Realizzazione artistica di Luca Peruzzi
Le conseguenze, a distanza di un anno e mezzo,delle scelte di Napolitano, del PD e di Monti sono davanti agli occhi di tutti: l'Italia ora è realmente in macerie. Senza una maggioranza possibile in Parlamento, ancora con il Porcellum quale legge elettorale, con un'economia ulteriormente distrutta dall'austerità montiana. Le lacrime e il sangue imposti all'Italia – che trovano espressione in tutti gli indicatori economici (sulla povertà, sulla disoccupazione ed il ricorso alla cassa integrazione, sull'accesso dei giovani al lavoro, sul pil, sui consumi, sulla condizione dei servizi sociali, sulla produzione industriale, sulla chiusura delle aziende, sul mercato immobiliare, sulle sofferenze bancarie) – hanno prodotto unicamente il topolino delle azioni svolte e delle assicurazioni fornite dalla BCE di Draghi a garanzia della solvibilità del debito italiano, a fronte dello svolgimento dei 'compiti a casa', con effetti solo parzialmente positivi sullo spread ma perpetuando pienamente la logica distruttiva del liberismo finanziario. Si può presumere che da parte del PD, di Monti, di Napolitano vi fosse consapevolezza dell'azzardo politico che stavano conducendo e delle conseguenze dell'azione del Governo dei tecnici (il crollo dell'economia reale, l'esplosione del voto di protesta, la resurrezione di Berlusconi) ma unita all'illusoria convinzione che queste fossero in qualche modo arginabili e gestibili con la conferma del sistema bipolare del Porcellum e proprio attraverso il ritorno del baubau di Berlusconi. Lo straordinario successo elettorale del Movimento 5 Stelle ha sconvolto piani già consolidati (un governo PD-Monti che confermasse la fedeltà ai diktat europei provando ad attenuare - con "qualcosina" per i ceti medio-bassi - le misure di austerità) e spartizioni di poltrone già definite. La logica conseguenza del disastro attuale (una crisi economica senza precedenti, l'ingovernabilità, Berlusconi di nuovo incombente e dato per favorito in caso di nuove elezioni a breve) ed allo stesso tempo ineludibile dovere morale dovrebbe essere l'uscita di scena di coloro che ne sono i responsabili: Bersani, Monti e Napolitano. Bersani dopo lo scontato fallimento del suo tentativo di formare il nuovo Governo è in effetti già ai titoli di coda. Per quanto riguarda Monti e Napolitano, solennemente bocciati dagli elettori, è paradossale che restino ancora alla guida delle due funzioni politiche più importanti della nostra Repubblica. L'uno, Mario Monti, nella situazione di Presidente del Consiglio in prorogatio; l'altro, Giorgio Napolitano, che pretende a poche settimane dalla fine del suo mandato di poter essere ancora l'artefice ed il dominus degli equilibri politici e costituzionali italiani fino alla ridicola e indecente designazione dei dieci 'saggi' che dovrebbero scrivere la nuova agenda politica italiana per il presente e per l'avvenire. Giorgio Napolitano merita poi anche altre considerazioni. Come scrive Peter Gomez sul Fatto Quotidiano la 'soluzione' data all'impossibilità attuale di formare un nuovo Governo rappresenta il 'sigillo di un pessimo settennato'. C'è chi ha parlato a proposito della sua ultima decisione di 'golpe bianco' e c'è chi ne auspica la messa in stato di accusa. Di fatto Napolitano nello svolgimento del suo mandato si è ispirato a tre stelle polari, senza tentare di interpretare e rappresentare la reale volontà del popolo italiano: la difesa intransigente della partitocrazia (con “gli interventi a piedi uniti nelle indagini della magistratura”), la subalternità e la fedeltà perinde ac cadaver alla Nato e ai poteri finanziari sovranazionali che hanno portato alla fallimentare operazione Monti, la protezione, l'accondiscendenza ed il supporto fornito a Berlusconi consentendogli di superare in più di un'occasione le difficoltà in cui si era cacciato. C'è quasi da rimpiangere il Presidente eversore Francesco Cossiga che forse nella sua follia manifestava almeno i tormenti dell'anima e della coscienza. E c'è quasi da porsi l'irriverente domanda se le scelte di Napolitano possano essere state determinate da scheletri nell'armadio e da segreti inconfessabili. In ogni caso se persino per l'immutabile e tradizionalista Chiesa cattolica i cardinali perdono il diritto di voto e la possibilità di essere eletti al Conclave una volta raggiunti gli ottanta anni, sarebbe razionale, pur continuando a riconoscere laddove lo meritano ai grandi vecchi il ruolo di Padri nobili, che determinate cariche decisive per la nostra vita pubblica siano appannaggio di cittadini e cittadine nel pieno delle proprie facoltà fisiche e intellettuali.