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Le sfaccettature dell’Arte nel panorama siciliano

Da Agueci

(Volentieri pubblico l’articolo inviatomi dall’amico Ing. On. Ferdinando Russo)

Incontri di Stefano Lo Cicero

Vivono in Sicilia, nella Regione ove finisce l’Europa perVitaliano Brancati e con la passione delle Arti, poeti, storici, letterati, musicisti, pittori, scultori, registi, attori, scenografi, illuminati critici d’arte, e tra questi Stefano Lo Cicero, che nasce nel 1934 a Palermo nella borgata di Vergine Maria all’Addaura e non trascura alcuna dimensione artistica.(1).

Lo ritroviamo oggi a Palermo, negli incontri di artisti, nelle mostre e negli eventi culturali, dopo un confronto con l’arte europea, che ha avuto nelle città della Francia, della Germania, della Svizzera, raccogliendo successi e stima.

Spesso molti poeti e pittori siciliani sono autodidatti, per difficoltà, per scelte, per vocazioni libere ed autopropulsive e non curano le apparenze, l’immagine e ricordo alcuni dei così detti, ma impropriamente, minori : Ridulfo, Lo Piparo, Leone, Giardina, Chiaramonte, Vitale, P. Pappalardo, Adragna, Bonfiglio, N. Romano, M. Germanà, P. Cataldo, F. Messina.

Tutti sono amati nelle città dove riescono ad esporre o a pubblicare le loro opere, impresa, comunque, non facile, se non per i più ardimentosi che si improvvisano organizzatori, curatori di opere antologiche ( es. I Nuovi Salmi, CNTN di G. Ribaudo e G. Dino).

Costoro non vanno scoraggiati, ma compresi nella loro inventivae nelle loro proposte, a volte superiori alle potenzialità richieste .

Giuseppe Tomasi di Lampedusatestimonia come anche il suo Gattopardo fu respinto dal corregionale Vittoriani, poichétalvolta sono le origini isolane che danno fastidio ai critici ed ai recensori, se le opere provengono dalla Sicilia.

Solo “Cu parti arrinesci” , mentre chi resta nell’Isola ha il marchio della insularità, del provinciale, del terrone, del mafioso (o dell’antimafioso), ma Stefano Lo Cicero, non ha avuto paura della sua fedeltà alla Sicilia, non ha abbandonato il suo rifugio creativosul lungomare dell’Addaura, senza mai trascurare il confronto e la sfida con la cultura mitteleuropea.

E poi i Siciliani, anche se talvolta con qualche pizzico di gelosia e consapevoli, fatalisticamente, che nessun poeta o artista in genere è in patria riconosciuto facilmente tale, hanno svolto comunque una doverosa azione promozionale per gli artisti cresciuti solo per le naturali doti e i talenti creativi, pittori e compositori, scultori e scrittori, direttori d’orchestra, registi, storici, poeti.

Si sono salvati in pochi: un poeta Quasimodo, ha portato la zagara a Milano, uno scrittore, Consolo, è ricorso a Milano con “Il sorriso dell’ignoto marinaio”.

C’è poi la constatazione che chi è nato nell’Isola non può dimenticare di essere siciliano e non può dimenticare il dialetto, se vuole essere autentico, anche quando per motivi di lavoro è costretto ad emigrare in tutte le parti del mondo che ospitano chi, per bisogno o libertà, è costretto e non solo nell’area mediterranea ad essere nomade.

Camilleri smentisce l’asserto e così Pirandello, Guttuso, i grandi sfondano, ma quando emigrano, fanno tesoro del vasto patrimonio, spesso sommerso, in cui sono vissuti .

Pirandello andò in Germaniae Guttuso abbandonò la sua Bagheria, con i limoni delle sue contrade,

i teschi della mafia, i colori della Vucciria, per trasferirsi a Roma.

