Censored
Da un dossier sulla libertà di stampa emerge il duro compito di chi lavora nell’informazione, bersaglio della malavita e dei governi. Sono 56, infatti, i giornalisti uccisi nei primi 8 mesi del 2010. A dirlo è l’Associazione Mondiale dei Giornali ed Editori (Wan – Ifra) nel suo rapporto annuale. Chi si occupa di informazione è costantemente soggetto a violenze e persecuzioni di ogni genere sia da membri dello Stato che da criminali e terroristi.
Il Messico è uno dei Paesi più pericolosi per i giornalisti a causa della guerra tra il presidente Felipe Calderon e i cartelli del narcotraffico. Ma in generale tutto il Sud America è ostile a chi lavora nei media.
Un clima avverso si respira anche in Africa e Medio Oriente, dove i giornalisti vengono spesso messi a tacere. Maglie nere spettano all’Afghanistan, al Pakistan e all’Iraq, Paesi coinvolti nella “guerra al terrore”.
Anche la vecchia Europa non è del tutto esente. «Un certa cultura della persecuzione, dell’intimidazione e dell’aggressione contro i giornalisti continua in alcuni Paesi dell’Europa e dell’Asia», si legge nel report. «Il largo uso di leggi offensive e il sempre maggiore numero di nazioni che propongono leggi che puntano a soffocare la libertà di stampa, in particolar modo nel nome dell’antiterrorismo, è molto comune».
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