Le storie degli altri

Creato il 01 dicembre 2014 da Libereditor

… un’intera settimana di passi strascicati e rumori striduli, di bagagli e mobili spostati e trascinati sopra la mia testa. Era George che si preparava a partire. Era quasi sempre in movimento e quando si fermava per un attimo, ecco arrivare subito dopo uno scatto, una corsa verso qualche oggetto, pensavo… ha dimenticato un capo di abbigliamento. O magari gli era venuto in mente un libro e si chiedeva se valesse la pena portarselo. Durante questo periodo Hope andava e veniva, trasportando vari frammenti della sua esistenza, reggendo tra le braccia un sacco della spazzatura probabilmente pieno di vestiti o di biancheria, una pianta, una lampada da tavolo e molto albo ancora. Non la vedevo sempre, durante questi passaggi, però sentivo la sua voce, il rumore dei suoi passi, più leggeri ma incontrollabili come ormai erano diventati anche quelli di George, e sentivo il suo odore o avrei giurato di riuscire a sentirlo. Sì, considerata la responsabilità che avevo, ero attenta a quel che succedeva intorno a me, ma di sicuro anche gli altri inquilini si erano accorti di queste attività; forse George li aveva informati del cambiamento.

Celia Cassill è una giovane vedova. Suo marito l’ha lasciata in una condizione agiata. Con i suoi soldi si è comprata un piccolo palazzo dove ora vive e di cui affitta tre bilocali. Mantiene una certa distanza dai suoi inquilini e fa una vita piuttosto ritirata.
“Un tempo la condizione vedovile suscitava rispetto. Era intesa come un punto d’arrivo. Adesso, ci viene chiesto di lasciar perdere, voltare pagina, diventare qualcuno o qualcosa di diverso, e risposarci, divorziare, risposarci un’altra volta. Lo stile di vita americano ci chiede in ogni occasione di esibirci in una trionfante ripresa o di toglierci di mezzo. Io sono stata felice di togliermi di mezzo.”
Di norma Celia non permette subaffitti, ma un giorno George, che è suo inquilino e abita sopra di lei al primo piano, le presenta una candidata, una donna con “spalle larghe per essere una donna e gambe lunghe, anche se non era troppo alta, leggermente al di sopra della media, diciamo”.
Celia resta colpita e qualcosa nella sua vita, piano piano, cambia…
“Avrei potuto prenderla per una francese – per come vestiva, per la femminilità sfrontata, il rossetto scuro e il modo in cui si raccoglieva i capelli in una crocchia – ma l’accento, il volume e la cadenza della voce e la schiettezza del viso nonni accordavano a quell’immagine. Sarebbe giusto definirla bella.”

È un romanzo molto americano, Le storie degli altri. Lo è per i luoghi (le strade  e i quartieri di Brooklyn) e per i riferimenti a scrittori americani (Herman Melville e John Cheever su tutti), ma anche e soprattutto a film (le classiche commedie di Hollywood, come La signora del Venerdì).
Un libro coraggioso, risoluto, a volte brutalmente onesto e sornione. Attento ai ruoli che sovente giochiamo sul palcoscenico della vita.

Amy Grace Loyd, Le storie degli altri, traduzione di Katia Bagnoli, Bloom, Neri Pozza 2014.


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