto e Ornella Vanoni, i genitori di Guido; due anziani brontoloni, le cui schermaglie tuttavia non strappano più di qualche stracco sorriso. Sono comunque oasi di disimpegno che ci stanno, in un'opera ben costruita e che arriva alla conclusione senza perdere mordente, dopo aver sviluppato il proprio filo conduttore anche con alzate d'ingegno non indifferenti, in primis la bizzarra seduta nello studio della psicanalista, o anche gli "incontri" fra Silvia, la donna di fantasia, e Giada, la donna in carne e ossa, una casalinga napoletana, dapprima moglie insoddisfatta e poi vedova, la migliore "medicina" che Guido abbia a... portata di cuore: riuscirà il nostro tormentato prof ad assumerla, questa "terapia"? LODOVINI E BASCHETTI, FEMMINILITA' PROROMPENTE - Giada è interpretata da Valentina Lodovini, che con questo ruolo accresce vieppiù la sua immagine di nuova... maggiorata del cinema italiano: al di là delle forme, esposte maliziosamente ma con discreta parsimonia e senza alcun volgarità, rimane una prestazione di notevole spessore per uno dei volti rampanti della nouvelle vague tricolore: una recitazione costruita sapientemente anche sulla sua prorompente espressività fisica, per certi versi sulla scia della Loren degli esordi. Non dello stesso livello la Baschetti (dieci anni fa candidata, secondo i rumors, a presentare Sanremo con Bonolis, poi non se ne fece nulla), che del resto è una modella prestata al cinema: una prova piuttosto "scolastica", ma a parlare è soprattutto il suo corpo, come richiesto dalla parte a lei assegnata: l'incarnazione di una donna sognata, bellissima, statuaria, fedele, innamorata, addirittura con le stesse passioni e gli stessi interessi del proprio uomo. Sognata sì, ma tutt'altro che perfetta, per inciso: perché la compagna o il compagno non possono essere un nostro alter ego di sesso opposto... L'EX MONELLA - Si è rivista con piacere Anna Ammirati (la compagna di Guido - Bisio a inizio film), più matura e ancor più fascinosa rispetto agli esordi con Tinto Brass in "Monella", e che nel frattempo si è costruita un corposo curriculum attoriale, soprattutto in teatro. In definitiva, "Ma che bella sorpresa" supera un esame non facile, quello di raccontare una storia complessa (delusione d'amore e conseguente disagio anche mentale che rasenta l'anormalità, e anzi vi sconfina) trattandola con la giusta chiave di lettura, senza buttarla in caciara ma mantenendo comunque una sottile patina di leggerezza. 

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