Magazine Racconti
Un viaggio inizia nelle intenzioni, e nel coraggio di aprire l’armadio e fare la valigia. Ché ci vuole coraggio ad aprire un armadio, se sei come me, nell’armadio non ci trovi solo i vestiti, ma anche uno scatolo con una grossa fragola sopra e tanti piccoli pezzi di vita dentro. Di notte, sospetto che oltre ai vestiti e alla scatola con l’enorme fragola ci viva anche un mostriciattolo che non voglio nemmeno immaginare ché se no mi spavento. Ma non è per il mostriciattolo né per lo scatolo che ci vuole coraggio. Il coraggio sta nel fatto che fare la valigia ti ricorda tutte le volte che devi decidere cosa tenere e cosa lasciare andare. A questo non posso rinunciare! Oh, però, quell’altra cosa lì è troppo carina per restare a casa… Se portassi anche questo? Se faccio spazio ci sta! E lo spazio, in ogni valigia che si rispetti, non è mai abbastanza, nemmeno quando pensi che con la magia potresti fare grandi cose: l’unica cosa grande che ti rimane è un punto interrogativo piantato in testa. No, tutto, tutto non ci sta! Allora devi scegliere e di quel tutto devi infilare quel qualcosa che davvero vuoi portare con te e senza cui quel viaggio non sarebbe proprio il tuo viaggio. Allora lì entra in gioco la matematica che proprio un gioco non è e inizi a scoprirti più bravo di Einstein, quando a scuola in matematica riuscivi appena a salvarti con la seconda interrogazione salva tutti. Io ero tra quelli che ce la facevano un soffio prima dell’esposizione dei quadri, se fossero stati di Mirò, quei quadri, di sicuro avrei fatto di tutto per entrarci il prima possibile, più in forma che mai. Invece no e nella riga dedicata alla matematica io ci entravo proprio all’ultimo minuto. Sarà per questo che anche la mia valigia è una valigia dell’ultimo minuto, sarà che per fare una valigia che funzioni si deve essere un asso nelle sottrazioni, sarà che a me l’asso tutto solo e so tutto io non è mai piaciuto, sarà tutto questo e un sacco di altre cose, ma la mia valigia non è mai una valigia di quelle che funziona. La mia valigia è buffa, i vestiti sono sistemati secondo una logica tutta mia che, nonostante i miei successi in logica – perché la matematica non era il mio forte, ma in logica ero una forza – Aristotele sarebbe sbiancato nel vedere il pigiama con il ranocchio che si incastra con il telo mare e la canotta nera… trova un senso a questa composizione: non c’è. La mia valigia racconta tutta la difficoltà di decidere cosa lasciare andare e i tentativi di infilare tutto all’ultimo momento – altrimenti non ti spiegheresti mai i calzini spaiati che saltano fuori come ranocchi. Saltano soltanto quando la valigia è chiusa, quando la apro tornano sul pigiama – Puf! La mia valigia, e la faccio finita altrimenti mi finisci tu, porta il peso di tutto il coraggio che ci vuole ad aprire un armadio e, nello stesso tempo, tutta la forza delle intenzioni di partire che ogni volta vincono su tutto, anche sull’ira di Aristotele e sulla paura per il mostriciattolo nell’armadio che, poi, è solo un modo per non dire quello di cui ho davvero paura.
"I'd rather be a comma than a full stop" (... e se mi conosci davvero lo sai)
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