Magazine Cultura
Che cosa è stato A testa in sud?
Per tre giorni, a cavallo fra agosto e settembre (avrò ripetuto le date migliaia di volte a chiunque, da due mesi a questa parte), in un periodo rischioso perché ancora – di strascico – vacanziero, in un paese che di turistico non ha che la Cattedrale (peraltro bellissima, ma non inserita in circuiti di visite guidate e promozioni del territorio), per tre giorni di questi tempi e in questi luoghi si è registrata una altissima affluenza ad un festival letterario.
Se non siete stupiti, vi invidio, perché significa che dalle vostre parti un lettore non è raro al punto che il libraio sappia additarvelo, fra tutta la popolazione, con sicurezza. Per Acquaviva delle Fonti (BA), vi assicuro, non c’era da scommettere che a nomi di richiamo accorressero numerosi. Allora mi sono resa conto dell’errore di fondo. Da anni sento ripetere che qui siamo “all’anno zero”, e che “il paese è morto”, ma in realtà – suggerisco – erano i contenuti a mancare. Se da anni si ripropone il solito spettacolo in vernacolo dalla risata sganassona e il contenuto inesistente, se le uniche feste ben organizzate sono quelle a sfondo culinario, allora forse non è il pubblico ad essere insensibile alla cultura ma l’offerta “culturale” ad essere fortemente orientata verso il basso. Le associazioni, numerose, non hanno una chiara idea di cultura che vada oltre le buone intenzioni dello statuto: tutto potrebbe rientrarvi.
Superata l’introduzione (su cui Morgan è libero di far calare il “machete editoriale” paventato da un certo D. F. W.), credo sia importante parlare dei contenuti. Le testate locali on line, infatti, hanno misteriosamente omesso un qualsiasi giudizio sugli argomenti discussi, e se hanno fatto il nome di un partecipante è solo perché stavano tagliando-e-incollando il comunicato stampa. Sarà che diventare giornalista pubblicista è un po’ troppo facile e fa gola a molti?
Sì, i contenuti (basta con le polemiche, che diamine!).
L’argomento della prima giornata era il giornalismo d’inchiesta, e il dibattito, moderato da Lino Patruno (già direttore della «Gazzetta del Mezzogiorno») è stato interessante e difficile da gestire. Troppi invitati (nostra culpa) e troppi argomenti: l’Ilva di Taranto di Foschini, la ‘ndrangheta milanese di Carlucci, i segreti di stato su errori NATO (Lannes), i finanziamenti ai giornali (Lopez) e, catalizzatrice di attenzione, la questione meridionale secondo Aprile. In realtà la meridionalità è stato il filo conduttore delle tre serate (il titolo del festival lo suggeriva) e senza autocommiserazioni da popolazione vessata, ma con positivo spirito di rivalsa: riguardo all’educazione (argomento della seconda serata) si è posto l’accento sugli interventi positivi volti ad arginare l’inserimento dei ragazzi in clan o giri poco raccomandabili (è intervenuta anche Antonella Lattanzi).
Ma non lo nego: la terza serata è la mia preferita. Tre editori, tre autori, un editor e il responsabile di una rivista, il tutto meridionale per collocazione geografica ma non per intenti. Si è parlato di letteratura “dalla Puglia” e non “pugliese”, e di necessità, per gli editori, di essere imprenditori ma considerando la particolarità del “prodotto” in vendita. L’intervento dello scrittore Cristò ha sollevato l’interesse di molti perché ha schiettamente messo a nudo le responsabilità degli editori-stampatori, ha difeso l’e-book paragonandolo all’mp3 e ha suggerito molta cautela sull’idea di un Rinascimento culturale pugliese (cautela condivisa da Stefano Savella di Puglialibre).
Bilancio: dolori muscolari acuti e lividi (è il caso della mia “socia” Maria Grazia Bonavoglia) per allestimenti e disallestimenti, ma grande soddisfazione per essere riuscite a creare le “scintille” con pochi soldi e tanto impegno.
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