Giambecchina è rimasto condannato a Sambuca di Sicilia, con i suoi contadini, con i forni a legna come il concittadino letterato Navarra, dalle novelle tanto care a Sciascia, Benedetto Messina nella sua amata Monreale, che gli ha dato i natali, tra dimenticanze e riconoscimenti per le scuole dell’arte che ha voluto e Luciano Messina ha dovuto attendere i riconoscimenti dei poeti greci per essere maggiormente amato nella sua Castelvetrano-Selinunte .

Silvana Grasso, per lanciare e promuovere i suoi romanzi, si è mentalmente trasferita a Milano, ove ha studiato sua figlia, conseguendo lusinghieri successi al Nord, ma non ha dimenticato Gela ed ha inventato Bisacquino .

Simonetta Agnello Hornby vive dal 72 a Londra, ma ha dovuto ricordarsi, nella residenza inglese, che nella sua Siciliasi raccolgono le mandorle per ottenere il successo internazionale con la “Minnulara,” e che a Palermo c’è sempre “Via XX Settembre”.

MatteoCollura (Agrigento 1945), giornalista culturale del Corriere della Sera, vive a Milano ed il suo primo successo letterario è legato a “Il Maestro di Regalpietra –Vita di Leonardo Sciascia”, un siciliano che non ha dimenticato il grande scrittore dell’Isola del novecento.

Sciascia si è salvato (con un salvacondotto di militanza politica, con la sua appassionata ricerca di verità e con la scoperta del cinema ), ma non Bufalino, Mazzamuto, Lauricella, Valenti, Borgese, Russello, A. Fiore, A. M. Ripellino, C. Samonà, S. Di Marco, G. Sommariva, A. G. Marchese, Piazzese, E. Giunta e tanti altri che affollano la ricca intellettualità dell’Isola.

Ed anche Tornatore ha dovuto prendere la via dell’esilio, fino a quando non ha riscoperto la piazza di Palazzo Adrianoe i ragazzi di Chiusa Sclafani, tra i quali Totò Cascio, il bambino prodigiodel primo Oscar con Cinema Paradiso, mentre il richiamo dell’Isola con “L’uomo delle stelle” e “ Baaria “ non l’hanno rigettato tra i registi provinciali.

Antonino Lo Presti sembra avere sognato per la Sicilia un museo naturale per sollecitare i Musei tradizionali della Regione e quelli diocesani e privati ad esternare i loro patrimoni sepolti a un pubblico più numeroso ed internazionale, senza centesimare le ore di apertura per la fruizione delle opere possedute ed intanto, quasi profeticamente, per ospitare il futuro presidente della Regione Crocetta con la voglia antica rivendicazionista e popolare dell’Isola con le negatività, talvolta sovradimensionate,ma anche con le sue bellezze.

Lo Presti hacreato così il suo Parco “Fiumara d’Arte “, l’atelier del mare ad indicarne il richiamo della Sicilia, come Museo all’aperto e come lo era il disegno di Ludovico Corrao a Gibellinanel Belìce, al suo 46 anniversario dalterremoto, e come può diventare il Centro storico di Palermo, se Ludovico Orlando unirà fantasia ed utopia alla concreta riqualificazione dei servizi e dell’accoglienza.

Nell’Isola dai tempi operativi lunghie dalle opere d’arte nascoste nei cassetti o nelle case dei privati e degli artisti o nei magazzini delle Sovrintendenze (quando le opere ivi censite saranno portate a conoscenza di chisaprà valorizzarle ?), Stefano Lo Cicero è cresciuto nella borgata di Vergine Maria, tra Palermo e Mondello. A quindici anni scriveva già versi in dialetto siciliano, ma dovrà attendere gli anni cinquanta per iniziare a dipingere “un figurativo accademico di maniera,” scrive L.Rizzo Del Bosco (1).

Il Nostro sarà riconosciuto, più tardi, artista poliedrico, universalmente dalla critica locale e nazionale, dopo quasi mezzo secolo di vita artistica (da autodidatta), ma non ha voluto abbandonare lo studio “Lo Scoglio”, sito a vista sul mare dell’Addaura, quel mare, tanto amato dagli artisti ma non da tutti i siciliani, che conserva l’annuncio ed il segreto della fine del giudice Falcone.

