«Le sfide dell’ASEAN Community» analizzate al convegno IsAG alla Camera

Creato il 07 aprile 2015 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Lo scorso 2 aprile la Sala del Refettorio della Camera dei Deputati ha ospitato il convegno, organizzato dall’IsAG con la collaborazione dell’On. Marco Fedi, il patrocinio del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE) e i media partner “Geopolitica Online” e IsAG-TV, dal titolo Regionalismo e integrazione. Le sfide dell’ASEAN Community 2015.

Tra relatori di estrazione istituzionale ed analisti politici, economici e militari, la giornata di lavoro ha offerto la preziosa opportunità di “chiarire lo stato del processo di integrazione dell’ASEAN (Association of Southeast Asian Nations nda), un attore necessario nel contesto globale”, come ha spiegato Tiberio Graziani, Presidente dell’IsAG, aprendo l’evento. Lo stesso Massimiliano Porto, Direttore del Programma “Asia-Pacifico” dell’IsAG e moderatore nell’occasione, ha ribadito in apertura la necessità di approfondire la conoscenza e l’attenzione di un’area che con i suoi oltre seicento milioni di abitanti rappresenta potenzialmente un polo di indiscussa attrazione.

Il primo dei due panel è stato scandito da contributi di taglio istituzionale, con la presenza significativa di rappresentanti dei paesi membri dell’ASEAN. “Negli ultimi anni – ha spiegato Mario Vattani, Ministro Plenipotenziario e Coordinatore UE-Asia Pacifico del Ministero degli Affari Esteri italiano – c’è da registrare una crescente attenzione del nostro paese verso l’ASEAN”. In particolare alcuni eventi hanno rappresentato tappe importanti nell’ambito del dialogo tra l’Italia e l’area asiatica. “Soprattutto a partire dall’Asean Awareness Forum del 2012 – ha proseguito Vattani – l’impegno verso la cooperazione è costante”. Da allora, tra le altre cose, la visita di Matteo Renzi in Indonesia e il vertice ASEM svoltosi a Milano nell’ottobre 2014 hanno in qualche modo certificato la misura di tale crescente interesse. Di una certa importanza è la recente costituzione dell’Asian Infrastructure and Investment Bank (AIIB), istituzione finanziaria internazionale che ha il compito di finanziare progetti in Asia nel settore delle infrastrutture. Istituto che vede tra i suoi partner regionali anche l’Italia: “La connessione tra Asia ed Europa è fondamentale – ha sottolineato Vattani – l’Europa è già il secondo partner dell’ASEAN dopo la Cina. Le ragioni della cooperazione non risiedono solo nella sfera economica ma anche in quella politica, per la promozione della stabilità nella regione. Era importante affermare la nostra presenza nell’AIIB”.

La parola è quindi passata ai rappresentanti dei paesi membri dell’ASEAN. I loro contributi, come ha anticipato l’Ambasciatore del Regno di Thailandia in Italia, Surapit Kirtiputra, si sono incentrati sull’analisi del processo di integrazione dell’Associazione nata con la Dichiarazione di Bangkok del 1967, gli strumenti posti in essere per favorirla, i temi centrali e le prospettive future. Di un’area che, “con i suoi 625 milioni di abitanti per dieci paesi membri, 2,4 trilioni di dollari di PIL, 122 miliardi di Investimenti diretti esteri – ha sottolineato Kirtiputra – rappresenta nel suo insieme la settima economia del mondo”.

I rappresentanti ASEAN hanno svolto un’interessante ed approfondita ricognizione delle caratteristiche e tappe fondamentali dell’integrazione. Tra di esse, di importanza centrale è il IX Vertice ASEAN di Bali del 2013, nell’ambito del quale sono stati definiti i tre pilastri dell’Associazione attraverso la dichiarazione Concord Bali II: la cooperazione in ambito politico e nella sicurezza con l’ASEAN Security Community (ASC), quella economica con l’ASEAN Economic Community (AEC) e quella nella sfera sociale e culturale, l’ASEAN Socio-Cultural Community (ASCC).

Oltre a S.E. Surapit Kirtiputra, tra gli ospiti che hanno illustrato la struttura, i compiti e gli scenari dell’ASEAN, hanno partecipato Kay Thi Soe, Ministro Consigliere dell’Ambasciata del Myanmar, l’Ambasciatore delle Filippine in Italia, Domingo P. Nolasco, l’Ambasciatore indonesiano August Parengkuan, Nguyen Thi Thuy Hang, Secondo Segretario presso l’Ambasciata vietnamita a Roma e Ahmad Fahmi Ahmad Sarkawi, Incaricato d’Affari dell’Ambasciata malese.

L’Amb. Nolasco, in relazione all’AEC, ha posto in evidenza gli obiettivi della Comunità Economica che, oltre alla creazione di un’area competitiva, equa e di un mercato unico, prevedono di realizzare una regione economica pienamente integrata ed in grado di creare, come in parte avvenuto, rapporti di partnership con i vicini regionali quali la Cina, il Giappone, la Nuova Zelanda, l’Australia e l’India.

Con la basilare premessa che l’ASEAN “costituisce un processo, non un evento”, Nguyen Thi Thuy Hang si è soffermata, dal canto suo, sul futuro dell’Associazione e, nello specifico sulla agenda post-2015. Molteplici ed ambiziosi gli obiettivi su questo punto. Sulla ASC, quello di realizzare per gli anni a venire un ambiente sicuro con valori, principi e norme condivise.

L’Ambasciatore indonesiano Parengkuan, in riferimento alla ASCC, ha sottolineato la centralità delle componenti relative allo sviluppo umano, come l’istruzione, e fattori quali il welfare, la sostenibilità ambientale, la riduzione dei gap di sviluppo e la costruzione di una vera identità ASEAN.

