Le streghe di Triora

Creato il 30 luglio 2012 da Tanogabo @tanogabo2

Mi scrive Pegaso, un amico telematico, una simpatica disanima su Triora:


Per coloro che riscontrano delle difficoltà nel leggere sull’immagine, riporto, di seguito, il testo:

Ho visitato un paese, Triora, nell’entroterra ligure, dove alla fine del  sedicesimo secolo si svolse un fatto che, da allora, ha reso famoso questo luogo come “il paese delle streghe”. In quell’epoca un gruppo di una ventine di donne (ma si ritiene che negli anni fossero in realtà di più) vennero imprigionate sotto accusa di stregoneria.Il procedimento inquisitorio, condotto sia da funzionari della Contea di Ventimiglia, oltre a quelli delia Repubblica di Genova e inviati della Santa Sede, si protrasse per anni con alterne vicende. Ovviamente, come era uso dell’epoca, le confessioni ed ammissioni di colpa venivano”aiutate” da atroci torture alle quali, le malcapitate raramente riuscivano a resistere. La loro colpa essenzialmente era quella di avere dimestichezza con le erbe medicamentose e aromatiche che in abbondanza crescono in questa regione; l’ignoranza della credenza popolare ingigantiva queste capacità trasformando chi le possedeva in streghe serve del diavolo e portatrici di carestie, malocchio e malefici. Si riteneva, ad esempio, che esse rapissero i neonati che dopo il rintocco serale dell’Ave Maria non fossero rientrati tra le mura domestiche, facendone scempio usandoli come palla in un luogo vicino, chiamato la “Cabotina”, ove si riteneva si riunissero le streghe per i loro diabolici “sabba”. Queste ed altre convinzioni erano alla base di questo fatto che portò, prima della sua non chiara conclusione, alla morte di almeno due tra le donne imprigionate; una morì in seguito alle torture subilte, un’altra si gettò da una finestra della prigione avendo oramai raggiunto il limite della pazzia. Da allora Triora divenne famosa per questo tragico evento, riportato in documenti dell’epoca ancora conservati (verbali degli interrogatori, delle udienze, corrispondenza tra i reggenti, la Santa Sede e i governanti della Repubblica genovese). Oggi tutto questo è diventato motivo di attrazione turistica, sul quale si basano le diverse attività che animano il piccolo centro durante l’anno. Lo sfondo riporta la ricostruzione indicativa della stanza dei sotterranei entro la quale gli inquisitori interrogavano le malcapitate; nel riquadro un esempio di una cella, ricavata nei sotterranei, dove esse potevano (come in realtà avvenne) rimanere rinchiuse per anni. A volte, la morte sopraggiungeva per loro come una liberazione.
Pegaso

Per conoscere qualche altra notizia, ho copiato quanto contenuto in: http://www.comune.triora.im.it/italia/STREGHE/STREGHE.HTM

Per la donna triorese quell’insignificante pianta, chiamata erba della Madonna, rappresenta un vero toccasana contro ogni male, dall’insonnia al mal di pancia, dal raffreddore ai disturbi nervosi. Prelevandone una manciatina dal barattolo non fa che perpetuare una pratica atavica. Il nome volgare dell’erba, strigonella o erba stregona, è una delle numerose contraddizioni insite nella storia delle streghe di Triora.
Anche la mamma che sfrega l’aglio o pone il rametto di assenzio sul pancino del bimbo agitato per scacciare i vermi e gli spiriti maligni non fa che confermare antiche conoscenze.
Ora, almeno ufficialmente, le streghe a Triora non esistono più; rimane il ricordo di racconti fantastici, popolati di incubi ma soprattutto le lettere, i verbali di interrogatori e torture e le sentenze di condanna a morte di oltre quattrocento anni fa. Quelle pagine ingiallite dal tempo parlano di donne accusate delle colpe più orrende: l’infanticidio, l’accoppiamento carnale con il diavolo, l’inaridimento delle mammelle delle mucche e l’inacidimento del latte materno. Una bàgiua aveva provocato una tempesta talmente dannosa da compromettere definitivamente il raccolto delle vigne per almeno tre anni, un’altra ancora aveva confezionato un veleno, composto da cervello di gatto e si sangue umano, facendolo ingerire mortamente ad un cappellaio genovese. Talvolta, per guastare chi avesse loro arrecato qualche sgarbo, si trasformavano in gatti, intrufolandosi nelle abitazioni; non disdegnavano neppure di assumere le sembianze di un caprone, magari per volare all’isola della Gallinara.
Anche una presunta carestia era colpa, anzi la principale colpa – quella che diede inizio alla triste vicenda, con lo stanziamento di ben cinquecento scudi da parte del Parlamento – di quelle trenta donne, di quel fanciullo anch’egli accusato e di quello stregone finito dietro le sbarre delle carceri genovesi.

            Se i roghi non illuminarono l’Alta Valle Argentina, non fu certo dovuto ad un atto di clemenza, bensì ad un aspro contrasto fra le autorità civili e quelle religiose.

Passando per le vie dell’antico borgo medievale, si provano ancora improvvisi brividi; alle inferriate delle abitazioni di Via San Dalmazzo, adibite a carcere, sembrano giungere lamenti, che a poco a poco a poco diventano urla raccappriccianti.
Il costituto dei tormenti di Franchetta Borelli testimonia la crudeltà del Commissario straordinario della Repubblica di Genova, Giulio Scribani, autentico mattatore della vicenda, distintosi in una frenetica e fruttuosa caccia alle streghe lungo tutto il territorio dell’antica podesteria. Franchetta nulla confessava, perché nulla aveva commesso; eppure venne sottoposta per due giorni alla tortura del cavalletto; dalle sue parole, dalle sue richieste di misericordia traspare il rimpianto per non poter andare nei boschi dove, sono parole sue, nascevano così belle castagne marrone…

L’inumano Commissario, in preda a veri e propriraptus, venne dapprima scomunicato per la sua ferocia ed implacabilità ma successivamente assolto per questioni meramente politiche e di convenienza.
Presso la Cabotina, casolare dall’aspetto tetro da sempre creduto dimora delle streghe, durante certe notti nebbiose sembrano risuonare grida gutturali, mentre luci illuminano improvvisamente la zona, dandole un aspetto vieppiù sinistro. Qualcuno, giunto nei pressi della fontana di Campumavue o vicino alle limpide cascate del Lagudegnu, si fa il segno della croce; qualcun altro esita prima di prendere un sentiero che conduce ad un casolare un tempo abitato da una strega.
Le streghe non sono morte. Sopravvivono, oltre che nei gesti e nelle abitudini quotidiane, tra i muri, nelle foreste e presso le sorgenti della magica ed incantevole Valle Argentina.


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