Il 4 marzo avranno luogo le elezioni presidenziali in Russia. Stando ai dati sull’opinione pubblica raccolti dal Centro Ricerche russo Wciom usciti il 5 febbraio scorso, se le elezioni si elezioni si tenessero oggi il 53% degli intervistati voterebbe Vladimir Putin, il 10% darebbe il proprio voto a Gennadij Zjuganov, e Vladimir Žirinovskij avrebbe l’8% dei voti, Michail Prochorov il 5%, Sergej Mironov il 3%; infine il 10% degli intervistati non andrebbe a votare mentre un altro 10% si è mostrato indeciso sulla scelta. Invece la Fondazione Opinione Pubblica, un altro centro statistico russo, riporta i seguenti dati: Putin 47%, Zjuganov 9%, Žirinovskij 9%, Prochorov 4%, Mironov 2%, astenuti 9%, indecisi 18%; l’1% strapperebbe il foglio elettorale. Cerchiamo ora di indagare qual è la visione geopolitica di ciascun candidato. Nella nostra analisi ci siamo basati sui programmi elettorali per le elezioni presidenziali e su quelli dei relativi partiti di appartenenza.
VLADIMIR PUTIN (1952, Leningrad – ora San Pietroburgo) è il
leader del partito
Russia Unita e Presidente della Federazione Russa (FR) dal 2000 al 2008; attualmente è il Primo Ministro.
Russia Unita è un partito centrista, pragmatico e avverso al radicalismo. Nel
suo programma elettorale Putin non si dilunga molto in materia di politica estera, dicendo solo che la comunità internazionale non può operare alle spalle della Russia poiché «la cooperazione internazionale è una strada a due corsie». Putin esprime il desiderio di muoversi verso la creazione della Comunità Economica Eurasiatica, che aprirebbe nuove prospettive per la cooperazione interstatale nello spazio post-sovietico. Egli si dichiara pronto a un confronto e a un dialogo costruttivo in materia di sicurezza collettiva, terrorismo internazionale e controllo degli armamenti militari. Tuttavia, Putin ammonisce che «azioni unilaterali dei nostri partner che non prendano in considerazione il parere e gli interessi della Russia» susciteranno una conseguente reazione da parte moscovita. Putin riconosce
il fatto che negli anni passati il Paese è cresciuto grazie agli alti prezzi del greggio e al potenziale industriale rimasto in eredità dall’URSS, per cui l’economia russa ha ora bisogno di essere rinnovata.
GENNADIJ ZJUGANOV (1944, Mymreno) è il Segretario Generale del Comitato Centrale del Partito Comunista della Federazione Russa (CC KPRF). Nel
programma elettorale del KPRF per le elezioni alla Duma, il Parlamento russo, svoltesi lo scorso dicembre, si dice che gli USA stanno conducendo una serie di guerre d’occupazione, quali quelle in Afganistan e Iraq, e le prossime vittime di questa politica di aggressione militare potrebbero essere
Siria e Iran. Nel programma viene criticato l’attuale Governo russo per aver permesso l’invasione della NATO in Libia. Si lamenta il fatto che negli ultimi vent’anni sono state cedute posizioni alla NATO e tra le priorità del partito vengono indicate la limitazione dell’influenza della NATO e l’impegno affinché il blocco euro-atlantico cessi di esistere. Allo stesso tempo, si accentua la necessità di rafforzare il ruolo dell’ONU. Si propone di ricreare una nuova alleanza tra i “popoli fraterni” dell’ex URSS a partire dall’Unione Doganale tra Russia, Bielorussia e Kazakistan, formatasi all’interno della Comunità Economica Eurasiatica (EvrAzES). Si vuole, inoltre, aumentare la spesa militare, rafforzare l’esercito russo e reintrodurre nel Paese il sistema educativo basato sul patriottismo. Il 16 gennaio è uscito il
programma elettorale di Zjuganov per le elezioni presidenziali, che in materia di politica estera riprende quasi integralmente il programma KPRF di dicembre. Una novità che merita di essere menzionata è quella relativa al rifiuto dell’ingresso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).