Dopo aver intrapreso, da una prospettiva “interna” all’area, tale percorso nel processo di integrazione ASEAN, il secondo panel ha raccolto interventi di carattere più settoriale, che hanno contribuito a delineare le connotazioni dell’Associazione e, soprattutto, le linee guida di un possibile sviluppo delle relazioni con l’Italia. Luigi Paganetto, Professore di Economia presso l’Università Tor Vergata di Roma, si è focalizzato sulla dimensione economica dell’ASEAN, illustrandone potenzialità ed elementi di criticità: “Le proiezioni relative alla crescita globale svolte dal Fondo Monetario Internazionale suggeriscono che essa sarà sostenuta soprattutto dai Paesi emergenti. Quello che si evidenzia è ciò che in economia è definito fenomeno di shifting wealth, che porta con sè una vera e propria riconfigurazione della domanda internazionale”. A guardare i dati, “queste economie detengono quote globali crescenti rispetto alle economie dei Paesi dell’OCSE”. Ma quali sono le ragioni alla base della progressiva importanza di tale area economica? “Senza dubbio la frammentazione del sistema produttivo, il cosiddetto fenomeno delle global value chains, dovuto anche al basso costo del lavoro che, seppur con delle differenze da paese a paese, ricopre un ruolo primario. Un secondo fattore da considerare è l’intensità dei rapporti commerciali dei paesi ASEAN con i loro vicini regionali, come India, Cina e Giappone”. I dati confermano questa forte interrelazione tra le economie asiatiche, “basti pensare che in circa dieci anni il volume di scambio tra la Cina e l’ASEAN è passato da 14 a 65 miliardi”. Una strada che, sottolinea il docente di economia, “dovrebbe essere seguita anche da Stati Unite ed UE”. Un particolare riguardo è inevitabilmente dedicato all’Italia, che indirizza poco più dell’1% del suo export complessivo all’area ASEAN: “Sotto questo aspetto, i dati indicano un forte limite della nostra presenza nell’area”.

Il Generale Francesco Lombardi, vicedirettore dell’Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze (ISSMI), ha illustrato la dimensione strategica e militare che connota l’area, individuando nel Mar Cinese meridionale un’area cruciale, sia dal punto di vista delle contese regionali sia da quello delle risorse. Un fronte dove forte è la presenza di Pechino. “Il Mar Cinese meridionale costituisce un teatro cruciale – ha affermato il Generale – che negli ultimi anni nell’agenda del governo cinese si pone alla pari di questioni quali il Tibet e Taiwan”. Teatro che ospita contese come quella sulle isole Curili, le Senkaku, le isole Paracel e le isole Spratly. “Queste ultime – ha sottolinea il Gen. Lombardi – hanno un importante valore strategico, dimostrato dall’ampiezza della contesa in termini di numero di Stati: Cina, Taiwan, Vietnam e, in parte, Brunei, Malesia e Filippine. Esse hanno una posizione nevralgica, sia per passaggio di rotte commerciali che per controllo di risorse energetiche nei propri fondali”. Un versante, quello delle contese con la Cina, che “vede i membri ASEAN assumere un atteggiamento non uniforme verso il governo cinese, proprio per il diverso grado di integrazione economica dei singoli Stati con Pechino”. In merito alla dimensione militare, il Generale Lombardi ha rimarcato, oltre ad un generalizzato aumento delle spese militari da parte dei paesi dell’area registrato dal SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), la significativa partecipazione delle forze ASEAN ad operazioni militari, sia in ambito ONU sia esterne a esso.

La Ricercatrice associata dell’IsAG Valentina Gullo ha presentato il report dell’Istituto, da lei curato assieme al Dott. Porto, dal titolo ASEAN membership and the issue of the leadership: seeking a pays moteur to boost integration. La Ricercatrice dell’IsAG, oltre a ribadire le grandi potenzialità dell’area, ha sottolineato il forte grado di eterogeneità tra i membri dell’Associazione, “certo derivante anche da requisiti di membership, previsti dall’art. 6 della Carta, non propriamente selettivi”. La disposizione del capitolo VI della Carta stabilisce infatti che i paesi candidati debbano rispondere a tre criteri: l’appartenenza geografica, il riconoscimento degli altri membri e la capacità di adempiere gli obblighi della Carta ASEAN. “In virtù di tali disparità – ha precisato Valentina Gullo – che potrebbero costituire un ostacolo allo sviluppo del processo di integrazione, si pone una questione di leadership interna all’Associazione, che con il ruolo trainante di uno o più paesi potrebbe fornire un valore aggiunto per le prossime tappe di tale processo”.

In chiusura si è avuto il contributo di Antonio Salvo, Responsabile Cluster Asia della Direzione Generale “Politica Commerciale” del Ministero dello Sviluppo Economico (MISE). Il Dott. Salvo ha sottolineato come a livello ministeriale l’obiettivo sia quello di promuovere la cooperazione in senso lato, non solo di singoli prodotti ma di quello che potrebbe essere definito come “Sistema Italia”, tenendo a mente la crescita del ceto medio nei paesi emergenti. In questa direzione, “è auspicabile che gli standard normativi di alcuni paesi asiatici si avvicinino ai nostri al fine di creare nuovi trattati bilaterali di investimento”. Antonio Salvo ha aggiunto come nell’ambito della promozione del made in Italy, per il 2015 sia stato stabilito un incremento incoraggiante, fino a 280 milioni di euro, del fondo a disposizione dell’ICE.

(Diego Del Priore)


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