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Le scarpe affamate dell’Africa

Creato il 25 giugno 2010 da Massimo

Ci sono libri che appena li prendi in mano e inizi a leggerli ti piacciono subito e allora non è il caso di parlarne più. Parliamo invece degli altri libri, quelli che superato un certo momento dopo le prime pagine non sai ancora se è il caso di andare avanti o lasciarlo lì perché non ti convince.

Per convinzione intendo ad esempio quella di quando torni a casa – ma anche al mare, dal barbiere, sull’autobus – e sai di avere quella storia che ti appassiona e non ricomincia finché non arrivi tu, perché ti aspetta e allora tu arrivi, fai le tue cose, poi riprendi a leggerlo e magari anche se sei stanco dopo sei stanco ma contento.

Poi c’è un altro momento, quello che avviene quando si supera il momento precedente, in cui ti rendi conto di averlo proprio superato quel limite, come se prima era un momento triste e ora tutta la tua vita ti pare luminosa, e anche quel libro, che da quel punto ha cambiato marcia, e sei sicuro che indietro non tornerà più anche perché la retromarcia non ce l’ha.

Le scarpe affamate dell’Africa

Lui è Adam Zameenzad. Non sono riuscito a trovare un'immagine più piccola.

Non credo di essere riuscito a rendere bene l’idea che avevo in testa. Ad ogni modo con “Il mio amico e la puttana” romanzo di Adam Zameenzad, (scrittore di origini pakistane cresciuto nell’Africa dell’Est, già autore del bel romanzo “Una splendida donna biancaMarcos y Marcos editore) è successo proprio quello che non sono riuscito a spiegare prima.

Nelle pagine iniziali faticavo ad entrare nella storia e nel personaggio – un bambino nero di 9 anni per molti versi simili al Momò della “La vita davanti a sé” che con ingenua ironia e leggerezza, ci guida attraverso uno sperduto paese martoriato dalla povertà e dalla guerra, un paese così distante dai nostri narrato con tale apparente distacco e delicatezza che ti viene voglia di non lasciare più quel ragazzo e i suoi compari fino alla fine del libro, perché vuoi seguirli in tutte le loro scalcagnate avventure fino all’ultima, di cui non posso rivelare nulla, anche se prima di leggere questo romanzo ho fatto l’errore di leggere il commento di uno stupido che mi ha rivelato il finale e mi ha tolto tutta – l’amara – sorpresa.

Le scarpe affamate dell’Africa

Il frutto arancione della fame blu

Se lo prendo gli tiro il libro in testa. Fortunatamente non vi riserverò lo stesso trattamento, mi limiterò solo a dire che il romanzo è ambientato in un posto dove la gente mangia poco e ha a malapena le scarpe dunque se vi piacciono le storie di bambini che anche se vivono in Africa senza scarpe e senza cibo ma nel fango e la miseria della morte riescono comunque a trovare un sorriso nel cammino, fate voi i vostri conti.

Fate i vostri conti nel senso che per volontà dell’autore tutti i provenienti dalla vendita del libro verranno devoluti a favore degli aiuti contro la fame in Africa, se non fosse che come spesso accade in questi casi il libro, Giunti editore, è fuori catalogo e nessuno lo ristampa più.

Cara Casa Editrice Giunti, starai mica leggendo? E tu Marcos y Marcos? E Le Bolle Blu?

Dalla dedica in prima pagina:

Alla memoria di Mammina Walters e dei suoi cinque bambini: quello senza nome, BB, Benjamin, ET e Chu Chu, tutti morti entro sei mesi dalla morte di lei. Anche per Itsy e la piccola Charlotte. Possano i loro corpi rendere la Terra più fertile per gli affamati.

Nella speranza che, a un certo stadio della vita sul pianeta, nessuno, uomo o donna, debba sperimentare la vergogna di scrivere un altro libro come questo.

 *** nota a margine ***

Le scarpe affamate dell’Africa

Se prima eravamo in tre a ballare l'alligalli

Devo mio malgrado fare un postscriptum: nelle ricerche eseguite prima della pubblicazione del presente articolo, ho spesso notato il nuovo libro di Adam Zameenzad, del 2009, dal titolo “Sotto un cielo di spiriti” senza mai farci troppo caso.

Poi per scrupolo ho controllato meglio: la trama è la stessa della mia edizione del 1994. I nomi dei personaggi pure. Il traduttore (Rosa Rita D’Acquarica) anche. Cambia solo il titolo.

Mi rimangio tutto: mi sa che l’hanno ristampato.

Meglio così, vorrà dire che mangeranno un po’ di più anche in Africa, se volete contribuire pure voi.



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