C’è che il lunedì a volte compro il Corriere della Sera.
E c’è che a volte ci scrive Beppe Severgnini sul Corriere della Sera.
Io poi su Servegnini ho già manifestato la mia non totale simpatia.
Ma oggi dice delle cose giuste.
E le dice riguardo la manifestazione di ieri.
Che poi più o meno si ricollega al concetto di Five Million Club.
Cioè che sono grossomodo gli stessi, in questo caso le stesse, ad alzare la voce.
Il concetto espresso dal caro Beppe si può ricondurre ad un suo twitt di ieri pomeriggio:
«Se non ora, quando?» Capisco lo spirito, condivido il fastidio, discuto il metodo. Ancora piazze e slogan? E’ il XXI secolo, ragazze.
Anch’io come lui e come molti altri, credo che “Il corpo delle donne” non c’entri nulla.
E non c’entra nulla neanche il moralismo, il bigottismo, il puritanesimo, l’ indignazione o il maschilismo.
Lo sanno anche in bambini che Rita Levi Montalcini indossa dell’intimo diverso da quello di Nadia Macrì.
E lì sotto ci sono due mondi che non si incontreranno mai.
E dietro questi due mondi ci sono altrettanti modi di pensare, di agire e di giudicare completamente differenti.
Nessuno mette in dubbio questo.
Io discuto sul concetto di femmine alfa e femmine beta, di femmine assertive contro femmine passive.
Di corpo delle donne vs corpo delle troie.
Di Twingo contro Mini.
E proprio per citare ancora il mastro Matteo Bordone, vi segnalo un suo ragionamento estratto da un post che avrei fatto leggere ieri dai vari palchi delle varie città:
Io penso che un movimento femminile debba comprendere tutte le donne, comprese quelle quelle che fanno i pompini per soldi. Comprese quelle che puliscono per terra. Compresa anche mia mamma, che ha fatto sempre la casalinga, e non ha il PhD. Se stiamo parlando di diritti, di parità, dobbiamo pensare a una lotta che riguardi tutte le donne, la società intera, indipendentemente da titolo di studio, cretinismo eventuale, riconoscimenti internazionali o lavori scabrosi. Anche le imbecilli, per dire, devono figurare. Non possiamo delle donne prendere solo il lato della réclame, quello che cerca la performance, e poi sostenere che quella sia un’immagine realistica della donna contemporanea.
Se fosse passato questo concetto, ieri in piazza avremmo visto 30 milioni di donne.
Non so se l’immagine rende l’idea: 30 milioni di donne in piazza.
Avete chiaro o no, il concetto?
Non uno, ma trenta milioni!!!
Se solo fosse passato questo maledetto concetto tutte le donne d’Italia avrebbero gridato e rivendicato l’appartenenza ad un progetto comune contro il maschilismo bacchettone dell’ italiano medio in mutande.
Che mentre tutte (TUTTE) erano riversate nelle piazze, se ne sarebbe stato in mutande, appunto.
A casa. Al caldo.
Su un comodo divano.
Almeno per una domenica.
A guardare il campionato senza rotture di coglioni.
Magazine Pari Opportunità
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