E’ incredibile come una parola giusta possa nobilitare la sostanza becera, o comune, dei fatti.
Un po’ questo discorso lo affronta Galatea in un suo ultimo post, e non mi trova proprio d’accordo. Questa considera universalmente prostituta chiunque ceda la sua fortuna in cambio di qualcosa (per la carriera, per un buon voto ecc). Secondo me una visione del genere, è, ancora una volta, fallocentrica, perché automaticamente fa cadere nella fossa del torto la donna. Invece, quando avvengono questi scambi è l’uomo a cedere a una debolezza e la donna ad usare una sua arma che ha lo stesso valore dell’intelligenza o della preparazione, anzi, può esserne un corollario.
Mi rendo conto che potrei essere fraintesa. Questa sorta di scambio ha un valore, come sempre, se motivato (il 110 e lode della Minetti?). Se portato all’estremo abbiamo incapaci con borse di studio o con pensioni da parlamentari – ci abbiamo poi mai pensato che laddove le/gli incapaci sono ai piani bassi, ci sono incapaci ai piani alti?Utile può essere la lettura del Manuale della giovane mignotta II, cinico e sfrontato.
E poi, aggiungo: c’è qualcosa che non va a un livello intellettuale. E’ lecito che le donne intelligenti si mettano il profumo e si facciano le lampade. Il rischio di manifestazioni come quella di oggi è di creare un divario tra un certo tipo di intellettualità (fallocentrica, da vecchio partito) e quella un po’ più free, francese di stereotipo. Con la manifestazione però sono d’accordo, non vado di fino ed è giusto andare. Poi le considerazioni specifiche, su questo blogue.
Tant’è, il focus del mio post, in verità, è un altro. E’ mai possibile che dobbiamo cedere all’ampia gamma dei forestierismi per nobilitare la sostanza delle cose? Il tutto è trasversale. Tralasciamo il fatto che tutte le professioni, per essere degne di menzione nel CV, devono essere in inglese. Correttore di bozze, redattore? Editor. Redattore? Writer. Una chiamata di lavoro? Call. Una riunione? Meeting. Un colloquio? Intervista – o interview (questo sbagliatissimo).E nello sport poi, non ne parliamo. Tralasciamo che non si può più dire “vado a correre”, “vado in palestra”, ma rigorosamente “seguo il training da runner”, faccio un po’ di “work out”, faccio spinning. Divertente, è, a questo proposito, l’editoriale di G. Govi per 2night.it, sul jogging degli anni ’90. Però adesso si dice running. E lo si fa rigorosamente col contapassi, l’ipod, una schedule, draining pants. Il tutto in inglese.
E la puttana?
Oh che bello. Il bunga bunga e tutto il resto si sono prestati occasione di mille finerie del tipo.
Annozero, Paolo Mieli chiama “prostituta” la Macrì, la quale si offende e dice: “no, dica escort”.
Mieli si corregge. Ma non è automatico. Se volessimo essere precisi, la parola “prostituta” non specifica le modalità attraverso cui l’attività avviene. Non specifica se viene consumata in casa, se in un albergo, se in macchina, se in marciapiedi o se la donna è vestita con Hermès o con calze a rete di plastica e lurex. Prostituta significa solo che per una cifra, la donna si vende. Stop. Escort, accidenti, è così una bella parola che quasi quasi la vorrei piazzare sul mio cv. Maitresse e cortigiana, tra le mie preferite nell’arte del raccontare.