Milano è una città che non si mostra, che che nasconde le sue bellezze.
Il passante distratto e frettoloso non getta neppure un'occhiata alle facciate dei palazzi che costeggia. Auricolari negli orecchi, occhi incollati allo schermo e dita che compulsano (perlopiù inutili) messaggi, in pochi gettano un'occhiata all'interno degli ampi atrii, oltre i cancelli.
Fatelo, scoprirete un mondo.
Oppure andate su google maps e osservate la città al massimo livello di dettaglio: scoprirete un'insospettato regno di verde, cortili, giardini, piccoli parchi ben protetti all'interno di antichi palazzi, chiostri di monasteri.
E perché lo scrivo qui?
Perché uno di questi chiostri, proprio in centro città accoglierà Nives, Tillde e i loro 5 figli:
Volete saperne di più su questa famiglia sotto sfratto dal Parco Trenno?
Allora leggete l'articolo che Elena Gaiardoni ha scritto per il giorno on line del 10-2-15
ve lo riporto pari pari qui sotto. Mi son piaciute troppo le sue citazioni paperesce per limitarmi a darvene un riassunto.
E tutti vissero felici e contenti. E scriviamolo questo finale da fiaba per Simona Rovigo con Nives, Tilde e i loro cinque figli, la famiglia di oche che da sette anni vive nella fattoria del parco Trotter.
Il prato all'interno del chiostro con tanto di laghetto dalla prossima settimana per volontà della Società Umanitaria diventerà la nuova casa delle «cacciate» dal Trotter. Le oche non dovranno andarsene da Milano e, visto il loro allure da fiaba grazie ai dipinti nei libri di racconti, potranno dare al luogo un nuovo fascino, soprattutto in vista di Expo, in occasione della quale Milano s'appresta a diventare una città a misura di natura.
«Simona è molto contenta. Oggi andrà a vedere il chiostro. Milano intera ha fatto un bellissimo gesto nei confronti di questi animali continuando ad ospitarli. Creare un distacco tra Simona e le sue oche sarebbe stata una vera ingiustizia» racconta Fabiana Cerisara, che da tempo aiuta l'amica ad accudire gli animali della fattoria. Fino ieri pareva che il destino della famiglia di pennuti fosse di emigrare fino a Bergamo, costringendo Simona a separarsi da quelle che ormai per lei sono diventate amiche per la pelle e solo al pensiero di questo distacco, ci sia un concesso un bisticcio di parole che serva anche un po' a scongiurare i tristi bisticci tra persone, le faceva venire la pelle d'oca. D'altronde già Konrad Lorenz, che attribuì all'oca l'intelligente fedeltà di un cane, scrisse che l'osservazione di questo animale ispirava nell'uomo la concezione di idee filosofiche.
Molteplici sono le storie del pensiero che vedono l'oca come protagonista. Gli ergizi raccontavano che Ammon Ra, dio di tutti gli dei, prima del tempo sorvolò le acque primordiali in forma d'oca, in questi vesti depose l'uovo primordiale e espresse il primo suono mai prodotto. Sempre in Egitto, quando saliva al trono un nuovo faraone, venivano lanciate in volo delle oche verso i quattro punti cardinali, per favorire la nascita di un nuovo corso e di un nuovo regno.
I romani affidarono alle oche il compito di vegliare in Campidoglio. Per i celti erano il simbolo dell'aldilà ma anche della grande Madre dell'universo Alfredo Cattabiani, studioso di religioni e di simbolismo, affermava che l'oca «è la manifestazione della grande Madre originaria, e fu chiamata anche la Madre dei Veda, creatrice della lingua scritta, dea della parola». Nella tradizione indù era l'animale cavalcato da Brahma. Nei paesi asiatici le oche accompagnano lo sciamano nei viaggi cosmici, quindi la tradizione moderna che le affida una nomea di stupidità è totalmente da dimenticare, soprattutto dopo gli studi di Lorenz.
Simona Rovigo è riuscita a scrivere una bella pagina, una pagina degna d'essere vergata con la penna d'oca nella storia del rapporto di Milano con gli animali.