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LE MOLECOLE AFFETTUOSE DEL LECCA LECCA - di Francesco Consiglio

Creato il 03 settembre 2013 da Ilibri
LE MOLECOLE AFFETTUOSE DEL LECCA LECCA - di Francesco Consiglio LE MOLECOLE AFFETTUOSE DEL LECCA LECCA - di Francesco Consiglio

Titolo: Le molecole affettuose del lecca lecca
Autore: Francesco Consiglio
Editore: Ad est dell'equatore
Anno: 2013

Hai presente il sesso a quindici anni e il buco nero che rappresenta per gli adolescenti maschi?

 

In senso figurato, s’intende.

Ecco, se sei donna non hai idea dei preparativi che i ragazzi fanno per arrivare a quel momento in forma e non apparire novizi. Si vorrebbe essere scafati già al primo colpo, come se l’allenamento manuale surrogasse la pratica amatoria. Meschini noi.

Se poi ti chiami Cicco Pesce e tuo padre considera le donne al 99% prostitute, tua madre è timorata di Dio, e vivi in una regione dove hai voglia a dire che i maschi sono focosi: in Sicilia non si tromba, no no. Pensi che basti? Ancora un po’.

Se i genitori di Ciccio ritengono che il figlio abbia dei problemi, costringendolo a continue visite mediche nella Clinica Neurologica “La Quiete” sospettando una forma particolare di autismo, alle turbe adolescenziali se ne sommano altre. Non è un caso se a Ciccio muoiono tutte le fidanzate e ha un’amica immaginaria di nome Miou, che gli martella in testa come un’ossessione.

Ciccio non è asociale. Osserva, dice lui, piuttosto che straparlare con chiunque. È un discreto cinefilo, preferendo film d’essai o un’attrice come Charlotte Gainsbourg, figlia di quei due che avevano orgasmi a raffica nella canzone Je t’aime moi non plus, e che nel film Antichrist di Lars von Trier si recide il clitoride con una forbice.

Il titolo del libro è Le molecole affettuose del lecca lecca, e presumo che poco abbia a che fare con un detto di Einstein e molto invece con la pratica del sesso orale che piace tanto a Spinetta, che mentre ha l’orgasmo prende a pugni in testa il povero Ciccio. Ha ragione l’autore a fare considerazioni sul rischio di tumori del cavo orale legate a quel servizietto: Michael Douglas l’ha detto chiaro e tondo. La Zeta Jones non gli ha dato solo ormoni, al tapino, ma pure virus oncogeni.

Lo stile è palese e lineare. Non è Aldo Busi, per intenderci, che sa cos’è il bello scrivere ma lo applica a espedienti del cazzo. Perché non credo che esista nessuno che si fermi a un bar di una rambla a disquisire con una foglia caduta sopra a un tavolo del perché e del maccheccazzo del mondo senza incorrere nella ventura di essere caricato di forza e imbottito di Serenase per qualche settimana.

Il ritmo è sincopato, procede a scossoni come quando in fila tra le auto c’è il coglione davanti che spinge continuamente sul freno e ti costringe a rallentare anche quando la strada è libera, così che gli dici: “e vai, cazzo!”

Virgole, punti, punti, virgole, punti e virgole. Frenano un po’ mentre hai voglia di leggere tutto di un fiato. L’autore lo sa, ne scrive pure. Un vezzo suo, prosit.

Libro avvincente, con tratti di lirismo che ricordano Aldo Nove. Esempio:

“Ora mi sveglio, ho pensato, mi sveglio e scopro che ho sognato,

mi sveglio nel mio letto di Marina di Agrigento, sento mia madre

che dice: sono le otto e devi andare a scuola, sento il motore

della Fiat Uno di mio padre, ciao papà, sento uno di quei calori

tiepidi del sole di Marina di Agrigento, io gli voglio bene a mia

mamma, io gli voglio bene a mio papà, a Marina di Agrigento,

pure, io non mi rendo conto come ho fatto a odiarli tutti e tre, ora

mi sembra di non avere mai considerato il tempo limitato che ho

per amare, per amare mio papà, per amare mia mamma, il tempo

è poco, ora mi sembra di non avere mai considerato che la morte

prima o poi metterà fine alla possibilità di amare mia mamma e

mio papà, ora mi sembra di non volere più sprecare il tempo che

ho sprecato, poi finisce che mio papà muore, che mia mamma

muore e a me resta il tempo di maledire il giorno che sono andato

via di casa.”

Altro passo:

“Spinetta mi chiedeva: «Di che sa?».

Ma che ne so, ma che ne so. La fica di Spinetta emanava un

odore indecifrabile, né buono né cattivo, forse forse era sudore,

forse misto a gelsomino, a qualche tipo di lavanda, era dolciastro,

poi pungente, disgustoso, seducente.

«È un odore indeci…».

«Non smettere, ti prego».

«Ma come faccio a…».

«Lecca e non parlare».

«Come faccio a risponderti?».

E va bene. Me ne restavo zitto zitto, aspettavo, sottomesso,

rassegnato, di solito mezz’ora, mezz’oretta, poi arrivava, il

pugno in testa. Era il segnale che Spinetta stava entrando in

corto circuito. Cominciavano i sospiri, le contrazioni dell’utero,

i momenti di apnea, le urla bestiali che precedevano una raffica

di orgasmi. E di pugni. E di rimbrotti: «Perché ti eri fermato?

Potevi rovinare tutto. Non devi più fermarti, capito? Per nessun

motivo».”

Non è il sesso orale, che Spinetta predilige. Purtroppo è l’unico modo per provare piacere quando si è impossibilitati ad avere penetrazioni per disturbi della sessualità. Vaginismo è il nome.

Spero per l’autore che non ci sia molto di autobiografico nel contenuto, poiché un buon libro più che vero dovrebbe essere verosimile. Altrimenti immagino quanta sofferenza vissuta.

Il linguaggio spesso è crudo, elementare, ma non è mai volgare. Ogni cosa è chiamata con il suo nome. Il termine pene è bandito: si parla di cazzo. Punto e basta.

I titoli dei paragrafi sono alquanto originali, divertenti. Costituiscono una storia nella storia, come corollari attaccati alle righe sottostanti.

I sassolini che vengono disseminati qua e là, che preludono a colpi di scena successivi, sono posizionati ad arte. Basta raccoglierli tutti strada facendo per non rimanere di pietra quando la similitudine tra Ciccio e Stephen Hawking fa rattrappire i testicoli per lo spavento.

Lo confesso: questo libro mi è piaciuto tanto.

Penso che l’editore sia troppo piccolo, per questo libro qua.

  

  

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