La rissa da osteria è alla fine un diversivo. Essa mette in mostra la qualità disperante di un ceto politico che cerca di spacciare per responsabilità la propria sopravvivenza. Assistiamo impotenti al dispiegarsi di una straordinaria mancanza di idee, alla volgarità del linguaggio, alla protervia delle bugie, a una miseria ideale che non ha eguali. E tuttavia questa rappresentazione di nullità in cerca di autore e di autori in cerca di nullità, mentre fa crescere il disgusto nel Paese, nasconde dietro il volare degli stracci la drammatica situazione del Paese ormai alla deriva.
Proprio in questi giorni di offese razziste di sapore vetero ottocentesco, di sfacciate menzogne sul mercato dei rifugiati, di carognate sociali come quelle dell’Expò che mostrerà al mondo non solo la potenza delle mafie, ma anche la pochezza di nostro sistema imprenditoriale che riesce a vivere solo di insulti al lavoro e di caporalato legalizzato, proprio in questi giorni dicevo, viene nascosta sotto il tappeto di queste schifezze la polvere della verità, le notizie e i segnali che indicano l’avanti tutta sulla rotta verso la Grecia.
Il fatto per esempio che il governo Letta sia riuscito a superare tutti i record in fatto di debito pubblico, arrivando ad aumentarlo di 33,4 miliardi nel solo mese di maggio. Che tale debito si componga in parte di un declino delle entrate fiscali, ma soprattutto di spese per i meccanismi europei che continuano ad imporci una crisi senza via d’uscita: in quattro mesi 2,9 miliardi per il Mes, e oltre 4 miliardi per l”European Financial Stability Facility che dovrebbe aiutare i Paesi in crisi, ma che invece li salassa in vista di una loro resa definitiva ai diktat della Bce e dell’Fmi. Diktat che ormai non hanno alcun senso economico come lo stesso Fmi proclama, ma solo un segno politico reazionario.
Il fatto che il rapporto annuale dell’Istat, pur nelle edulcorazioni di rito statistico liberista, mostri un aumento inarrestabile sia della povertà assoluta che di quella relativa: alla fine del 2012 il 6,8% delle famiglie erano “povere in assoluto” mentre il 12, 7% giacevano in povertà relativa. Sostanzialmente quasi dieci milioni di persone (in aumento) che vivono gravi o gravissimi disagi. Ma niente si pensa e si fa per affrontare la situazione, anzi si riducono drasticamente i servizi, colpendo ulteriormente le fasce popolari aumentando così l’area della miseria effettiva, che trabocca dal vaso sempre più drammatico di disoccupazione e sottoccupazione.
Anzi si mette in scena un patetico balletto di rimandi, di false vittorie e di concettini anni ’80, perfettamente corrispondenti all’intelligenza di governanti che vanno dall’archeologia, all’antiquariato, al modernariato: un mercatino delle pulci, quanto alle merci, un suk quanto all’atmosfera. E la rissa alla fine si rivela un vantaggio, perché distoglie l’attenzione dalla sostanza di ciò che ci attende, dal furto di salario, futuro, diritti. Il licenziamento di 25 mila dipendenti pubblici in Grecia, imposto da Bruxelles, dalla Bce e dall’Fmi, è solo il trailer della storia italiana che ci attende.