Ivi Lo Cicero continua a vivere con creature informali che affollano la sua voglia creatrice, quasi impaurite di nascere in una terra ricca di sole e di bellezzee di donne ed uomini non tutti riconoscenti all’Isola che li ospita e chiede amore e valori umani da rispettare come prossimo.

Il critico Alfio Inserra presentandola “Cuda di Dragu” (2 ) trova nell’amore di Lo Cicero per la Sicilia uno dei riferimenti primari per la sua arte…e da operatori intellettuali, da artisti, da docenti, da critici, da cittadini dovremmo tutti apprendere ad amare di più la nostra Sicilia, per servirla per la crescita della suacomunità umana.

Per queste motivazioni Stefano Lo Cicero lo incontriamo nei pomeriggi dedicati all’arte organizzati dall’Ottagono Letterario, da Matta, Rampolla, N. Romano, Bagnasco, Scurria, Crisafi, T. Romano, Adragna, Bonfiglio, Balletti, come negli eventi culturali proposti dalle Librerie San Paolo, Macaione o nei saloni degli alberghi, intraprendenti, nella Cripta di S.Giorgio dei Genovesi dell’UCAI, nella Galleria 71, presso l’Archeo Club, l’Emiro Arte, l’associazione culturaleThulee l’Asla e nelle altre sedi di cui è ricca lacittà di Palermo.

Una città, che non teme la quasi assenza di sponsor per onorare i suoi figli titolati o non, dotti o autodidatti, ma comunque sinceri cultori della ricerca, anche disperata e logorante della verità, nelle espressioni artistiche, ispirate dalla bellezza dell’Isola e del suo mare, dalla storia millenaria, dalle tradizioni, dalle relazioni multiculturali e spesso dalla fede nella trascendenza,che possono non renderli ricchi ma orgogliosamente liberi.

Così ancora il coetaneo poeta Pino Giacopellici ricorda come il Nostro è stato ispirato da quel mare dell’Addaura, vicino al quale l’artista palermitano ha scelto di vivere per ascoltarne il respiro: “la to vuci / da di luntanu junci / a purtàrimi la paci “.

E Mazzamuto, lo scrittore più manzoniano della Sicilia, che ci ha lasciato senza sapere se i suoi romanzi avessero varcato l’Oceano, affidandoli a Tornatore per parlare al mondo della dignità della persona umana di NewYork o dell Zendi Palermo, traccia uno dei profili interpretativi della complessitàdell’arte di Lo Cicero, che dall’osservatorio privilegiato della Sicilia coglie le peculiarità dell’arte e dell’umanità travagliata del suo secolo e dei tanti secoli che la precedono.

Scrive infatti il critico e letterato Mazzamuto: (1) che l’opera “enciclopedica “ di Lo Cicero, ci riporta “alla molteplicità vocazionale e operativa dei nostri umanisti e rinascimentali”, il cui prototipo, dopo Leon Battista Albertie Leonardo Da Vinci è, senz’altro, Michelangelo scultore, pittore e poeta. E per non peccare di orgoglio siculo l’arte del Nostro gli appare : ”una ben riuscita reviviscenza di impressionismo e simbolismo (per non dire surrealismo) se non gli manca mai la condizione per così dire anatomica della figura, il che rinvia all’impianto individualistico di un Manet, ma non gli basta alla sua esigenza interpretativa del reale da affidareal simbolo, al sogno, a qualcosa di indefinito e di indeterminato, com’è oggi l’universo fisico e antropologico, un universo carico di mistero e di insofferenza, di cui egli si fa carico e cui sembra persino dare uno slancio, sia pure adombrato d’utopia e di speranza”.

