Titolo:Le stanze buie
Autore:Francesca Diotallevi
Anno:2013
Editore:Ugo Mursia Editore
ISBN:978-88-425-5277-2
Pagine:390
Trama:Vittorio Fubini è un ottimo maggiordomo, abituato a servire padroni esigenti nell’ambiente cittadino di Torino; tuttavia, per esaudire le ultime volontà di uno zio che ha provveduto alla sua educazione, deve trasferirsi in campagna e prendere servizio presso la famiglia Flores. L’incarico poco appetibile, tuttavia, si carica subito di ombre poco chiare, costringendo Vittorio a confrontarsi con degli oscuri segreti…
Quando scopro un libro interessante leggendo le recensioni altrui mi ritengo sempre molto fortunata: i libri pubblicati ogni anno sono moltissimi (non starò qui a ripetere dati che tutti noi lettori conosciamo) ed è facile che alcuni titoli nelle nostre corde – vuoi per limitata pubblicità, vuoi per la svista di un momento – non raggiungano subito la nostra attenzione. Magari li si troverà in futuro, perché noi lettori siamo bravi a cercare libri che possano piacerci; ma ciò non toglie che un aiutino, per trovare questi titoli con più sicurezza e tempestività, non sia caldamente apprezzato.
In questo caso devo ringraziare Erica – la sempre amata Leggivendola – per aver parlato de Le stanze buie sul suo blog e per avermene poi prestato una copia: senza di lei mi sarei persa una lettura molto piacevole, l’opera prima di un’autrice che terrò d’occhio. Perciò, non mi dilungo in ulteriori indugi e passo a parlare direttamente del libro in sé.
Quel che più mi ha colpita, innanzitutto, è stato il lento disvelarsi della trama: volendo vedere la storia come un cerchio, tra i primi e gli ultimi capitoli c’è la celebre chiusura, e tra di essi una circonferenza che il lettore segue intrigato, inizialmente curioso di scoprire cosa può nascondere una bella scatolina, o quale sia il mistero che circonda una vecchia residenza e i suoi proprietari, per poi proseguire sempre più coinvolto nelle dinamiche dei personaggi e nelle rivelazioni che li riguardano.
La narrazione in prima persona, in questo senso, è stata sfruttata al meglio: seguendo il tutto attraverso gli occhi di Vittorio Fubini, nella doppia veste di anziano che racconta la storia e di uomo nel pieno delle forze che l’ha vissuta, l’autrice ci permette di seguire l’intreccio insieme allo stesso protagonista, orchestrando il susseguirsi di rivelazioni in modo tale che il lettore e Vittorio (come personaggio-agente) possano stupirsi e inquietarsi insieme, ma lasciando spazio anche a qualche allusione da parte del personaggio-narrante che spesso accresce il dubbio. Devo ammettere di essere rimasta piacevolmente sorpresa, perché di solito tendo a non essere una fervente sostenitrice del punto di vista in prima persona; trovo che, per la difficoltà insita nella resa della voce precipua di un personaggio, molti autori non riescano a dare un impronta marcata alla storia, rendendo il punto di vista personale inutile – in sintesi: se non hai le capacità necessarie per darmi l’impressione che sia il personaggio stesso a raccontarmi il tutto, perché non ti limiti ad affidarti alla sempre ottima terza persona?
Al contrario in questo caso, come avrete ormai capito, la Diotallevi ha creato un personaggio dalle caratteristiche marcate ed è riuscita a farlo parlare in maniera consona: Vittorio è, mentre leggiamo, una persona stratificata, che mostra una faccia ma talvolta prova sentimenti contrastanti, come ognuno di noi.
Mi sono pian piano affezionata a questo maggiordomo austero e perfezionista, che si lascia avvicinare solo con lentezza e discrezione; mi è piaciuto vederlo affrontare le sfide e le insidie della nuova casa, conoscendo attraverso i suoi occhi i suoi occupanti, che presentano una caratterizzazione meno accentuata ma comunque intrigante e coerente. Il padrone, il signor Flores, colpisce per i tratti ferini che si fanno sempre più marcati nel corso della storia; la padrona, Lucilla Flores, cerca di assaporare nel suo giardino una libertà mutilata, aggrappandosi alla forza dei suoi affetti e delle sue idee; e ancora, il resto della servitù, Olivia e Fosco in primis, che sono vivi, personaggi minori ma veri.
