Le polemiche sui manifesti anti-PM. Ancora una volta ci troviamo davanti a un reato di opinione?

Creato il 20 aprile 2011 da Iljester
20 aprile 2011 | Giustizia, Politica | Permalink

Il concetto è semplice. La magistratura è un potere dello Stato. Su questo non ci piove. E non piove nemmeno sul fatto che è un potere dello Stato intoccabile. Si può offendere il potere legislativo ed esecutivo. Si può sostenere che al Governo e in Parlamento ci sono i mafiosi e i corrotti. Si può dire che i deputati e i senatori (della maggioranza attuale, of course) sono principi delle corruttele, o che sono una manica di razzisti, ladri e addirittura puttanieri e pedofili, o peggio massoni delle varie P2, P3, P4 e via dicendo. Insomma si può dire di tutto della politica; a ragione o torto, si possono fare sui politici le accuse più disparate, che nessuno indagherà per il reato di cui all’art. 290 c.p. Avete mai avuto contezza di un’indagine per vilipendio del Parlamento o del Governo? Credo proprio di no. Io credo che pochi di noi conoscevano il reato prima della polemica suscitata dai manifesti attribuiti a Lassini.
Oggi però abbiamo conosciuto il «vilipendio contro gli organi dello Stato», e lo abbiamo conosciuto perché il predetto ha toccato le toghe. E conoscendolo, di fatto abbiamo appreso che le illazioni e le accuse contro i magistrati in Italia sono vietate… anzi vietatissime! Non è possibile nemmeno fare un manifesto provocatorio, perché altrimenti rischi un’indagine per vilipendio di un organo o un’assemblea della repubblica.
Trattasi indubbiamente di un delitto di opinione bell’e buono, la cui genesi «fascista» (del resto è una norma che risale proprio al periodo del regime) è evidente, e sul punto non mi dilungo. La scritta provocatoria che tutti conosciamo – e che personalmente nel tono e nel significato non condivido – mi è parsa infatti più una provocazione che un vero e proprio j’accuse calunnioso contro i magistrati inquirenti della Procura di Milano. E ragionandoci su, giuridicamente parlando, il reato in questione presenta effettivamente tutti gli elementi tipici del reato di opinione politica, evidenziando in modo lampante la vis polemica contro un certo modo di fare giustizia (Roberto Lassini, presunto co-autore dei famigerati manifesti, del resto, fu accusato ingiustamente proprio dalla magistratura milanese per un reato di tentata concussione, poi rivelatosi dopo cinque anni di processo e 45 giorni di carcere del tutto infondato). E d’altro canto, non sfugge che la scritta sia un po’ come quelle che si trovano comunemente sui muri contro gli organi politici, quali parlamento e governo, e che nessuno ha mai veramente indagato.
Orbene, se così è, mi chiedo: quanto è compatibile l’art. 290 c.p. con il principio costituzionale della libertà di opinione? E fin dove è opportuno che gli organi della Repubblica siano protetti contro le frasi «offensive» della cittadinanza? Qual è in altre parole il giusto equilibrio tra polemica e ingiuria o vilipendio, e perché la Magistratura è stata così solerte a indagare per il reato quando ha toccato i suoi membri, mentre rimane o è rimasta inerte quando le scritte hanno riguardato gli organi legislativo ed esecutivo?
Le risposte non sono né semplici né immediate. Però è chiara una realtà che è emersa in modo inequivocabile. I magistrati hanno un potere oggettivamente privo di alcuna garanzia di equità per il cittadino. Nel caso in questione – se notate – le toghe sono parte lesa (oggetti del manifesto vilipendioso), sono gli inquirenti che indagano (sul reato conseguente al manifesto vilipendioso), e se il procedimento andrà avanti (dipenderà dal Ministro Alfano, poiché trattasi di un reato per il quale è necessario l’okay del Guardasigilli), saranno persino i giudici che emetteranno la sentenza contro i presunti colpevoli (del manifesto vilipendioso).
Ditemi ora: dove sta la terzietà del giudice ex-art. 111 Cost.? E dove sta la funzione di promotore di giustizia del Pubblico Ministero? E dove sta la parità tra accusa e difesa e l’idea di un processo equo? Dove stanno questi princìpi, se il presunto colpevole o i presunti colpevoli alla fine verranno indagati e giudicati da coloro i quali sono stati oggetto della sua condotta colpevole?

Dai la tua opinione

Autore: Il Jester » Articoli 1379 | Commenti: 2235

Il Jester è un blog di politica, attualità, cultura e diritto online dal 2007.

Seguimi su Twitter | Pagina Facebook | Contattami

Tags: art. 111 cost., art. 290 c.p., Brigate Rosse, lassini, manifesti anti-pm milano, pdl, polemica lassini, procura di milano, terzietà giudice, toghe rosse, vilipendio organi repubblica, vilipendio organo giudiziario Potrebbero interessarti anche:
  • L’incoerenza del PDL. Ora Alfano invita a chi ha crediti con lo Stato a ...»

  • Nascita della “Tecnocrazia Cristiana”. Casini archivia l’UDC e ...»

  • L’Europa del malcontento. La Spagna affossa il Fiscal Compact e ...»

  • Le risposte ambigue della Severino su prescrizione e toghe rosse. Deriva ...»

  • GG

    questo però equivale a lamentarsi se il poliziotto a cui hai tirato una pietra viene da te e ti arresta. Ma come: non dovrebbe essere terzo? Certo. Ma se tu miri a lui, lui arresta te, non è che chiama i carabinieri.

    • Il Jester

      Ma il poliziotto è solo uno strumento. Lui ti arresta e ti porta davanti al giudice. E dunque è il giudice colui che sul tuo reato ha l’ultima parola. Non il poliziotto.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :