Le riforme del mercato del lavoro,

Creato il 10 aprile 2012 da Pps @ppsposato
Era del tutto prevedibile che le prese di posizione, le precisazioni, le dichiarazioni delle organizzazioni sindacali, da un lato, e di Confindustria dall'altro, avrebbero ricreato il dubbio negli investitori sulla reale possibilità o volontà dell'Italia di arrivare a quelle riforme strutturali di cui ha bisogno il nostro mercato del lavoro.E' incredibile come politici, sindacalisti, opinionisti non capiscano o facciano finta di non capire che, inseriti nell'Unione Europea, le nostre sorti non dipendano più esclusivamente dalle decisioni della Merkel o di Sarkozy, ma dalla credibilità che proiettiamo sui potenziali investitori nel nostro paese, siano essi imprenditori od operatori finanziari.
Possiamo discutere quanto vogliamo se sia giusto o meno, come dice l'Onerevole Ferrero, essere condizionati da un aggregato di poteri forti nazionale ed internazionali, che, attraverso operazioni sui nostri Buoni del Tesoro, ci allontana o ci avvicina al baratro del default.
Il fatto é che i nostri vicini certe riforme strutturali della Pubblica Amministrazione del mercato del lavoro, del sistema pensionistico le hanno già fatte e non accettano di mettere a rischio la loro situazione economica perché paesi come Grecia, Italia, Portogallo e Spagna vorrebbero non farle o realizzarle su tempi molto lunghi.
"“Le riforme del mercato del lavoro sono fondamentali per l’Italia, e non è una sorpresa che Monti abbia difficoltà a raggiungere un accordo su di esse”, ha detto Marc Ostwald, strategist di Monument Securities Ltd. a Londra. “Ha già dovuto fare molte concessioni e il mercato obbligazionario reagisce con palese preoccupazione a qualsiasi notizia negativa”, ha aggiunto.
Sta di fatto che oggi il differenziale dello spread è risalito praticamente a 400 punti quando prima del 20 marzo era sceso a 278 punti.
Quello che poi fa ancora più rabbrividire è il fatto che tutto lo scontro si è focalizzato sull'articolo 18, quando, per contro, volendo fare delle critiche non ideologiche al disegno di legge sulla riforma del mercato del lavoro, bisognerebbe discutere se e come potrebbe risolvere quelli che sono veramenti i nostri ritardi strutturali.
Oscar Giannino, nel suo Affondo su Panorama n. 14, riporta quale è l'indice di competitività del paese Italia così come eleborato dal World Economic Forum; se è vero che nel complesso occupiamo la 43° posizione sui 142 paesi scrutinati, siamo al 123° posto nel mercato del lavoro, al 134° per la flessibilità dei salari, al 126° per le politiche di assunzione e licenziamentoe al 125°per il reddito dal lavoro nella sua proporzione tra salario di produttività su quello complessivo.

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