I cataloghi, di cui Lo Cicero si arricchisce con i suoi anni, sono colmi di attestati (Sanguinetti, Mogol, Mercuri, Civello, Selvaggi, Falossi, Bargellini) e di premi per le presenze espositive nelle città d’Italia(Milano, Pavia, Firenze,Ferrara, Genova, Napoli), ed in quelle estere (Parigi, Dusseldorf, Munchen, Frankfurt, Zurigo).

Nessuna meraviglia se ritroviamo a presentare le sue opere, tra i critici del Nostro, gli intellettuali più vivaci ed intelligenti del suo tempo (Gerbino, Aquila, Cappuzzo, Muccioli, Bonaviri, Guttuso, G. Cottone, Chinnici, T. Romano, De Rosalia, Zinna, Siciliano, C. A. D’Elia, P. Hamel, M. Freni, P. Longo, N. Romano, U. Zingales, T. Rubino, P. Giacopelli, gli artisti più presenti nei circoli culturali e nel citato Associazionismo palermitano.

L’umiltà e la coscienza dell’artista Lo Cicero, sempre meno insuperbito del successo, riemergono nella lirica, che fa da prefazione al suo catalogo antologico, che mi consegna, con una immeritata dedica:”con trasporto d’amicizia e grande stima”, scrivendo di riconoscermi, a suo dire, ”quale simbolo di vita e di pensiero” (come è difficile conoscere negli altri quello che uno vorrebbe essere o lo è già, come è nella facoltà profetica ed introspettiva degli artisti, se amici disinteressati, sono mossi alla ricerca di riferimenti possibili, comuni, in qualche modo testimoniati o descritti tali).

Nella prefazione(1) il Nostro, perché nell’Isola letteraria di Pirandello e Bufalino non siano altri a svelarne solo l’”apparire” , si autofotografa, come oggi fanno i giovani con gli IPad, e si confessa: “Come granello di sabbia / arenato nel greto della vita, / l’anima mia / dall’arte attinge / l’origine incompiuta. / E gli estuari del pensiero, / ai tremuli raggrumi / dello spirito / ignari/a voragini / dilatano silenzi.”

Da autodidatta, infine, controfirma la sua autobiografia e rivela tutto se stesso in “Dentro di me ho scrutato / abissi senza fondo; / ho visto ilsangue / ribollire di rabbia / e tra sfere parallele / la mia anima / affogare in verticale. / Ho visto altari / divelti da tempeste / e in trasparenza / angeli ignudi / sferzati da demoni /. Ho visto uomini / azzannarsi come belve / madri rinnegare i figli, / piangere bimbi / tormentati dalla fame. / Ho visto bufere / oscurare il sole / incendi devastare chiese. / Ho visto muraglie abbattute / cani randagi / mordere mendichi / occhi piangent i/ e mani tremanti / chiedere aiuto. / Dell’uomo ho visto / orrore e miseria, / nell’abisso di un momento / ho visto me.”

Questo è l’artista Stefano Lo Cicero, impegnato nel suo centro laboratorio dell’Addaura, a dare sfogo alla sua carica creativa, nella ricerca della verità del prossimo, delle diverse creature incontrate ,da incontrare ancora e dascoprire, anche se talvoltacon il desiderio dirimodellarle nella idealità delle espressioni artistiche ed immerse nella natura dell’Isola.

Conserva la voglia insaziabile di confrontarsi, di dialogare, di riferire, di amare la sua Sicilia come lo è stato un altro intellettuale, A. De Rosalia, il letterato della classicità, che ci ha lasciato nei giorni scorsi a Palermo e che abbiamo conosciuto vivace protagonista di eventi, critico sereno dei Premi dell’Ottagono letterario, come dei compiti dei ragazzi delle Scuole di Monreale, impegnati annualmente dai familiari a far conoscere Rocco Campanella, il cantore della non violenza, della tolleranza, della pace universale e del valore della diffusione scolastica e culturale a livello locale e mondiale, come la poetessa Adragna che scrive in francese le sue raccolte poetiche o come, in occasione dell’evento recente, Franca Luzzio, nell’evento organizzato al liceo Cannizzaro di Palermo.

