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Le repliche di "cari amici vicini e lontani": autogol della rai. il bello di ieri a coprire il nulla di oggi
Creato il 30 agosto 2014 da CarlocaVai a capirla, la Rai. A volte sembra quasi voler farsi del male da sola. Nell'anno delle fantasmatiche celebrazioni dei sessant'anni della tv e dei novanta della radio, fantasmatiche perché sostanzialmente rimaste lettera morta, manda in onda nottetempo, nei venerdì d'agosto, "Cari amici vicini e lontani...", festa catodica allestita da Renzo Arbore nel 1984 per tributare uno sfarzoso e scanzonato omaggio alla radio italiana, che giusto trent'anni fa spegneva le sue prime sessanta candeline.
Un autogol clamoroso, plastica dimostrazione dell'inarrestabile declino dell'ente televisivo di Stato: che ripesca una trasmissione di oltre un quarto di secolo fa quasi a volere, con un po' di imbarazzo, tappare il buco di un vuoto celebrativo incomprensibile e inaccettabile, quello della doppia ricorrenza del 2014. Il tutto di ieri per mascherare il nulla di oggi: trent'anni fa uno show di altissimo livello per onorare una radio sessantenne, oggi lo zero assoluto o giù di lì, per una scadenza ancor più significativa. A meno che non si voglia tenere in considerazione lo stanco rito serale di "Techetechetè", in una delle sue versioni più noiose, dimesse, ripetitive. LEZIONE DI TV - Così siamo ridotti, e soprattutto è ridotta mamma Rai (ma mamma di chi, poi?): ha persino smarrito la cultura della memoria "attiva", intesa come uso in chiave moderna dell'immenso patrimonio delle Teche (poco e male sfruttate in linea generale), laddove una volta eccedeva persino, nella compiaciuta autocelebrazione. Si deve affidare a una replica in orario da vampiri, perché non è stata in grado di produrre alcunché in un'occasione in cui sarebbe stato doveroso mettere in piedi qualcosa di grandioso.
Doppio autogol, il ritorno sul piccolo schermo di "Cari amici vicini e lontani...", perché ha riportato alla mente di noi "anziani", e fatto scoprire ai giovani che vi si siano imbattuti, un modo di fare tv leggero, gradevole, elegante, mai volgare neppure quando ad essere protagonisti erano personaggi notoriamente "caciaroni" come Arbore e tutta la sua banda, perché ci vuole classe anche nel fare "casino". E' una lezione per tutti quelli che fanno televisione oggi, "Cari amici vicini e lontani": una trasmissione perfetta perché raggiunge un mirabile equilibrio fra grandiosità e sobrietà. E' una celebrazione ricca, con un autentico parterre de roi di ospiti onusti di gloria, eppure non perde mai il senso della misura, rimanendo nella dimensioni di una festa fra amici e per amici (i telespettatori, che all'epoca erano indubbiamente trattati con più rispetto). RICORDI E IMPROVVISAZIONI - Uno struggente spaccato di un'età dell'oro, che Arbore pilota con brio, maestria, rispetto dei tempi tecnici e giuste concessioni ai "fuori programma": gli ospiti, un nugolo di "mostri sacri" (Dorelli, Corrado, Monica Vitti, Sandra e Raimondo...) e altri meno conosciuti, intervengono, ricordano il loro contributo alla crescita della radio nostrana, e sovente improvvisano: Severino Gazzelloni accenna un assolo di flauto, i cronisti di "Tutto il calcio", pilotati dal compianto Alfredo Provenzali (il mio prof), si lanciano in un'ardita esecuzione di "Ma se ghe pensu", i protagonisti di Alto Gradimento, da Giorgio Bracardi a Mario Marenco, ripropongono personaggi rimasti nell'immaginario collettivo, Elio Pandolfi regala una lunga e imperdibile performance fra aneddoti, canzoni e macchiette. Poi tanta musica, coi pout pourri live dei grandi interpreti degli anni Quaranta e Cinquanta, da Carla Boni al Duo Fasano a Giorgio Consolini, artisti che proprio attraverso la radio hanno costruito la loro enorme popolarità. VOLTI GIOVANI FRA IL PUBBLICO - C'erano proprio tutti, trent'anni fa, a "Cari amici vicini e lontani...": il telespettatore di oggi può divertirsi a sbirciare fra il pubblico assiso ai tavolini fra drink, sigarette e camerieri, come nei primi Festival di Sanremo, proprio quelli trasmessi solo alla radio: vi scorgerà facce che nel 1984 avranno detto poco o nulla ai telespettatori, ma che oggi una visibilità ce l'hanno, eccome: nella puntata della scorsa settimana ha fatto capolino una giovane Serena Dandini, mentre ieri notte le telecamere si sono giustamente soffermate più volte su una splendida ventenne romana dai capelli lunghi e scuri: Paola Turci il suo nome, ma all'epoca nessuno lo sapeva. LA BANDA ARBORE - In questa trasmissione gioiello, pur presenti, risultano mitigati alcuni caratteri tipici dello stile "arboriano", quell'ironia leggiadra, semplice e a volte un po' surreale, e il tipico caos organizzato. L'occasione era solenne, non si poteva deragliare più di tanto. Ma l'eclettico anchorman pugliese è comunque circondato da quelli che, col tempo, impareremo a conoscere come suoi fedelissimi: nell'orchestra "Senza vergogna" c'è il buon Massimo Catalano, ma compaiono anche un Gegé Telesforo con tanto di baffi anni Trenta e un giovanissimo Stefano Palatresi, mentre Marcello Cirillo non si era ancora convertito al fiacco e monocorde tran tran dell'universo Guardì, immutabile nello spazio e nel tempo, e portava avanti la coppia artistica, inizialmente fortunata, con Antonio. Uno show - tributo riuscitissimo, firmato da un maestro del genere, due ore di tv vecchia solo come dato anagrafico, in realtà freschissima, snella, di buon ritmo, piacevolmente scorrevole. E non ci si venga a dire che si tratta solo di nostalgia fine a se stessa: c'è una scuola che si sta perdendo, a forza di ricorrere a format esteri di dubbia qualità; forse oggi il solo Carlo Conti sa mettere in piedi "in proprio" spettacoli di buon gusto, mai sopra le righe e in grado di non annoiare. Per il resto, la Rai preferisce sorvolare sui suoi compleanni e, magari, mandare in onda il sabato in prima serata una soap opera, come accaduto qualche mese fa con "Legami". Contenti loro, scontenti noi.
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