VLADIMIR ŽIRINOVSKIJ (1946, Alma-Ata, Kazakistan) è il
leader del Partito Liberal-Democratico (LDPR), oltre ad essere famoso per le sue battute e uscite che destano spesso clamore. Nella sezione dedicata alla politica estera del programma del LDPR, la politica degli
Stati Uniti e della Gran Bretagna viene accusata d’essere rimasta ferma alla Guerra Fredda, e cioè ad una politica volta alla neutralizzazione e all’isolamento della Russia. Per contrastare tale politica viene proposta una nuova alleanza tra gli Stati dell’ex URSS – e prima
di tutto tra Russia, Ucraina e Bielorussia. Inoltre, nel programma si dice che «la reale minaccia alla pace nel mondo non proviene né dall’Afganistan, né dall’Iraq né dalla Corea del Nord, ma dagli Stati Uniti». Si propone di unire gli sforzi tra i membri dell’ONU per la costruzione di un mondo multipolare, e per formare una commissione internazionale il cui compito sarebbe la supervisione delle attività degli Stati Uniti – sia valutario-finanziarie sia militari. Per il LDPR dal punto di vista geopolitico e militare la Russia rappresenta per l’Europa un alleato più naturale rispetto agli Stati Uniti, e quindi bisogna fare pressione sull’Europa affinché abbandoni la NATO ed entri in un’alleanza militare con la Russia. Però, d’altra parte, si vorrebbe chiedere all’UE di espellere dalla Paesi quali Estonia, Lettonia e Lituania a causa delle loro politiche discriminatorie nei confronti della popolazione russa. Per ciò che riguarda la Cina, il programma la indica sia come un potenziale alleato strategico sia come una potenziale minaccia alla sicurezza nazionale russa; per cui, pur sviluppando relazioni sino-russe all’insegna di una «cauta amicizia», bisogna tuttavia creare un sistema militare atto a difendersi da un eventuale attacco da parte cinese. Si propone, inoltre, di costringere
Pechino ad investire nell’industria petrolifera russa, usando come ricatto le esportazioni d’idrocarburi verso la Cina. Si vuole creare anche un’alleanza economico-militare tra i Paesi BRICS e quelli dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (OCS) e anche un’alleanza politico-militare tra la OCS e l’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC), che comprende Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan e Armenia.
MICHAIL PROCHOROV (1965, Mosca) è un oligarca russo dalla visione politica neoliberale il cui capitale ammonta a 18 miliardi di dollari. Alle elezioni presidenziali non rappresenta nessun partito in particolare, ma si propone come candidato ‘indipendente’. Aleksej Naval’nyj, uno dei
leader delle recenti proteste, l’ha accusato di essere «un progetto del Cremlino». Nel suo programma elettorale indica la massima integrazione economica con l’UE come direzione prioritaria della politica estera russa. L’intento è quello di formare insieme un centro geoeconomico con uno spazio economico comune e una moneta unica. Prochorov propone di abolire i visti di breve termine per i cittadini dell’OCSE e di facilitare loro la permanenza e il lavoro di lungo termine in Russia. Allo stesso tempo, vorrebbe introdurre i visti per i Paesi dell’Asia Centrale (Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) che attualmente non fanno parte dell’Unione Doganale. Il
businessman realizzerebbe la massima apertura del mercato russo alle compagnie occidentali, chiedendo però pari condizioni alle compagnie russe nei paesi occidentali. Infine, Prochorov propone una riforma del Ministero degli Esteri per ottimizzare il suo operato e una rielaborazione delle strategie della politica estera mediante la consultazione non solo degli esperti in materia, ma anche delle ONG.
SERGEJ MIRONOV (1953, Puškino) è il
leader del partito
Russia Giusta di indirizzo social-democratico. Nel programma per le presidenziali Mironov mette l’accento sull’inaccettabilità per la Russia di un mondo unipolare in cui le decisioni vengano prese aggirando l’ONU e i ‘forti’ manipolino nei propri interessi il diritto internazionale. La priorità nella politica estera va data ai Paesi CSI e al cosiddetto ‘estero vicino’ russo, quindi all’integrazione nello spazio post-sovietico allo scopo di creare una Confederazione tra gli Stati slavi in cui entrerebbero Russia, Bielorussia e Ucraina. Il programma, tuttavia, non dimentica l’importanza della regione Asia-Pacifico, quindi lo sviluppo delle relazioni internazionali all’interno della OCS, specie quelle strategiche con l’India e la Cina, ma senza dimenticare i Paesi dell’America Latina e in particolare dell’Africa. Per ciò che riguarda il blocco atlantico, bisogna «eliminare le ambiguità nelle relazioni tra la Russia e la NATO», si dice nel programma, e quindi insistere senza esitazioni sulle questioni quali la ratifica del Trattato CFE (Trattato per la riduzione e la limitazione delle forze armate convenzionali in Europa), aumentare la fiducia reciproca, sospendere l’avvicinamento delle infrastrutture della NATO verso i confini russi; infine, impedire il posizionamento delle armi offensive statunitensi in Europa.