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Il libro è Streghetta mia di Bianca Pitzorno. Scritto nel 1986 inizialmente fu pubblicato in proprio (stampato, rilegato e disegnato) con il marchio Aventino Press e distribuito ad alcuni fortunati amici. Attualmente il libro è in catalogo presso Einaudi Ragazzi.
La storia: Asdrubale Tirinnanzi è uno sfaticato ragazzotto che aspetta l'eredità di un suo pro-zio: Sempronio. Quando muore pensa di aver ereditato i 50 miliardi (di lire) che gli spettano, ma una brutta sorpresa lo attende: nel testamento il pro-zio ha lasciato detto che per averli deve sposare una strega entro un anno.
Trovare una vera strega non è facile di questi tempi, ma Asdrubale sa cosa deve cercare: le streghe hanno i capelli rossi, galleggiano nell'acqua, sanno volare sulle scope e fanno parte di una famiglia di sette sorelle, senza fratelli ovviamente.
Asdrubale inizia quindi una faticosa ricerca per trovare e sposare, con le buone o con le cattive, la strega che lo farà diventare ricco.
A Bianca Pitzorno fu rimproverato di occuparsi troppo di ragazzine e trascurare i maschietti, e in questa storia ce ne sono davvero tante: sette, tutte ben caratterizzate a partire dal nome che l'autrice ha scelto per evocarne la particolarità: le loro iniziali infatti ne suggeriscono la natura da streghe.
Lei stessa comunque, sembra essere ben consapevole che i suoi racconti hanno poco appeal sui maschi in età preadolescenziale, a differenza delle ragazzine che si identificano facilmente con la vasta schiera di eroine che ha inventato in trentacinque anni da prolifica scrittrice per l'infanzia.
In questo romanzo infatti c'è un solo personaggio maschile di rilievo e ne esce molto male. Adrubale Tirinnanzi viene descritto come un giovane dall'aspetto disgustoso:"denti storti e verdastri per la nostalgia dello spazzolino". Brutto e sporco fuori così com'è brutto e sporco dentro. Alla povera Sibilla a cui fa una goffa dichiarazione d'amore, dichiara: "Sciocchezze (...). Le belle ragazze non devono perdere tempo con lo studio! Devono solo pensare a sposarsi al più presto. Possibilmente con un giovanotto molto ricco. Come me."
Questa frase mi ricorda tanto la dichiarazione di un noto ricco imprenditore e politico a cui una precaria chiese cosa doveva fare per migliorare la propria situazione. "Sposa mio figlio", fu la risposta.
Questo libro è utile e ancora amaramente attuale se si pensa che in tempi di crisi diminuiscono le possibilità di realizzazione e si rischia quindi di pensare che il matrimonio sia l'unico veicolo per la mobilità sociale. In tempi di crisi le società regrediscono e si chiudono a guscio: il ricco o "potente" in senso ampio, tiene stretto a sé il proprio status sociale e fa di tutto per migliorarlo; le donne, d'altro canto, subiscono la sferzata del potere maschile perché gli uomini non accettano una loro partecipazioni alle decisioni. E' proprio la partecipazione alle decisioni la differenza perché il diritto al lavoro non è un vero traguardo per la donna, ma piuttosto una necessità dell'istituzione familiare (un solo stipendio in famiglia non basta) e una necessità dovuta ai cambiamenti della famiglia stessa: donne single, donne divorziate, ecc.
Non si parla mai abbastanza di pari opportunità e uguaglianza tra i sessi perché nonostante possa sembrare tutto risolto, nella vita reale, statistiche alla mano, le donne ancora devono soffrire e combattere per ottenere le stesse possibilità di un uomo.
A conclusione di questa fiaba che riprende una delle metafore più usate dal movimento femminista, c'è ovviamente (spoiler) la punizione di Asdrubale che perderà l'eredità e il premio alle indomite streghette che erediteranno metà dei 50 miliardi di lire del testamento.
Questo libro quindi, oltre ad essere divertente, dà vita a molti spunti di discussione e ne consiglio la lettura a quelle ragazzine che poi un giorno dovranno fare i conti con una società maschilista e conservatrice che le vuole casalinghe disperate o manichini da esporre in vetrina, e vorranno sentirsi un po' "streghe" dentro.
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