Le signore della Bari bene, il giro della Padania, e le barzellette sulle suore violentate. Una maleodorante Italian Hellzapoppin.

Creato il 08 settembre 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Ieri al Senato Silvio Berlusconi non era in aula. Dato per scontato il voto di fiducia, ha preferito impiegare il suo tempo dandosi alla letteratura. Colto dalla sindrome dello scrittore, ha preso carta e penna e scritto una lunga memoria alla presidenza della Camera invitandola a non consentire l’uso delle intercettazioni telefoniche che lo riguardano, quelle del processo “Ruby” che ricomincerà tra breve. Nonostante ci abbia provato altre volte, e nonostante i dinieghi ricevuti a partire da quelli del tribunale di Milano, Silvio ci sembra uno di quei torturatori cinesi che, goccia dopo goccia, cerca di fan andare in tilt il cervello dei suoi nemici. Uno dice: “Ma come, siamo sull’orlo del default, perfino la Spagna dice che la colpa della situazione di stallo dell’euro è dell’Italia, e Silvio a che pensa? Alle intercettazioni telefoniche del ‘caso Ruby’”. Sono esattamente 1732 le telefonate intercettate che Silvio vorrebbe non costituissero prove a suo carico, ma la vediamo dura visto che i magistrati inquirenti non stavano intercettando lui ma i lenoni e le mignotte della sua corte. Se poi lui chiacchiera come una lavandaia alla fonte, la colpa non è mica dei giudici. O no? Intercettazione dopo intercettazione, da martedì prossimo (giornata nella quale i magistrati napoletani saranno ammessi nelle stanze di Palazzo Chigi per ascoltare cosa il premier ha da dire sull’affaire Tarantini), sarà possibile leggere e pubblicare le conversazioni che Silvio ha avuto con Gianpi nel corso della loro lunga e fraterna amicizia. In questo caso però, sta tremando una intera città, Bari, ridotta a succursale di Sodoma e Gomorra (più Sodoma, però) dalla voglia di provare l’ebbrezza del lettone di Putin delle scatenatissime signore dell’alta borghesia e della nobiltà. Le cronache ci dicono che in città tira un’aria pesante. Mogli di medici, avvocati, notai, ingegneri, architetti, imprenditori edili e agricoli, pezzi grossi della SCU (Sacra Corona Unita) sono in fibrillazione perché se il loro nome figurasse nell’elenco delle intercettate dovrebbero spiegare ai rispettivi mariti che diavolo ci facevano a Roma invece dello shopping. Sembra che le stesse signore, quelle che partecipano ai party, alla stagione teatrale, al bridge del giovedì e alla partita di golf del sabato, si stiano telefonando ponendosi fra loro la domanda: “Ma c’eri anche tu?”. La risposta martedì prossimo quando, secondo alcune indiscrezioni, potremo ascoltare Silvio e Gianpi stilare la classifica di gradimento delle signore che hanno sollazzato il divin augello del premier. Esaurito la spazio dedicato al nostro gossip quotidiano, quelli che attrae maggiormente i nostri lettori malati di pruderie, torniamo a parlare di cose serie: la Lega. Mentre i Cobas stavano mettendo a ferro e fuoco i dintorni di Palazzo Madama (e questo non è che l’inizio), il capogruppo leghista al Senato Federico Bricolo, non sapendo più che cazzo raccontare ai suoi elettori per giustificare il cedimento sulle pensioni e sull’Iva al 21 per cento, tornava ad accusare il governo Prodi di sprechi. Qualcuno ricorderà che Romano Prodi fu costretto a nominare un fottio di ministri e sottosegretari grazie a “Allora c’abbiamo una banca?” che minò un risultato elettorale altrimenti scontato, ma questo ai leghisti non frega una mazza, devono dimostrare che tutti sono uguali anche se, sia Radio Padania che la Padania cartacea, tacciono miseramente sui provvedimenti della quinta stesura della manovra economica. Dopo l’autogol clamoroso di Castelli sull’invadenza della presidenza della repubblica nell’elaborazione della manovra, dopo la topica delle auto blu a disposizione sempre del Quirinale, i leghisti cercano in qualche modo di recuperare una base che di Bossi e dei bossini non ne vuole più sapere. BoboBlues Maroni, intanto, ne ha preso le distanze, tanto che non partecipa manco più agli incontri di via Bellerio, mentre il Trota cerca di mettere una pezza alla caduta libera di popolarità di suo padre inventandosi il Giro ciclistico della Padania. E non è una barzelletta. Ieri sera il Tg3 si è divertito come un matto a seguire una tappa del giro voluto fortemente dal figlio del Salmone. A un certo punto l’inviata del telegiornale, ha intervistato una signora ferma con la sua auto da più di un’ora per permettere il passaggio dei ciclisti. “Ma che succede?”, chiede la signora imbufalita alla giornalista. “Sta passando il Giro della Padania, signora”, risponde educatamente l’intervistatrice. “Ma mi faccia il piacere – ribatte ridendo la signora – mi sta prendendo in giro?”. L’altroieri a Cuneo e ieri a Savona, il giro padano è stato fatto oggetto di pesanti contestazioni da parte di cittadini che prima hanno dato dei “buffoni” agli organizzatori, poi hanno preso a sberle i ciclisti e infine affisso cartelli con su scritto: “La Padania non esiste”. Ci chiediamo, considerato che il presidente del consiglio scopa e basta e la Lega va in bicicletta: “Ma chi diavolo sta governando questo paese?” Quale numero di “P” ha preso in mano le sorti dell’Italia? Quale cricca ha vinto la guerra per bande che sta durando da 27 anni e attualmente ci guida senza, per altro, la regolare patente? Sarà forse quel pio e religiosissimo ministro del welfare che ieri ha raccontato una barzelletta agghiacciante alla festa dei giovani del Pdl a fianco di un gongolante RaffaeleBonanni? Maurizio Sacconi, il cattolicissimo anticomunista, antioperaista, più antisindacalista ministro della storia repubblicana, ha deliziato la platea con la seguente storiella: “Nel Seicento, in un convento entrarono i briganti e violentarono tutte le suore meno una. Sentita dal Sant’Uffizio sul perché solo lei non fosse stata violentata, la suora rispose ‘Perché ho detto di no’”. Se siamo ridotti al lumicino la colpa, a questo punto, non può più ricadere su di noi. Ci sono prove inconfutabili dell’innocenza di almeno la metà degli italiani, perché questi ministri non si sa mica da dove vengono mentre, purtroppo, si sa chi li ha eletti: la restante metà.

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