La poetessa, per la presentazione della sua ultima fatica letteraria (3) ai tanti colleghi docenti e poeti ed agli studenti, ha esternato il non soffuso desiderio di invitare gli artisti a non dimenticare le generazioni che crescono e chiedono riferimenti, maestri, compagni da recuperare ai grandi valori dell’umanità, alla famiglia, all’amore, alle virtù.

De Rosalia non era presente a tale evento per indisponibilità, che non ci apparivano gravi, ma Stefano Lo Cicero non mancava ed ha desiderato di intervenire per complimentarsi con la poetessa collega, con la Luzzio, con quel suo legare alla bellezza creativa dei sentimenti ed all’amore per la propria terra un finalismo, da universalizzare nelle nuove generazioni per amare il creato e ritrovare quella trascendenza nella vita che i mezzi di comunicazione di massa tendono a cancellare.

Ed ora i Musei pubblici e privati ed ancora i Musei diocesani, attenti alle problematiche educative (4 ) della gioventù, richiamati da papa Francesco a sfide anche sociali d’amore e di operatività verso i disoccupati ed i bisogni di creare nuovi lavori, creativi sul piano artistico, come è avvertito dai Musei diocesani, di Palermo, Monreale, Alcamo, Mazara, Cefalù, Trapani, che aprono la stagione delle attività didattiche per offrire ai ragazzi ed ai giovani talenti corridoi di lavoro creativo, anche nel restauro e nelle nuove strade delle arti, partendo dalle risorse della storia, dai simboli, dalle tradizioni, dalle risorse naturali e dalle opere ispirate dalla fede e della trascendenza, si contendano le lezioni degli artisti locali come Stefano Lo Cicero.

Non sarà difficile, nel contempo, disporre di qualche opera del Nostro, prima che le Gallerie internazionali, la fama dell’autore o le vicende naturali portino via il caleidoscopico patrimonio di questo grande artista della Sicilia.

Le Confraternite locali così presenti ed operose promosse e sostenute dal Segretario nazionale Roberto Clementini, da Pietro Capizzi e dai tanti confrati dell’Isola, (5) tornino conle propositive associazioni degli artisti (UCAI, Gallerie,ecc.) a dimostrare un rinnovato impegno per riaprire le Chiese chiuse della città con tesori d’arte, spesso da restaurare e con urgenza, (6) per offrirsi come guide volontarie per la fruizione e l’apertura delle chiese di Sicilia, fuori degli orari delle celebrazioni religiose ed a sostenere questa grande sfida formativa, che parte dai Musei diocesani per penetrare e mobilitare tutto l’associazionismo laicale.

La vita e la testimonianza di Stefano Lo Cicero ci sprona a pretendere dagli artisti, e da quanti sono impegnati nella docenza, specie in momenti che chiamano tutti a una eccezionalita’ solidaristica, ad atti di generosità didattica e mission educativa, come quella degli antichi Maestri artigiani o quella della Bottega di Nazaret, così attesi dalla gioventù dei talenti artistici spesso nascosti e che evangelicamente non possono restare nascosti ma devono fruttare per il bene comune.

Ferdinando Russo

[email protected]

1) S. Lo Cicero, Rapsodie dell’anima-Antologia 1954-2004, officine tipografiche Bagheria

2) S. Lo Cicero, Cuda di Dragu, con prefazione di Alfio Inserra, Editrice Thule, Palermo

3) F. Luzzio, in Liceali_L’insegnante va a scuola-casa, Ed. Genesi-Torino

4) Nuove prospettive nella gestione dei Musei in Sicilia, in Twitter-edin Facebook 2013-2014

5) I siti dei Museidi Palazzo Arcivescovile Palermo o Museo Diocesano Monreale in FB

6) G. SommarivaCento Chiese in ombra Flaccovio, Palermo


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