Tutti, nessuno escluso, finiranno per avere una parte nello svolgersi della storia, riservando spesso (come ho preannunciato più su) dei colpi di scena inaspettati: ammetto di esser rimasta a bocca aperta per ben due volte, sorpresa da due svolte della trama che non mi sarei mai aspettata. Pensavo di sapere in che direzione si stesse sviluppando la storia, e invece… Mi ha fatto davvero piacere essere smentita e riprendere a leggere con ulteriore curiosità, seguendo Vittorio col fiato sospeso – fino al finale che, lo ammetto, mi ha colpita (a livello emotivo) più di quanto mi aspettassi.
A dare una mano nel complicare lo svolgimento della trama ci pensa l’elemento soprannaturale, che vena le pagine di una sottile inquietudine. La descrizione di una notte da brivido, la stanza che si nasconde dietro una certa porta, i rumori innaturali che animano la notte sono solo alcuni degli avvenimenti che la Diotallevi racconta, senza calcare troppo sulla descrizione puntuale, ma lasciando piuttosto spazio alla suggestione: io non sono una grande fan degli horror e quando si tratta di spiriti e presenze sono piuttosto suggestionabile, quindi potrebbe essere la neofita che parla, ma sta di fatto che ci sono stati dei momenti in cui la lettura mi ha sinceramente inquietata.
In certi frangenti questa atmosfera misteriosa e oscura sembra lasciar spazio ad altro, e ammetto che all’inizio questo mi aveva un po’ delusa: ma sul finire tutti i nodi vengono al pettine e la luce che sembrava trapelare ha reso il buio ancora più scuro.
Si può già intuire da quel che ho scritto finora che lo stile della Diotallevi mi è piaciuto: le atmosfere nebbiose della campagna di fine Ottocento, i cambiamenti di Vittorio, i profumi e i suoni che accompagnano Lucilla, le emozioni di una bambina come Nora, la chiara sensazione di mistero che ammanta gli oggetti della casa... sono elementi che, sommati, creano un ambiente suggestivo, nato grazie a una penna dalla scrittura pulita e rifinita. Tuttavia, credo anche che il libro non sia perfetto e che la cifra personale dell’autrice non sia ancora sbocciato del tutto; si nota poco, ad esempio in certi passaggi forse un pelo troppo affrettati e in certe scelte lessicali. Niente che l’esperienza non possa cancellare; da parte mia, spero che questa autrice ne faccia tanta. Ho grandi aspettative per il futuro.
Frasi e citazioni che mi hanno colpita…
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La folla mi scruta con sguardo nuovo. Ai loro occhi devo apparire come un vecchio matto, o come qualcuno di troppo ricco per sapere in che modo spendere i suoi soldi.
Ma non sono nulla di tutto questo.
Sono solo un uomo che sta cercando di rimettere insieme i cocci di un passato che, come sassi nelle tasche di un suicida, da troppi anni pesano sulla sua coscienza. -
«Credete che guarirà?» disse infine la padrona, guardando la colomba.
I miei occhi si spostarono sull’uccello ferito. Avrei potuto rassicurarla con qualche frase ovvia, ma avevo l’impressione che non fosse ciò che volesse.
«Difficile dirlo, signora. Credo che, anche se l’ala guarirà, non tornerà più a volare come una volta.»
«Già.» Abbassò lo sguardo, poi lo risollevò.
«Vittorio…»
Mi fece una strana impressione sentirmi chiamare per nome.
«Sì, signora?»
«A voi hanno mai spezzato le ali?»
Avvertii un gelo inspiegabile alla bocca dello stomaco. La lingua come incollata al palato.
«No, signora» mormorai, con poca convinzione.
Improvvisamente, il buio era davvero entrato nella stanza, penetrando dagli interstizi della finestra come fumo.
Lucilla Flores tornò a guardare verso il volatile che si era ostinata a voler salvare. Una strana espressone si dipinse sul suo volto.
«A me sì» sussurrò, e le sue parole, qualunque cosa avesse voluto dire, si persero nell’oscurità.
Sono contenta di aver ricominciato a scrivere recensioni; sono contenta di aver ricominciato con questo libro.
Grazie per la pazienza e per il sostegno!
Vostra,
Cami