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Le streghe e il teatro di Ranuccio

Creato il 06 novembre 2012 da Bernardrieux @pierrebarilli1
Le streghe e il teatro di Ranuccio Il  duca Ranuccio era complicato.   La complicazione di Ranuccio consisteva nella sua ferma convinzione del potere malefico esercitato delle "streghe" sugli uomini e su di lui in particolare. Ranuccio non era un complicato qualsiasi, di cognome faceva Farnese, Ranuccio Farnese, nato a Parma il 28 marzo  1569 da Alessandro Farnese e da Maria di Braganza, nominato, alla morte del padre, duca di Parma e Piacenza nel 1592. Dunque, uomo di potere. Dieci anni prima di diventare duca, al tredicenne Ranuccio capitò di assistere a due avvenimenti che non avrebbe mai dimenticato: il primo fu il  ritorno a Parma della sorella Margherita, in precedenza andata a Mantova sposa di Vincenzo Gonzaga e da lui ripudiata a causa di "nobilissima obstructione pudenti uteri a carnea quadam membrana natura genita", insomma, una malformazione dell'utero che impediva congiunzione carnale e dunque d'avere figli; secondo avvenimento, l'esecuzione della sentenza di morte contro quattro condannati per una presunta "congiura" contro il nonno Ottavio Farnese. Le due vicende non solo lasciarono una grande impressione sul tredicenne Ranuccio,  ma incisero sui rapporti esterni ed interni dell'intero ducato. La prima vicenda dette origine ad uno stato di tensione tra la corte di Mantova e quella di Parma, tensione da sempre esistente, potentemente rinfocolata dallo scioglimento del matrimonio, alla quale si contrapponeva quella dei parmensi che accusarono Vincenzo Gonzaga di essere impotente. La "congiura", dal canto suo,  insegnò a Ranuccio l'arte di accusare i nobili di aver "congiurato": una strada che, alla bisogna, si poteva percorrere senza troppe esitazioni con il risultato di eliminare possibili concorrenti e incamerarne il patrimonio. Dunque, Ranuccio mescolò, per tutto il tempo del suo ducato, incantesimi ed esorcismi con ragioni di stato e complotti inventati. Molte furono le "streghe" buttate a marcire nelle galere o bruciate sul rogo purificatore; tanti gli episodi di contrasto, anche militare ma soprattutto di sputtanamento reciproco, con i dirimpettai mantovani; per il resto, una decina i nobili che, in nome della "gran giustizia" ducale, salirono al patibolo ed ebbero i beni confiscati. Di Ranuccio, messa da parte la caccia alle "streghe",  la "gran giustizia" alla Di Pietro e arricchito il patrimonio con le confische dei beni dei "congiurati",  una legislazione moderna, che ne fecero un centro d'eccellenza sia nello stile di vita, sia come modello architettonico che diede alla città di Parma: monumenti unici come la Cittadella, la Pilotta e, soprattutto, la costruzione del Teatro Farnese. Questa del Teatro è una storia che va raccontata. Nel 1617 arrivò a Parma la voce che il granduca di Toscana, Cosimo II, avesse in progetto un viaggio a Milano per recarsi a pregare sulla tomba di Carlo Borromeo. Questione logistica, per raggiungere il capoluogo lombardo il granduca era intenzionato ad attraversare le terre farnesiane. L'ego di Ranuccio, alla ricerca di legittimazioni, era immenso. La voglia di superare in fasto e magnificenza i più ricchi signori toscani, anche più forte. Subito Ranuccio cominciò a pensare al come accogliere l'illustre ospite. Si, van bene le cerimonie, solite per eventi del genere, ma... una idea... insomma una novità, novità assoluta, da far restare a bocca aperta l'ospite toscano e la nobiltà di confine. La "novità"?  Un torneo tra navi che avrebbe dovuto svolgersi all'interno di un teatro. Venne chiamato, da Ferrara, Giovan Battista Aleotti, detto "l'Argenta". L'Aleotti presentò un progetto che, partendo da quello palladiano del Teatro di Vicenza, vedeva un enorme teatro ligneo, un grande catino a forma di anfiteatro. Per la fretta in meno di un anno, il teatro ligneo fu terminato: una delle meraviglie d'Europa per le proporzioni, la sobrietà delle linee, la vastità (la cavea misura in lunghezza 87 metri, 32 in larghezza e 22 in altezza) e dicono che potesse contenere 5000 persone. Poi, Cosimo II, il cui prossimo arrivo era all'origine dell'opera, cambiò idea e non si mosse da Firenze. Poco male, a Parma i lavori proseguirono. Oggi puoi andarlo a visitare, lì, subito entrando, dopo lo scalone della Pilotta.
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