Delle Pavlove ho parlato il 30 maggio scorso in uno dei miei primi post.
Il mio blog aveva ricevuto il battesimo ufficiale il 17 ed ero quindi ancora leggermente in ansia nel momento in cui dovevo proporre una delle mie ricette. Da subito però avevo deciso che mi sarei sempre presentata così come sono, col mio modo diretto e personale di descrivere le ricette, con sense of humour e sì, una certa eleganza.
In quel post, delle Pavlove dicevo:
“Chiamatele spumiglie o meringhe, si tratta dello stesso stucchevole dolcetto che o si ama o si odia, ma che non lascia indifferenti. Sono circondate da un alone di misteriosa difficoltà circa la loro preparazione, una leggenda metropolitana che le vuole di problematica realizzazione. Non è vero: richiedono solo una certa attenzione e molta pazienza, perché si rischia di invecchiare aspettando di ottenere la cottura ottimale!
Una variante elegante e golosa sono le pavlove, dal nome della ballerina russa a cui un pasticcere australiano dedicò questo dolce di sua invenzione, infatti dovrebbero assomigliare a un tutù.
Le mie a volte assomigliano a dei nidi, altre alla cresta di un’onda anomala e solo raramente a un tutù. Dipende se uso il sac-à-poche o semplicemente un cucchiaio per creare dei gusci che possano essere poi completati a piacere.
La Pavlova è un dolce che si presta a infinite varianti: d’estate può essere riempito persino di gelato, oltre che di frutta fresca, ma la versione più classica e senza stagione prevede l’utilizzo della panna montata.”
Questo è quanto raccontavo allora. Ad oggi le cose non son cambiate.
Per preparare la meringa, destinata a diventare pavlova o meno, procedo sempre così: ad ogni 100 grammi di albume freschissimo unisco 100 grammi di zucchero a velo e 100 grammi di zucchero semolato e li monto a neve fermissima con le fruste elettriche.
Se vedo che sono in difficoltà, aggiungo un pizzico di sale e un cucchiaino di succo di limone, ma in genere non occorre.
Formo 6 oppure 8 “turbanti” sulla carta forno e cuocio a 110 gradi per almeno 3 ore con lo sportello del forno socchiuso.
I gusci non devono prendere colore.
Li lascio raffreddare completamente all’interno del forno e se non li utilizzo subito li ripongo nelle scatole di latta.
L’inverno scorso per esempio, ho utilizzato una salsa formata da mascarpone, Marronata (la dolce marmellata di marroni che ha origini veronesi), Cognac e cioccolato fuso e ho guarnito con panna montata, marron glacé e violette candite.
Adesso che è primavera punterei sul classico: panna montata e fragoline di bosco. Magari sul fondo metterei un mezzo savoiardo imbevuto di Alchermes, giusto per sorprendere proprio alle ultime cucchiaiate.
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