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Le mie recensioni - "splende", il nuovo album di annalisa: easy listening di qualita'
Creato il 27 marzo 2015 da CarlocaSemplicità, immediatezza e orecchiabilità stanno riguadagnando terreno, nel panorama nostrano del pop "mainstream". E' un po' che lo sottolineo, la proposta complessiva del Sanremo ultimo scorso lo ha in larga misura confermato. E non c'è di che dolersi della tendenza, ché anzi si avvertiva il bisogno di un certo ritorno alle melodie di facile presa. Proprio l'Ariston, poche settimane fa, ha portato alla ribalta una Annalisa sempre più convincente, nel cavalcare l'onda easy listening. Il 2015 si presentava per lei come un anno cruciale: attesa al banco di prova del secondo Festival rivierasco, dopo il positivo esordio datato 2013 (con l'originale e ballabile "Scintille"), non ha deluso le attese. "Una finestra tra le stelle", fermatasi a un passo dal podio, ha fatto da apripista ad un album, "Splende", che ha il raro dono di non concedersi pause, di non scadere in episodi autenticamente non riusciti. E' un album che "tiene", sostanzialmente, dal primo all'undicesimo brano della track list. RADIOFONICITA' - E' chiaro: stiamo parlando, lo si accennava all'inizio, di musica ad uso e consumo "radiofonico", come si dice oggi. Sperimentazioni stilistiche e ricerca sonora non ce ne sono che in minima parte, in questo disco, e forse è un peccato, perché l'artista ligure ha i mezzi, sia vocali sia compositivi, per poter osare un tantino di più. Però, per il momento, va bene così: la canzone nostrana necessita di un rinnovamento qualitativo del suo repertorio "fischiettabile", e allora ben vengano le Annalisa e tutte le ugole che sanno restituirci la gioia della cantabilità, dei ritornelli che si fissano subito in testa e non ne escono più. "Splende" ha questo di bello, e non è poco: è immediato e orecchiabile dall'inizio alla fine. Ma non si tratta di melodie dozzinali, "buttate lì": ci sono arrangiamenti ben congegnati, c'è quel modo di costruire i pezzi "all'italiana" declinato però in chiave contemporanea, che sta rinverdendo i fasti della nostra tradizione leggera; c'è anche un'apprezzabile varietà nella strutturazione dei pezzi.
VARIETA' DI STILI - L'album è potenzialmente un serbatoio di singoli, a parte il pezzo sanremese e i due che hanno anticipato, l'anno passato, l'uscita dell'opera, ossia "Sento solo il presente" e "L'ultimo addio". La partenza è lanciata, con "Vincerò": è un inno all'ottimismo e alla positività, ma è soprattutto un brano senza cedimenti, convincente nella strofa, di fortissimo impatto nel ritornello, esempio ben confezionato di quel pop nostrano in salsa Duemila di cui si è appena detto. Poi la canzone che dà il titolo a tutto il lavoro: "Splende" offre una variazione sul tema, insegue un certo brio e indossa una veste vagamente dance, strizzando l'occhio a certi stilemi ritmici dei tardi anni Novanta.
KEKKO - Non annoia, la giovin savonese: con la terza traccia, "Un bacio prima di morire", cambia ancora rotta, e questa volta si affida a una costruzione quantomai classicheggiante, con pianoforte in bella evidenza, sapiente uso di cori, e grande apertura melodica sul refrain, per poi... affondare i colpi con "L'ultimo addio", ballatona old style. Di "Sento solo il presente", i fans conoscono tutto: è stata una delle canzoni più gettonate del 2014. L'impronta di Kekko Silvestre, autore "re Mida" di questi ultimi anni, si avverte chiarissima, nella poetica a tratti audace e nell'impostazione complessiva dell'opera, dal tono incalzante e a tratti solenne, con un possente sostegno orchestrale.
"Questo amore" è forse il passaggio meno convincente dell'album, anche se la sufficienza la strappa in pieno: anche qui siamo sul pop all'acqua di rose, senza rischi, ma appare più efficace la strofa che non il ritornello, tutto sommato abbastanza dimenticabile. Ci si riprende con "Una finestra tra le stelle", di cui non diremo, avendone già ampiamente tessuto le lodi in occasione del recente Festivalone, così come superfluo è soffermarsi su "Ti sento", una cover ben interpretata ma pur sempre una cover (genere verso il quale provo da sempre scarso entusiasmo): coraggiosa, comunque, l'idea di "spogliarla" di quegli arrangiamenti ultratecnologici che erano marchio di fabbrica dei Matia Bazar anni Ottanta.
ROCK E IMPRONTA CANTAUTORIALE - Di notevole spessore le restanti tre canzoni: "Niente tranne noi" sprigiona un certo vigore, forte di echi morbidamente rock, "Se potessi" è forse la più originale del lotto per tessitura e complessità sonora, con impronta quasi cantautoriale, sapiente uso di chitarre e percussioni e un buon impasto vocale nel duetto con Rapahel Nkereuwem, "Posizione fetale" ha un testo discretamente ispirato, è la più "orchestrata", al pari di "Sento solo il presente", ed esalta più di altre la consistenza e le sfumature della voce di Annalisa, che si sprigiona restando a metà strada fra accenti adolescenziali e piena maturità. Il giudizio finale, lo si è detto, è nel complesso positivo. Cosa manca, allora, per il definitivo salto di qualità? L'easy listening va benissimo, se portato avanti con perizia tecnica come fanno la Scarrone e il suo staff; magari, ecco, un po' di voglia di osare in più nella ricerca di strade compositive diverse e meno "commerciali", senza tuttavia snaturarsi. E azzardare di più nei testi, ancora acerbi in qualche passaggio. Ma le basi sono già ottime.
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